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Turchia, liberato il fotografo italiano fermato dalla polizia a Istanbul

Daniele Stefanini, 28 anni di Livorno, potrebbe essere stato colpito dai manganelli delle forze dell'ordine. Il premier turco Erdogan: "La polizia ha superato il test della democrazia". Ma la replica arriva dall'associazione degli avvocati: "Arrestate 441 persone in un giorno". E i sindacati indicono uno "sciopero contro le violenze della polizia"

E’ stato rilasciato nella notte il fotografo italiano, arrestato a Istanbul domenica 16 giugno durante gli scontri tra polizia e manifestanti. Daniele Stefanini, fotografo 28enne di Livorno, era stato portato in questura dopo esser stato fermato nel quartiere di Bayrampasha, a Istanbul, mentre cercava di raggiungere il luogo della manifestazione a favore del premier Erdogan

L’allarme era stato lanciato dal ragazzo nel pomeriggio di domenica, con un sms che chiedeva di contattare l’ambasciata. Trovato da un avvocato dei diritti umani in stato confusionale, è stato condotto prima in ospedale e poi posto in stato di fermo per due notti. Parte della sua attrezzatura è scomparsa. “Ringrazio per l’aiuto”, ha scritto, “queste splendide e umane persone: Mehmet Seyfeddin Pence (un ufficiale di polizia umano), Hukuk Burosu (avvocato), Sermin Akbulut (avvocato), Ugur Altinarik (avvocato), Zeynep Cankan Ergunay (avvocato)”. Nelle prossime ore il fotografo farà ritorno in Italia. Stefanini lavora da circa due anni come free lance a Roma dopo aver lasciato un lavoro in porto a Livorno. In Turchia si trovava da alcuni giorni per documentare le proteste di Istanbul dopo che aveva effettuato alcuni lavori anche durante le proteste degli Indignados a Madrid.

Intanto è scontro aperto tra Erdogan e l’Europarlamento. Dopo le accuse del premier turco, che aveva detto di non riconscere l’organismo europeo, il presidente della commissione esteri, il tedesco Elmar Brok (Ppe) ha fatto sapere che la missione degli eurodeputati prevista per i prossimi giorni “è stata rinviata“. “Mi rammarico di questo”, commenta Brok, che ribadisce come “la Turchia è e rimane un importante partner dell’Unione europea, ma dovrebbe comprendere come affrontare le critiche”. Il rinvio della missione non significa però che il Parlamento europeo taglierà i ponti con Ankara. “Proseguiremo i contatti con le nostre controparti in Turchia per ristabilire un dialogo costruttivo con loro”, afferma il presidente della commissione esteri. Rimane invece in agenda la riunione della delegazione interparlamentare Ue-Turchia prevista il prossimo 27 giugno a Bruxelles. 

E Erdogan plaude al lavoro svolto dalle forze dell’ordine durante le manifestazioni: “Le forze di polizia hanno superato il test della democrazia”, fa sapere l’agenzia Anadolu. Ma la brutalità utilizzata ha suscitato critiche e condanne nel mondo e l‘associazione degli avvocati di Istanbul ha reso noto che, dopo gli scontri di ieri, la polizia turca ha arrestato 441 persone a Istanbul e 56 ad Ankara. Non solo. Per tutta la giornata le forze dell’ordine hanno fatto uso di idranti con sostanze urticantie gas lacrimogeni contro migliaia di dimostranti antigovernativi che cercavano di radunarsi in piazza Taksim. Una pratica definita “crimine contro l’umanità” dall’avvocato dei diritti umani Omer Kavili.

Dall’inizio delle proteste in Turchia tre manifestanti sono stati uccisi e 7500 feriti, almeno 50 dei quali sono gravi, mentre 11 hanno perso la vista. Un poliziotto è morto cadendo da un ponte in costruzione mentre inseguiva i manifestanti. Dal mondo sono arrivate numerose condanne della brutalità della polizia turca contro manifestanti pacifici. Diversi giornalisti sono stati picchiati e arrestati.

I sindacati hanno organizzato uno sciopero generale dei sindacati contro la violenza della polizia nel Paese, come ha dichiarato il Disk (Confederazione dei sindacati progressisti) e il Kesk (Confederazion dei sindacati del settore pubblico) per chiedere che cessino immediatamente le violenze perpetrate dagli agenti nel disperdere le manifestazioni anti-governative nate dal Gezi Park di Istanbul. Sono centinaia di migliaia i lavoratori rappresentati da questi sindacati e lo sciopero da loro indetto avrà conseguenze sul funzionamento di scuole, ospedali e uffici pubblici. Ma il ministro degli interni turco Muammer Guler ha dichiarato “illegale” lo sciopero proclamato oggi dai due grandi sindacati Disk e Kesk per denunciare la violenza della polizia e ha avvertito che le forze dell’ordine “non lo consentiranno”. Secondo Guler “c’è la volontà di far scendere la gente in piazza con azioni illegali come uno sciopero e un’astensione dal lavoro”. Allo sciopero hanno aderito i sindacati dei medici, dei dentisti e degli architetti.

Alle prime ore di oggi le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i manifestanti riuniti ad Ankara e bloccato migliaia di attivisti a Istanbul mentre tentavano di raggiungere piazza Taksim dopo che erano stati fatti sgomberare con la forza dagli agenti. Scontri si sono quindi registrati in diverse parti di Istanbul, con gli attivisti dell’opposizione che hanno denunciato che la polizia è intervenuta con cannoni ad acqua contro un ospedale vicino a piazza Taksim dove i manifestanti si erano rifugiati. Alcuni hanno anche riferito di essere stati attaccati da sostenitori del governo dell’Akp senza che la polizia intervenisse.

E anche l’Associazione dei giornalisti progressisti della Turchia ha condannato le violenze della polizia. In particolare, l’associazione ha riferito del caso di Gokhan Bicici della IMC TV, che è stato picchiato da cinque poliziotti, buttato a terra e ammanettato prima di essere arrestato. Ad altri, invece, è stato impedito di svolgere il proprio lavoro in quanto non erano in possesso di pass rilasciati dal governo. “I giornalisti sono diventati un obiettivo per evitare che la gente sia messa a conoscenza degli attacchi condotti dalla polizia – denuncia l’associazione – Il vero obiettivo degli attacchi, rivolti principalmente ai lavoratori delle istituzioni dell’opposizione, è il diritto a comunicare in privato e i diritti umani universali in generale”. L’Unione degli avvocati turchi ha lanciato un appello al Segretario del Consiglio d’Europa Thornbjorn Jagland: il Consiglio d’Europa, di cui fa parte la Turchia, ha la facoltà secondo l’articolo 52 della Convenzione europea dei diritti umani, di chiedere formalmente spiegazioni a un paese membro sul rispetto delle libertà fondamentali.