Cronaca

‘Ndrangheta, il boss la spiega al signor Brambilla: “Il pizzo? Un’assicurazione”

Le intercettazioni dell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria e del Ros dei carabinieri che ha smantellato la potente cosca dei Mancuso di Limbadi. Il figlio del boss spiega perché "conviene" far parte dell'organizzazione a un brianzolo doc che si è messo a disposizione

L’amicizia prima di tutto. Poi il rispetto, la protezione, il ruolo sociale della “nostra associazione”: Giuseppe Mancuso, figlio del capocosca Pantaleone, detto don Luni, spiega la ‘ndrangheta al suo amico Germano “Jerry” Brambilla, brianzolo volenteroso di comprendere la vera natura dei sodalizi mafiosi. Così il delfino della potentissima ‘ndrina calabrese, che comanda nella provincia di Vibo Valentia, intercettato dal Ros dei carabinieri in un’indagine coordinata dalla Dda di Catanzaro, sale in cattedra: “Per me questo è l’amicizia!… ho bisogno, tu hai bisogno capito?… Oggi hai bisogno tu, domani ho bisogno io!…”, perché, chiarisce Mancuso “questa associazione… quando hai bisogno, io arrivo da casa!… quando ho bisogno … della macchina… io non è che chiamo i Carabinieri e gli dico: ‘Oh… venite qua, che sono rimasto…’… ‘va fa ‘nt u culo… che sei rimasto!’, ti possono rispondere i Carabinieri!… invece l’amico no!… l’amico: “dove sei?…”… “sono qua!”… “sto arrivando!”.

Quando hai bisogno, la ‘ndrangheta c’è. Ed è bene che Jerry Brambilla lo capisca, perché lui, classe 1964, ha già un piede nella cosca: aiuta Mancuso a procurarsi due schede telefoniche , è a sua disposizione ogni volta che il “rampollo mafioso” (così lo definiscono i pm nel decreto di fermo) va in Brianza, gli mette a disposizione la macchina e lo accompagna quando c’è da riscuotere pagamenti. Però non è ancora stato “sfruttato”, come gli spiega l’ndranghetista: “Sei in rodaggio, vedi la macchina quando la prendi… ed è verginella… tu sei uguale, nel senso che ancora non sei stato sfruttato nel senso…” “Sessualmente?”, chiede Jerry. “Non sessualmente – risponde l’altro – corpamente”, intendendo lo svezzamento vero: picchiare qualcuno, essere violenti.

Ci sono ancora molte cose che Jerry non capisce della ‘ndrangheta. E Mancuso, mentre lamenta il ruolo sempre più predominante della massoneria, sintetizza per l’amico del Nord come funzionano le cosche: “Scendi giù in Calabria no e hai bisogno di un medico… e la prenotazione vai là ti fanno una prenotazione… che ti fanno una prenotazione di 6 mesi… poi vado io… gli dici… tu ti rivolgi a me, mi dici… guarda mi ha fatto la prenotazione di 6 mesi… arrivo io, vado dal medico, parlo gli dico… fagliela in due giorni… quella è ‘ndrangheta!… capito! tutto è ‘ndrangheta!” Quindi è la “minaccia”?, chiede Brambilla. No, puntualizza Mancuso: “Me lo ha fatto per favore che magari… che ci conosciamo… la legge mi dice che qua… che quella è ‘ndrangheta!…”.

Funziona così, tra amici. Poi, dice Mancuso, “va bè, ci sono anche cose sbagliate eh… non è che ti dico che la ‘ndrangheta è uscita così! …qualcuno ha dovuto ammazzare!…”, per guadagnarsi il rispetto. Jerry pare aver capito: “Io te lo dico che la vedo da uno al di fuori… perché io sono lombardo… fintanto che c’è la ‘ndrangheta… ci sono delle regole che la maggior parte rispettano.” “O per paura o per rispetto”, suggerisce Mancuso. “Secondo me al 70% per rispetto”, replica l’allievo. Poi per convenienza: Mancuso fa l’esempio di un drogato che ti ruba un computer: “Pure che lo becchi…a un altro mese t iricompri il computer… ti succede la stessissima cosa no ?…”. Meglio pagare il pizzo: “un’assicurazione”. Che non ci sarebbe, senza il controllo del territorio (“questo è un paese e qui c’è una famiglia”, chiosa Mancuso), così, “se arriva l’albanese, in questo paese, deve stare con due piedi in una scarpa!… ok?… perché non può andare in giro a rompere i coglioni alla gente… […] se no ti prendo a calci nel culo, e te ne torni in Polonia o da dove cazzo vieni tu, capito ?”. “Giusto!”, esclama Jerry. Lezione imparata.

L’INCHIESTA CONTRO IL CLAN MANCUSO
C’è anche un parroco nelle carte della Dda di Catanzaro, che chiede il voto alle ‘ndrine per far eleggere il nipote. E’ quanto emerge dall’inchiesta che ha portato all’arresto di 24 persone: oltre ai vertici della cosca, imprenditori vibonesi e un funzionario dell’ufficio tecnico del Comune di Tropea. È il 12 maggio 2011 e il capocosca Pantaleone Mancuso parla con la moglie, Domenica Torre, che gli gira la richiesta di don Saragò, sacerdote di Limbadi, di orientare voti mafiosi a vantaggio di un “nipote” candidato a Ricadi. In effetti nella lista “Il Girasole” appare, come candidato sindac, Francesco Saragò, nato a Vibo Valentia nel 1968. Chiede Mancuso: “Che voleva? Il voto!”, “il voto per suo nipote per Ricadi!”, risponde la moglie. E aggiunge: “Ha detto… di non andare credere alla gente.., che è un bravo ragazzo e che se, nel caso dovesse combinare qualche cosa, andrà lui a tirargli le orecchie”