Scuola

Spagna, alunni e docenti in piazza contro la riforma della scuola pubblica

Giovedì 9 maggio il 72 per cento dei professori e il 90 per cento degli studenti hanno protestato contro la legge Wert. Tra i punti contestati il ripristino della religione al posto delle lezioni di Educazione civica, sovvenzioni agli istituti che separano per sesso, maggiori finanziamenti al settore privato

Niente approvazione della riforma scolastica, almeno per il momento. La mobilitazione a favore della scuola pubblica contro i tagli al settore e la riforma della legge di educazione ha segnato un momento storico. Giovedì 9 maggio, la Spagna è scesa in piazza: una marea verde (il colore dell’educazione) che ha unito studenti delle scuole di ogni ordine e grado – dalla scuola dell’infanzia all’Università – assieme a professori e genitori, in una manifestazione generale di 24 ore, convocata dalla Piattaforma statale per la scuola pubblica, alla quale aderiscono i sindacati dei docenti CcOo, Ugt, Stes, Cgt e il Movimento di rinnovamento pedagogico, i genitori della federazione Ceapa e il sindacato degli studenti. E le ormai quotidiane proteste iberiche, oltre ad essere partecipative, sono sempre festose: cartelloni satirici, magliette e palloncini verdi, flash mob improvvisati, canti e balli. Stavolta anche un video musicale realizzato dagli alunni della scuola primaria“Vicente Ferrer Ramos” di Valderrobres, in provincia di Teruel, che è diventato subito virale.

Lo sciopero però ha sortito già i suoi primi effetti: stamattina il governo ha rinunciato a portare la discussa legge Wert (dal ministro José Ignacio Wert) sul tavolo del Consiglio dei ministri, come previsto in agenda, per l’approvazione. Al dicastero fanno sapere che la discussione è stata rimandata al prossimo venerdì, per perfezionare alcuni dettagli tecnici rimasti in sospeso. Ma la scusa, diramata il giorno dopo lo sciopero generale, non convince granché. La protesta era stata infatti preceduta dalla consegna di una lettera al ministro, in cui si esigevano il ritiro del progetto di legge organica per il miglioramento della qualità educativa (Lomce) e le sue dimissioni. Studenti e professori rivendicavano poi anche “l’apertura di un processo di dialogo e trattativa con la comunità educativa” sulla riforma. 

La sensazione generale che ha portato in piazza il 72 per cento dei professori e il 90 per cento degli alunni – su 5,5 milioni di studenti e 500 mila professori non universitari, 1,4 milioni di studenti universitari e 100 mila professori e ricercatori delle scuole superiori, oltre al personale amministrativo e di servizio – è che il modello della scuola pubblica spagnola sia in grave pericolo. I tagli imposti lo scorso anno dal ministro dell’Istruzione avevano già unito le proteste di tutti gli ordini e gradi scolastici. Adesso la riforma Lomce ha messo di nuovo tutti d’accordo.

Tacciata come “franchista”, molti sono i punti contestati: il ripristino della religione al posto delle lezioni di educazione civica, cambio del modello linguistico con il rafforzamento dell’insegnamento del castigliano in Catalogna, più alunni per classe, scuole meno egualitarie, sovvenzioni agli istituti che separano per sesso, maggiori finanziamenti al settore privato. Senza contare la sforbiciata di oltre 6,7 miliardi di euro al budget dell’istruzione dal 2010, che ha portato alla perdita di circa 60 mila docenti e alla scomparsa di qualsiasi tipo di sostegno per gli alunni con difficoltà. All’università poi si sono inaspriti i requisiti accademici per ottenere e mantenere una borsa di studio e il prezzo delle tasse è schizzato alle stelle, soprattutto per i ripetenti e gli studenti di master e corsi post-laurea. 

Lo sciopero, cominciato nella notte dell’8 maggio con occupazioni e sit-in in una decina di facoltà dell’università Complutense e Carlos III di Madrid, è stato l’apice di due settimane di mobilitazione con centinaia di occupazioni, proteste e manifestazioni in vari istituti spagnoli. Proprio ieri la giunta regionale della comunità autonomia della capitale aveva annunciato il licenziamento di un numero ingente di docenti precari. Secondo i sindacati presto potrebbero trovarsi senza lavoro circa 8 mila insegnanti, solo nella capitale e nelle città limitrofe. 

A Barcellona il corteo è stato seguito a distanza ravvicinata dai mossos d’esquadra, ma gli incidenti più importanti si sono verificati a Valencia, dove due agenti anti-sommossa sono rimasti feriti e tre minori sono stati arrestati. Le proteste contro il governo Rajoy però non si sono certo esaurite: sono già in programma altre mobilitazioni per la prossima settimana con cortei notturni in tutte le città più importanti del Paese. Tra i manifestanti nei giorni scorsi c’era anche un personaggio di spicco che ha catturato l’attenzione di tutti i media spagnoli: il fratello del ministro dell’Istruzione, Juan Pablo Wert, docente di Storia dell’arte all’università di Ciudad Real.