Cronaca

Milano, nel 2002 uccise la fidanzata con 22 coltellate. Oggi è libero

Ruggero Jucker, imprenditore del catering e figlio di una ricca famiglia milanese, colpì a morte la sua ragazza, Alenya Bortolotto, di 26 anni. Il rito abbreviato, il patteggiamento in appello, la buona condotta e l'indulto gli hanno consentito di passare da 30 a 10 anni di carcere

Dieci anni fa uccise la fidanzata con 22 coltellate e oggi è libero per “buona condotta”. Nel 2002 Ruggero Jucker colpì a morte Alenya Bortolotto, 26 anni, studentessa in scienze politiche. Stavano dormendo nella loro casa in via Corridoni a Milano, poi lui si è svegliato e l’ha aggredita ripetutamente urlando “sono Bin Laden“. Poco dopo è uscito in strada nudo continuando a gridare e lì la polizia lo ha arrestato.

Imprenditore del catering e figlio di una ricca famiglia milanese, Jucker, 46 anni, ha lasciato il carcere. I tre anni condonati e la buona condotta hanno abbreviato la condanna di un terzo. Il processo di primo grado si era concluso il 24 ottobre 2003 e grazie al rito abbreviato, l’imputato ha evitato l’ergastolo. Tuttavia il parziale vizio di mente e il risarcimento del danno alla famiglia di Alenya (1 milione e 300mila euro) non prevalgono sull’aggravante della crudeltà e il gup Guido Salvini infligge 30 anni per “omicidio aggravato”. Col “patteggiamento in appello” in secondo grado, la condanna scende da 30 a 16 anni. Il reato viene considerato omicidio non aggravato e la pena diventa definitiva il 5 marzo 2005.

Jucker ha beneficiato di tre anni di sconto della pena, grazie all’indulto del 2 maggio 2006 e così gli anni in carcere, prima a San Vittore poi a Bollate, sono scesi da 16 a 13. Inoltre i detenuti per buona condotta godono di uno sconto di tre mesi di pena per ogni anni trascorso in carcere, elemento che ha decurtato la pena di altri due anni e mezzo. Affetto da disturbo bipolare, il primo permesso di Jucker è stato nell’aprile 2011, dopo avere scontato già da molti anni la metà della pena. Il Tribunale di sorveglianza di Milano ha deciso che dopo la scarcerazione dovrà recarsi periodicamente a firmare un registro dalle forze dell’ordine, senza l’obbligo di sottoporsi alla misura di sicurezza del ricovero in una casa di cura e di custodia per tre anni come, al contrario, era stato stabilito in sentenza.