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Guardian: “Politici stranieri spiati, la legge britannica lo permette”

Il quotidiano rivela che diverse delegazioni straniere furono messe sotto controllo al G20 e a un vertice del Commonwealth nel 2009. E che la pratica è permessa dall'Intelligence Services Act, norma contestata dalle potenze straniere. Per le intercettazioni furono installati internet point truccati. La fonte è sempre la "talpa" Snowden

Mentre cresce l’imbarazzo per le rivelazioni del Guardian sullo spionaggio del G20 del 2009, la stampa britannica sottolinea che “tutto era consentito”. Fonti interne all’esecutivo guidato da David Cameron avrebbero detto allo stesso giornale di sinistra che l’intelligence britannica può spiare tutto e tutti grazie a una legge del 1994. In particolare, a consentire le intercettazioni è l’Intelligence Services Act, la legge quadro che raggruppa tutte le regole in materia. Ma, mentre da una parte si cerca di rassicurare l’opinione pubblica – dicendo che le regole britanniche possono anche andare contro la Convenzione di Vienna del 1961, che vieta lo spionaggio delle comunicazioni diplomatiche – un altro scandalo pare sul punto di nascere.

Sempre il Guardian ha rivelato che, nel 2009, sarebbe stato predisposto anche un altro apparato di intercettazioni, percaptare le comunicazioni di capi di Stato e ministri durante la riunione dei Paesi del Commonwealth a Trinidad. Così, mentre la regina Elisabetta e il principe Filippo intrattenevano gli ospiti, e mentre l’allora primo ministro Gordon Brown guidava le discussioni, un esercito di spie avrebbe impiegato grandi energie per intercettare dialoghi privati, e-mail, telefonate e comunicazioni diplomatiche. Un’altra fonte di imbarazzo per il Regno Unito, proprio durante un G8, quello in corso all’Irlanda del Nord, all’insegna della trasparenza e dell’etichetta.

Comunque, si sottolinea ora, “tutto era consentito dalla legge”. Persino strumentazioni che avrebbero fatto impallidire Ian Fleming con le sue ricostruzioni romanzate. Ma, secondo questa legge, “le agenzie possono operare nell’interesse della sicurezza nazionale, con particolare riguardo alla difesa e alla politica estera del governo di sua maestà; o nell’interesse del benessere economico del Regno Unito; o nella prevenzione o nell’individuazione del crimine”. Proprio il riferimento al “benessere economico” attirò la perplessità – e anche l’ira – degli altri governi europei, per essere una clausola troppo inclusiva e troppo generica. Così come il riferimento al cosiddetto “interesse nazionale”, nel 1994, fu ritenuto un termine “ombrello” in grado di consentire ogni tipo di azione di spionaggio. Così, secondo il Guardian, proprio l’interesse economico fu la scusante per consentire, quattro anni fa, le intercettazioni nei confronti di turchi e sudafricani. Secondo il Guardian, allora furono predisposti finti Internet point e furono captate le comunicazioni telefoniche. Tutte rivelazioni fatte al giornale britannico da Edward Snowden, l’uomo che ha smascherato l’esistenza del programma segreto di sorveglianza americano Prism.

Poi, appunto, la questione della riunione del Commonwealth. Paesi come l’India, l’Australia e il Canada vi partecipano, ma nel 2009 fu ospite anche la Francia, con l’allora presidente Nicolas Sarkozy. Ancora non si sa se il piano di spionaggio progettato e rivelato dal Guardian sia veramente andato a buon fine. Ma il quotidiano riporta comunque un livello di pianificazione “molto elevato”. Il 29enne Snowden, anche in questo caso, è il testimone chiave di tutta la vicenda, essendo entrato in possesso di documenti dell’agenzia americana della sicurezza. I controlli sarebbero stati eseguiti dalGchq (Government Communications Headquarters) inglese e dagli agenti della Nsa americana. Ora, si teme a Londra, le reazioni delle nazioni del Commonwealth spiate nel 2009 rischiano di scatenare le tensioni fra il Regno Unito e le vecchie colonie dell’impero britannico, proprio in un periodo storico in cui le ex dipendenze iniziano a rivendicare risarcimenti e compensazioni economiche per gli anni del dominio.