Politica

Presidenza camere, la mossa del Pd fa riflettere il M5S anche senza scouting

La proposta democratica di far votare a Palazzo Madama e Montecitorio due personaggi fuori dagli schemi politici come Pietro Grasso e Laura Boldrini ha aperto qualche piccola crepa nella linea del Movimento, dove qualcuno inizia a porsi domande sull'assunzione di responsabilità. La preoccupazione è che restare fuori da tutto limiti il raggio d'azione

ll muro contro muro prosegue. E pensare a una via d’uscita è sempre meno credibile, anche se all’interno del Movimento 5 stelle qualcuno l’interrogativo sulla responsabilità – “ma non vuol dire trattare col Pd”, spiega uno dei senatori del Movimento – inizia a chiederselo. La preoccupazione è che restare fuori da tutto limiti il raggio d’azione. Ma valutata ogni strada, la decisione continua a essere quella. Di certo la mossa del Pd di schierare due nuovi volti, Laura Boldrini e Pietro Grasso, come possibili presidenti delle camere qualche effetto tra i 5 stelle l’ha avuto. E’ stato apprezzato il cambio di paradigma, mettendo sul tavolo due nomi lontani dall’apparato di partito. Anche se la linea, non c’è alcun dubbio, rimane sempre la stessa di ieri, ossia quella di concentrare i le preferenze solo sui 5 stelle eletti due giorni fa, Roberto Fico e Luis Alberto Orellana. A costo di non ottenere nessuna delle due presidenze.

“Sappiamo bene – dice Manlio Di Stefano, deputato della Lombardia – quello che vogliono imporci gli altri, ma noi andiamo avanti per la nostra strada e facciamo il nostro lavoro”. Nessun ripensamento, i neoeletti appena prima di entrare in aula la mattina di sabato 16 marzo, continuano ad avere le idee chiare. “Siamo tranquillissimi – conclude Di Stefano – ne abbiamo parlato tra di noi e continuiamo sulla nostra linea”. C’è chi ha spento il telefono già dalle prime ore del mattino per non essere disturbato nel secondo importante giorno di debutto e chi non si lascia avvicinare dai microfoni. “Cosa vi aspettavate? – conferma Mattia Fantinati, deputato del Veneto – Noi siamo sempre quelli del Movimento 5 Stelle che eravamo anche fuori. Non basta entrare qua dentro per farci cambiare idea”.

Così da una parte c’è Bersani che continua in quello che Angelo Panebianco sul Corriere definisce un muro contro muro con il quale andrà a schiantarsi; e dall’altra Beppe Grillo che, una volta sondati gli umori tra i suoi, si è ritirato a Genova, dove pensa già a esportare l’esperienza antipartitica all’estero e ha dato incarico ai suoi ambasciatori di sondare il terreno. Una tattica studiata quella di Grillo: la sua assenza a Roma in questi giorni è tutto meno che un caso. Sa che non ci saranno accordi, perché se l’è fatto dire in faccia. Sa anche che tutti i tentativi di scouting fatti da Bersani sono andati a vuoto. Il segretario del Pd lo aveva dichiarato in tempi non sospetti che avrebbe cercato reclute tra gli eletti del Movimento 5 Stelle. Il 19 febbraio, all’Ansa, cinque giorni prima di ricevere dalle urne la doccia polare. “Se in Parlamento ci saranno i grillini, ci sarà da fare uno scouting per capire se intendono essere eterodiretti o partecipare senza vincoli di mandato. Non è una campagna acquisti, ma li testeremo sui fatti”.

Gli avvicinamenti ci sono stati. E uno dei missionari è stato Vannino Chiti, ex socialista, grande tessitore, incaricato di sondare il terreno per aprire un canale. Uno degli uomini più preziosi, nonostante sia eletto alla Camera, era nelle intenzioni Massimo Artini, ex compagno di banco di Matteo Renzi, imprenditore e molto indipendente rispetto alla linea ufficiale del Movimento. Artini nega che ci sia stato un contatto, ma fonti interne al Pd confermano che era uno degli uomini sui quali puntare. Ma il neodeputato toscano la porta non l’ha aperta, neppure uno spiraglio, dice lui, “perché nessuno di noi ha intenzione di perseguire una linea diversa da quella ufficiale”.

“A livello locale”, dice l’eletto alla Camera Massimo Artini, “le cose sono cambiate. Se prima ci guardavano storto, ora nelle assemblee e nei consigli comunali cercano di venirci incontro. Che bella la democrazia partecipata così come la fate voi, ci dicono adesso. Se penso a solo qualche settimana fa quando ci deridevano o guardavano dall’alto in basso, direi che l’aria è davvero diversa”. Un patto silenzioso di non belligeranza, al quale dice Artini non corrisponde nessun contatto diretto: “Voi pensate che io abbia parlato con Matteo Renzi solo perché abbiamo fatto le scuole medie insieme. Assolutamente no, non lo sento da tanto tempo”. Ma non è solo il sindaco di Firenze ad aver potuto chiamare il neodeputato. Lapo Pistelli, responsabile esteri Pd, è l’altro nome che circola nei corridoi fiorentini: “Pistelli è cliente della mia azienda, ma vi assicuro che non ci siamo mai incontrati. E se mi avesse chiesto di vederci in questo momento, mi sarei presentato sicuramente con un’altra persona”.

Altro corteggiatore doveva essere Vasco Errani, anche lui vecchio conoscitore dei corridoi della politica. Vive in Emilia Romagna, la culla del Movimento, è presidente della Regione, conosce il territorio come le sue tasche. Ma i neoeletti assicurano di non avere avuto nessuna proposta concreta. E comunque si sarebbero autodifesi, presentandosi all’incontro in più di uno o con un registratore a disposizione per le telefonate. “Escludo”, dice Manlio Di Stefano, deputato della Lombardia”, che i lombardi, deputati o senatori, siano stati contattati. Non è il momento. Siamo tutti presi in questioni organizzative e non abbiamo tempo da perdere”. Convinto lo stesso Alessandro Di Battista, tra gli eletti più esposti nel Lazio: “Se Franceschini o chi per lui mi avesse contattato, dopo un secondo avrei scritto un messaggio di denuncia su Facebook. A me non è arrivata nessuna notizia di questo tipo”.

Anche il fronte dei senatori a 5 Stelle, quelli che sulla carta sarebbero più ambiti per il Partito democratico, risponde deciso di non essere a conoscenza di offerte o scambi. “Io non ne so niente”, dice Andrea Cioffi, eletto in Sicilia, “e nemmeno gli altri del mio gruppo. Se ci fosse qualcosa da nascondere lo saprei. Mi sembra assurdo pensare che stiano cercando di comprarci uno ad uno”. Della stessa opinione Laura Bottici, senatrice toscana: “Nessuno mi ha cercato dal fronte Pd e non credo nemmeno per gli altri. Se fosse successo, ne avremmo sicuramente parlato tutti insieme nelle scorse riunioni a Roma”. Ma se di chiamate ufficiali non ce ne sono state, sul territorio il clima è quello della conciliazione. A Reggio Emilia ad esempio, l’assessore provinciale Pd Mirko Tutino, ha organizzato un’iniziativa pubblica con il consigliere comunale Matteo Olivieri, dicendo: “E’ stata una bella occasione di confronto con i tanti simpatizzanti del Movimento 5 Stelle. Consiglio analoghe assemblee a molti amministratori e dirigenti Pd”.