Politica

La durata del governo Letta è scritta nei fondi del caffè

È possibile che non esista nulla di più stabile di un equilibrio precario. Tipo il governo Letta, per dire. È a termine. No. Sì. Vedremo. Dipende. 18 mesi. No. 22. No. 20 più Iva. No. Il tempo di fare le riforme. E avanti così a piacere e secondo le suggestioni del momento, i ghiribizzi contingenti, le più estemporanee riflessioni, e analisi politiche, e letture di fondi del caffè.
Ogni tanto si sgancia qualche numero per tirar su il morale a tutti. Tipo: 100 mila posti per i giovani! Wow! Se ne parla e se ne scrive per un quarto d’ora e poi tutto torna nell’oblio, mentre i dati economici – quelli veri – arrivano puntuali come bollettini di guerra, modello Caporetto.

A sostenere il governo Letta sono due forze politiche (al netto dei montiani, povere bestie) che cordialmente si detestano da decenni pur sostenendosi a vicenda. La stabilità del governo Letta sarebbe dunque assicurata da due fattori. Fattore a: il Pd esprime il capo del governo ed è costretto a difenderlo pur cosciente dei mal di pancia della sua base. Fattore b: Berlusconi sostiene il governo Letta perché spera che, fingendosi buono e gentile, la magistratura gli faccia qualche sconticino in nome della “pacificazione” (come diceva lunedì Stracquadanio intervistato su questo giornale, con candore degno di Heidi, mancavano solo le caprette che fanno ciao).

Insomma, i coniugi non si amano, ma il divorzio non conviene a nessuno, è scomodo, costoso e non si sa dove si andrebbe a finire. Intanto, ognuno vuol dare segnali visibili di esistenza in vita. E così, con scadenza quasi quotidiana, da una parte e dall’altra si tira una granata verso il governo Letta, tanto per non perdere l’esercizio. Nel Pd qualcuno si mette in testa un’idea meravigliosa, tipo fare un governo con la sinistra e parte dei grillini. Sasso tirato e mano subito nascosta: no, no, il sostegno a Letta non è in discussione. Meglio ancora fa il Pdl. Prima l’Imu, poi l’Iva, poi Brunetta lasciato libero senza catena né museruola, poi la faccenda di sforare il patto europeo (da loro stessi votato con grande dispiego di propaganda).

Che sono tutti missili terra-aria contro il governo Letta, al quale però dopo due minuti si rivolgono grandi attestati di stima, sostegno, solidarietà, cioccolatini, coccole e sorrisi, e “abbiamo scherzato”. La situazione è dunque perfetta. C’è un governo virtuale che si barcamena sostenuto da gente che dice bianco all’ora di pranzo, nero all’ora di cena, poi di nuovo bianco, poi di nuovo nero. E c’è una campagna elettorale costante, ma virtuale pure quella, che sembra far tanto rumore, ma missili veri non ne lancia, spara a salve, fa ammuina, strappa qualche titolone di giornale che il giorno dopo si sono scordati tutti, e si accinge a ricominciare daccapo.

In sostanza, ciò che veramente sostiene il governo Letta è la sua inconsistenza, unita all’inconsistenza di chi lo sostiene e al tempo stesso minaccia di farlo cadere. Un ologramma, tanto vaporoso e inafferrabile da andare bene a tutti e andare male a tutti. Non sufficientemente bene da rivendicarne con orgoglio l’azione, non sufficientemente male da farlo cascare. Milioni di lavoratori italiani vi potranno spiegare che non c’è nulla di più stabile del precariato, e almeno in questo bisogna dare atto al governo di rispecchiare abbastanza fedelmente il paese: un contrattino a termine, poi un altro, poi un altro, poi un altro, e così all’infinito. Ecco, appunto: niente di più stabile di un equilibrio precario.

@AlRobecchi

Il Fatto Quotidiano, 20 Giugno 2013