Politica

Riforme, Carlassare pensa di lasciare i “saggi” di Letta: “Vena di autoritarismo”

La costituzionalista minaccia di lasciare il gruppo dei 35 appena nominato dal governo. Si punta a "delegittimare la carta", afferma, e con il sempresidenzialismo "l'aspirazione è concentrare i poteri in una persona sola" senza i controlli e contrappesi adeguati. All'attacco anche Sartori: "Tutto un pretesto per non fare neppure la legge elettorale"

Le riforme in Italia mirano a “delegittimare la Costituzione” e dare un po’ di sostanza “a quella vena di autoritarismo che ci portiamo dietro da sempre”. Parole pesanti, quelle della costituzionalista Lorenza Carlassare, una dei 35 “saggi” nominati dal governo Letta in vista delle riforme costituzionali, che però due giorni dopo l’investitura minaccia di andarsene. “Il presidenzialismo all’americana non lo vogliono perché lì i poteri del presidente sono davvero limitati dal Parlamento e dal potere giurisdizionale, e allora c’è l’idea del semipresidenzialismo che vedono come un filone che può potare la concentrazione dei poteri in una persona sola, questa è l’aspirazione”, afferma la giurista intervistata da Radio radicale. “A questa aspirazione autoritaria io non ci sto e quindi la mia idea sarebbe di portare la mia voce dissidente, ma forse ho sbagliato ad accettare perché questa voce dissidente non avrà alcuno spazio”.

Secondo Lorenza Carlassare, esistono sì “riforme costituzionali assolutamente indispensabili”. La prima di queste “è che il giudizio sulle elezioni non sia dato da una commissione parlamentare, ma dalla Corte costituzionale, altrimenti è inutile che facciano buone leggi sull’ineleggibilità quando poi a giudicare è chi dovrebbe essere valutato. Non mi vorrei sottrarre all’idea che si possano fare dei mutamenti specifici e puntuali, ma che non devono toccare l’essenza liberaldemocratica della nostra Costituzione”.

E’ il sistema dei “checks and balances“, dei controlli e dei contrappesi rispetto a un potere politico concentrato in un presidente forte, il tema sollevato dalla costituzionalista: “La nostra – prosegue – è una democrazia costituzionale e vorrei che restassero saldi entrambi i punti, democrazia e costituzionale, che vuol dire un sistema di limiti al potere e di limiti alla maggioranza. Temo che questa non sia l’intenzione”. Da qui la preoccupazione di aver “sbagliato alla fine ad accettare nelle mie perplessità, perché l’idea è quella di poter portare una voce portando argomenti che vengano compresi. Se vedo che questi argomenti trovano sordi gli altri io immediatamente mi dimetto”.

Carlassare si dice assolutamente contraria a “cambi alla forma di governo, perché non si possono scaricare sulla Costituzione le incapacità della classe politica, i partiti hanno perso la bussola e hanno dimenticato tutto quello che c’è nella Costituzione e che in qualche modo già segnava un programma. Io vorrei che la attuassero”.

Sul percorso annunciato da Letta piovono anche le critiche di Giovanni Sartori, uno dei massimi esperti italiani di sistemi elettorali e politici. “ Non ho mai visto trentacinque persone di estrazione parlamentare mettersi d’accordo su un progetto di riforme costituzionali: è avvenuto solo nel ’48 e nel ’49 alla fondazione. Dopo, le buone costituzioni sono state fatte da un buon giurista e poi approvate, ma non sono materie di negoziato di un parlamentino in cui ognuno difende i suoi interessi”.

Per il politologo, ”anche il Mattarellum è un pessimo sistema elettorale, non c’è nessuna eccezione al doppio turno alla francese. E’ solo un pretesto dire che ci vuole prima la Costituzione e poi il sistema elettorale: il doppio turno è un sistema che si presta a servire tutti i regimi democratici”. In sintesi, afferma Sartori, “si tratta anche di un pretesto per non fare neanche la legge elettorale, visto che qualcuno lavora ancora per mantenere il porcellum”.