Cronaca

Calabria, incendiata la casa di famiglia dell’ex sindaco antimafia

A Isola Capo Rizzuto presa di mira l'abitazione di Carolina Girasole. Sconfitta alle elezioni e abbandonata dal Pd. "Questo è il premio dopo cinque anni da primo cittadino". Nel Comune col 51% dei voti e al primo turno, ha vinto il Pdl che ha candidato Gianluca Bruno

“Avete visto il fuoco, le macerie, la distruzione? Ecco: questo è il premio dopo cinque anni da sindaco”. Carolina Girasole, una volta sindaco antimafia di Isola Capo Rizzuto, Calabria, ha subìto l’ultimo affronto. Ignoti, come recita stancamente il verbale dei Carabinieri, hanno dato fuoco alla sua casa al mare, una villetta di due piani dove lei e la sua famiglia trascorrevano i mesi estivi. Ignoti che in paese conoscono tutti, ignoti notissimi che hanno un volto e interessi da proteggere. Perché qui comanda la ‘ndrangheta, quella che ancora fa capo alla cosca degli Arena, e dettano legge i comitati d’affari che hanno in mano tutto, la politica, i soldi e la speculazione edilizia sulla costa.

Carolina, la professoressa, dava fastidio e l’hanno tolta di mezzo con le peggiori armi della politica. Domenica scorsa anche qui si è votato e la sindaca antimafia è stata spazzata via. Il Pd, il suo partito, non l’ha sostenuta, non poteva, non l’ha mai amata e alla fine ha deciso di candidare Nuccio Milone, “comunista tutto d’un pezzo”, per sua stessa definizione.

Milone era stato già sindaco di Isola per 11 anni. Le cronache dicono che la sua amministrazione non fece certo sforzi titanici per fermare l’abusivismo edilizio, né lo scempio sulla lunghissima costa. Il Viminale ritenne che anche all’epoca, bandiere rosse a parte, i boss fossero i veri padroni del Comune, i prefetti sciolsero l’amministrazione per infiltrazioni mafiose e da Roma mandarono i commissari.

Una parte del Pd ha appoggiato la Girasole, ma non è bastato. Alla fine, col 51% dei voti e al primo turno, ha vinto il Pdl che ha candidato Gianluca Bruno. Già vicepresidente della Giunta provinciale di Crotone, Bruno è assurto agli onori della cronaca nazionale per una cena elettorale. Era l’aprile del 2008 e si festeggiava l’elezione a senatore di Nicola Di Girolamo, c’erano molti dirigenti del Pdl del Crotonese, Gennaro Mokbel, fascista e faccendiere, e Fabrizio Arena, il figlio prediletto del boss Carmine. Si alzano i bicchieri e si brinda alla salute del “senatore nostro”. Nel 2010 Fabrizio Arena verrà arrestato e processato per diversi omicidi, riciclaggio e associazione mafiosa, a casa sua la polizia trova documenti di enti pubblici su appalti e affari vari, la Provincia di Crotone finisce nel mirino dell’antimafia, ma il ministro Cancellieri decide di non procedere allo scioglimento per mafia. Cose che succedono in Calabria.

“Abbiamo lavorato in un clima di grandissima tensione – dice Carolina Girasole ai microfoni de ilfattoquotidiano.it   – con intimidazioni, fango e attacchi continui. Ci sono intimidazioni visibili, ma poi c’è una strategia silenziosa che fa ancora più male. Così hanno fatto il gioco della ‘ndrangheta e di chi non ci voleva al Comune”. Nei cinque anni in cui è stata sindaca, Carolina ha dato fastidio. Troppe foto con don Luigi Ciotti sui terreni strappati ai boss, troppi clamori, e poi quella sua candidatura alla Camera nelle liste di Monti.

Bruno, il vincitore, lunedì scorso era raggiante. Le foto di quella cena compromettente nessuno le ricorda più, non fanno scandalo a Isola. E allora eccolo, baldanzoso, dichiarare al Corriere della Sera, che “da oggi la lotta ai clan si fa davvero, altro che chiacchiere”.

Perché in Calabria più delle pallottole uccidono i veleni, ti schieri contro la mafia e allora si scava nelle tue parentele, anche con la Girasole hanno fatto la stessa operazione andando a pescare un parente troppo vicino ai clan. “Smettetela di bervi tutte le fesserie della Girasole – dice nelle interviste dopo il voto Nuccio Milone, il candidato sostenuto dal Pd – e poi lei non aveva neppure la tessera”.

Carolina Girasole guarda il fumo e la distruzione della sua casa al mare, le lacrime le segnano il volto quando pensa ai cinque anni passati, alle minacce e alle tre auto che le hanno incendiato. Una donna sola nella terra dove la politica brinda con i boss. Si è sentita isolata dal Pd, le chiediamo? “Chiedetelo al commissario del partito, l’onorevole D’Attorre, e al partito nazionale”.

twitter @enricofierro1

Da Il Fatto Quotidiano del 30 maggio 2013