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Regno Unito, scommesse online: il 20% di chi gioca ha meno di 18 anni

Il governo Blair consentì la pubblicità delle puntate su Internet, fino ad allora nell’ombra e possibili solo dall’estero, tramite siti con sede legale sull’Isola di Man, fra Irlanda e Gran Bretagna, in Tasmania o in qualche paradiso fiscale. Ma, dice ora il governo Cameron, è giunta l’ora di tassare

Il giro d’affari delle scommesse online nel Regno Unito ha superato, nel 2012, ogni record: ben 2 miliardi di sterline “bruciati” scommettendo praticamente su tutto, dalle gare di cavalli alle partite di calcio. Così, mentre le persone ufficialmente “dipendenti” dal gioco d’azzardo su Internet hanno superato la quota 500mila, la politica britannica cerca di porre una soluzione al fenomeno avviato dalla legalizzazione voluta dal governo di Tony Blair nel 2005. I numeri diffusi dalla commissione del servizio sanitario nazionale britannico che si occupa della questione, tuttavia, vanno ben oltre: così si viene a scoprire che ogni scommettitore è indebitato per una media di 17.500 sterline, quasi 20mila euro. E si viene anche a sapere che il 20% di chi gioca il proprio denaro online mente sulla propria età e ha meno di 18 anni. Ora, con un’inchiesta, il quotidiano The Independent ha sviscerato il fenomeno, raccogliendo testimonianze di vita e interviste ad esperti del settore. Dal 35enne incarcerato dopo un furto resosi necessario per ripagare il debito alla libera professionista ormai nel tunnel. Sempre più donne, infatti, sono “drogate” di scommesse. E, sempre più, a essere colpite dalla dipendenza sono persone della classe media, agiata e istruita.

Le società di scommesse, intanto, vanno avanti con le loro campagne pubblicitarie, sempre più raffinate e sempre più mirate. Il governo Blair consentì, come prima cosa, proprio la pubblicità delle scommesse online, fino ad allora nell’ombra e possibili solo dall’estero, tramite siti con sede legale sull’Isola di Man, fra Irlanda e Gran Bretagna, in Tasmania o in qualche paradiso fiscale. Ma, dice ora il governo Cameron, è giunta anche l’ora di tassare. La pratica della sede legale in Paesi a bassa o nulla tassazione è infatti ancora in voga. Così, oltre al danno, la beffa. Dal dicembre 2014, secondo il piano dell’esecutivo, le agenzie di scommesse online saranno tassate in base alla residenza dello scommettitore e non in base al territorio in cui è installato il server. Più soldi entreranno nelle casse del Regno Unito, denaro che ora in molti sperano venga usato per debellare la piaga del “gambling”, così come avviene, più o meno, con il mercato del tabacco.

Proliferano, nel mentre, le cliniche per la cura della dipendenza, come la National Problem Gambling Clinic, diretta da Henrietta Bowden-Jones, una vera e propria autorità sui mass media ogni volta che si deve parlare di scommesse online. Ma non c’è solo Internet a spaventare. Le cosiddette “macchinette” nei bar, nei club e nelle discoteche, così come nei locali a esse adibiti, sono un altro spauracchio delle associazioni e degli operatori che cercano di far guarire il britannico medio da questa dipendenza. Perché una cosa è certa: se è vero che lo “zoccolo duro” di scommettitori è di 500mila persone, nel 2012 ben 9 milioni di sudditi della regina hanno scommesso e giocato almeno una volta. Un esercito di potenziali vittime del gioco online, considerando che la linea di confine fra semplice divertimento e dipendenza è molto sottile. Intervistato dall’Independent, il parlamentare laburista Kelvin Hopkins ha detto: “Le scommesse online sono ormai un problema serio quanto l’alcolismo. Ho due amici che ne sono dipendenti, tutti e due stimati professionisti. Le loro mogli ora devono gestire le loro finanze, quasi come si fa con gli adolescenti, perché sono diventati incapaci di tenere il denaro nel portafoglio”.