Diritti

Giovanardi: “Cucchi? Morto per inedia, non c’entrano niente le botte”

“Le ecchimosi sul corpo di Stefano Cucchi sono dovute alla mancanza di nutrizione, non c’entrano niente le botte, nè quei tre poveri cristi degli agenti di custodia, che prendono 1200 euro al mese e hanno vissuto quattro anni d’inferno”. Sono le parole di Carlo Giovanardi, ospite de “La Zanzara”, su Radio24. Il senatore Pdl esprime soddisfazione per la sentenza e osserva: “Il povero Stefano Cucchi aveva una vita sfortunata, segnata dall’uso di stupefacenti e dal fatto di essere uno spacciatore. Ha avuto sedici ricoveri al pronto soccorso” – continua – “per percosse risalenti agli anni precedenti, ma non c’entravano niente polizia e carabinieri”. E aggiunge: “I processi a cosa servono? Gli agenti devono essere colpevoli solo perchè lo vuole il circo mediatico e Manconi?“. Il senatore Pdl osserva che la famiglia Cucchi vuole a tutti i costi vedere in carcere i tre agenti e rincara: “Perchè vogliono per forza la condanna dei tre agenti? Perchè nel caso di Carlo Giuliani che stava per linciare un carabiniere, tutti dicono che è un eroe e gli intitolano le sezioni di un partito?”. Giovanardi poi commenta la vita condotta da Stefano Cucchi: “Quello che gli è successo deriva dal mondo che frequentava. E’ morto perchè i medici, anzichè curarlo, hanno preso per buone le dichiarazioni di sciopero della fame.  Tra l’altro” – prosegue – “aveva anche la droga nascosta nell’appartamento e quindi c’era la preoccupazione che la droga venisse scoperta”. Il parlamentare si rende protagonista di una durissima polemica con David Parenzo sul doppiopesismo nei confronti dei magistrati giudicanti il caso Cucchi e il caso Ruby-Berlusconi. Ma le scintille raggiungono il climax sul senatore Pd Luigi Manconi, reo di aver fatto una conferenza stampa con Ilaria Cucchi. “Appoggiava il terrorismo” – afferma -“e riteneva legittimo ammazzare la gente inerme. Poi ha cambiato idea, ma non si è mai dissociato da Lotta Continua“. Sul caso “pianisti”, sbugiarda quanto a lui stesso spiegato da Pietro Grasso in Aula (non è sufficiente la presenza, ma è anche necessario stare al proprio posto durante il voto elettronico). E, nella foga di difendere Lucio Malan, fa un lapsus, chiamandolo “il povero Galan” di Gisella Ruccia