Mafie

Infiltrazioni mafiose post sisma, stop alla ricostruzione di palazzina storica

Le macerie della casa datata 1912 della famiglia Paltrinieri a Cavezzo venivano raccolte dalla Fratelli Baraldi spa, esclusa dalla white list perchè segnalata dalla Procura di Modena come vicina alle cosche della 'ndrangheta. "Con questa lentezza, le intemperie e pure le ditte non autorizzate la nostra abitazione marcirà"

Prima il terremoto, poi la demolizione della loro casa, e infine lo stop ai lavori in cantiere perché la ditta incaricata di rimuovere le macerie era la Fratelli Baraldi spa. Quella stessa azienda di San Prospero, nella bassa, esclusa dalla white list delle imprese “non soggette a rischio di inquinamento mafioso” su indicazione del Prefetto di Modena, per presunti collegamenti con la ‘ndrangheta. “Sembrava incredibile che fossimo così sfortunati” racconta Rosaria Paltrinieri, proprietaria di quello che, prima del sisma, era un bel palazzo storico in centro a Cavezzo. Eppure, quando il 15 gennaio si è recata in cantiere a rovistare tra le macerie di via Solferino, dove un tempo sorgeva la casa della sua famiglia, costruita dal bisnonno nel 1912, “non c’era nessuno”.

I macchinari erano spenti e nessuno degli operai era presente. C’erano solo fango, mattoni, qualche oggetto in frantumi appena visibile tra i resti dello storico palazzetto e il silenzio di una piazza devastata dalle scosse.

“Il geometra del Comune ci ha informati che il fermo si sarebbe protratto fino a data da destinarsi, che erano sorti problemi amministrativi – spiega Rosaria – sono stati gli operai della seconda ditta incaricata dei lavori, la S.a.e.r, a dirci che la Fratelli Baraldi era stata esclusa dalla lista e pertanto preclusa dai lavori per la ricostruzione”. Lo stop, come riporta l’Espresso, è infatti arrivato nei giorni scorsi dalla prefettura su indicazione della Dia, la Direzione investigativa antimafia di Bologna, e non è il primo imposto alla nota impresa modenese, iscritta anche a Confindustria.

Già nel 2001, secondo quanto riportato dal settimanale, infatti, l’azienda era stata interdetta dalle gare pubbliche per possibili condizionamenti da parte dei clan mafiosi, e questa volta al vaglio degli inquirenti ci sarebbero figure professionali che la collegherebbero a un’azienda ligure, la Eco.Ge dei fratelli Mamone. A sua volta oggetto sia delle indagini della Dia, come si legge su un rapporto datato 2002, principalmente per reati ambientali legati allo smaltimento dei rifiuti, sia della Guardia di Finanza, che nel 2007/2008 ne avrebbe segnalato il titolare, Gino Mamone, per i suoi legami con la cosca della ‘ndrangheta calabrese, i Mammoliti.

“I motivi dell’esclusione – conferma la prefettura di Modena – sono dovuti al fatto che da una serie di accertamenti è emerso che la Fratelli Baraldi spa non ha i requisiti per entrare nella white list e svolgere attività né con la pubblica amministrazione, né con i privati che accedono ai contributi per il terremoto”. Accertamenti che, ad oggi, sono ancora in corso. Se, subito dopo il sisma, la priorità era gestire l’emergenza, quasi otto mesi dopo, come prevede la normativa antimafia, è necessario stabilire che tutte le aziende impegnate nella ricostruzione siano ‘pulite’. “Abbiamo ricevuto più di mille domande da parte di ditte interessate a essere iscritte nella lista – spiega ancora la Prefettura – stiamo verificando”.

Del resto, come ha sottolineato anche il presidente della Commissione parlamentare antimafia, nonché ex ministro dell’Interno, Beppe Pisanu, vigilare è fondamentale perché non solo la ricostruzione fa gola alle mafie, ma la criminalità organizzata ha già provato concretamente a entrare nei cantieri avviati dopo il sisma.

Questo ritardo, tuttavia, pesa come un macigno sulle spalle della famiglia Paltrinieri, che aveva già dovuto attendere a lungo prima di ottenere il permesso di cercare tra i resti della propria casa nel tentativo di recuperare qualcosa. La vecchia scenografia di un presepe, qualche disco, un giocattolo, una fotografia d’infanzia. “Abbiamo presentato la prima domanda a giugno – racconta l’avvocato della famiglia, Nicoletta Tietto – la prima di una lunga serie, ma l’ok è arrivato solo a dicembre”. In pieno inverno, quando la pioggia aveva già cominciato a cadere e i resti di una vita trascorsa tra le mura di via Solferino, quelle stesse mura che secondo la perizia impugnata dalla famiglia “avevano resistito al terremoto”, a rovinarsi.

Il 7 dicembre i lavori di rimozione erano iniziati, e ogni giorno Rosaria, il figlio Alessio e la nipote, Alice, si recavano in cantiere di buon mattino, per non perdere nemmeno un’ora di luce. “Il nostro è stato un Natale triste – racconta Alessio Bondi – è dura lavorare quando la temperatura scende a -5°, è tutto ghiacciato e a volte nevica, ma non possiamo fare altrimenti”.  La famiglia sta aspettando che la Procura concluda le indagini su una vicenda che, per i proprietari del palazzetto storico, “presenta molte ombre”. La priorità però, almeno per il momento, è che una nuova ditta venga incaricata dei lavori e che si possa riprendere la rimozione delle macerie al più presto.

“Siamo preoccupati che, di questo passo, non resti più nulla – spiega Rosaria – le macerie sono esposte alle intemperie e l’umidità rischia di far marcire tutto. Il terremoto non ci aveva tolto tutte le speranze, poi però la nostra casa è stata demolita e tutto quello che ci resta sono i pochi ricordi sepolti sotto i mattoni. Vogliamo solo recuperarli”.