Politica

Capigruppo, il Pd potrebbe orientarsi per un “ricambio” in stile Grasso-Boldrini

La linea del cambiamento inaugurata con la candidatura e la successiva elezione di Pietro Grasso e Laura Boldrini alle Camere potrebbe ispirare le future scelte dei Democratici: difficile la riconferma di Anna Finocchiaro e Dario Franceschini. Per la Camera in pole Andrea Orlando, per il Senato spunta il nome di Laura Puppato

Il “successo” del modello Grasso-Boldrini rappresenta per il Pd un punto di non ritorno. Difficile che, dopo l’elezione dei due candidati “a sorpresa” alle Camere, i Democratici possano abbandonare la strada del rinnovamento. Martedì sono convocate le riunioni dei deputati e senatori per il voto dei capigruppo, alle quali una parte del partito si presenterà sempre più convinta della nuova linea. In ogni caso, la scelta sarà tutt’altro che agevole, tenuto conto di tutte le istanze presenti nel partito. Pier Luigi Bersani è a Roma per prendere in mano anche questo tema, ma c’è chi giura che solo nel corso delle riunioni, previste per il primo pomeriggio di martedì, si potrà conoscere la scelta del segretario.

I nomi maggiormente a rischio di ‘congelamento’ sono quelli di Anna Finocchiaro e Dario Franceschini: i due capigruppo uscenti resterebbero in sella solo ed esclusivamente per le consultazioni, con l’impegno di procedere a una scelta definitiva in un secondo momento. Loro, per il momento, hanno fatto sapere di non essere assolutamente interessati ad una proroga dell’incarico, che comunque avrebbe ovviamente dei pro e dei contro. Se da un lato la scelta si presterebbe a facili critiche da parte di chi invoca segnali di discontinuità, dall’altro avrebbe il vantaggio di porre fine al vorticoso totonomine di queste ore, condito da ambizioni e aspettative più o meno legittime.

In ogni caso, la carta della proroga a Franceschini e Finocchiaro sarebbe giocabile solo da Bersani, chiedendo alle assemblee uno sforzo per garantire un passaggio così delicato come quello delle consultazioni. Qualcuno, però, ritiene che in questo modo il Pd si presenterebbe da Napolitano ‘in scadenza’. La scelta del partito resta molto delicata, ma l’impressione è che difficilmente si potrà puntare su un esordiente. Se alla Camera l’ampia maggioranza offre più appigli, al Senato servirà grande esperienza, tenuto conto del ridotto margine di manovra della coalizione. Un’altra certezza riguarda la parità di genere, che dovrebbe essere garantita come in passato.

In tutti i casi, alla Camera resta in pole Andrea Orlando, una scelta che però rischierebbe di scontentare chi non vede con favore la presa di potere dei Giovani turchi, già sulla cresta dell’onda dopo i risultati ottenuti nella partita dei presidenti delle Camere). Alle altre correnti del partito i nomi comunque non mancano, da Francesco Boccia a Emanuele Fiano, passando per Marina Sereni, Rosa Calipari, Alessia Mosca e Paola De Micheli.

Al Senato per regolamento le candidature devono essere formalizzate: Felice Casson viene dato attivissimo, ma nonostante l’alta considerazione dei colleghi le sue chance sembrano ridotte. Tra le poche donne papabili spicca Laura Puppato, che però rischia di pagare il suo status di esordiente. Tra gli altri nomi che circolano spiccano quelli di Maurizio Migliavacca e Luigi Zanda, con Giorgio Tonini come outsider.