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Usa, Obama tassa i più ricchi. Ma avvantaggia Wall Street e corporation

Una dozzina di articoli nascosti tra le pieghe della legge che prevede l’aumento della pressione fiscale su chi guadagna di più prolunga di un anno, in alcuni casi due, ingenti sgravi fiscali per i colossi bancari, le multinazionali e i grandi gruppi economici

Goldman Sachs, Morgan Stanley, Ford, General Electric, Walt Disney Company stanno già ridendo. I lobbisti hanno lavorato sottotraccia, in silenzio, mentre l’America e il mondo intero guardavano scadere il conto alla rovescia e pregavano perché democratici e repubblicani riuscissero a trovare un’intesa entro il 31 dicembre. E hanno vinto: se da una parte l’accordo raggiunto dal Congresso degli Stati Uniti per evitare il fiscal cliff aumenta le tasse per i più ricchi, dall’altra favorisce i soliti noti. Una dozzina di articoli nascosti tra le pieghe della legge che prevede l’aumento della pressione fiscale su chi guadagna di più (gli individui che dichiarano oltre 400mila dollari l’anno e le coppie che ne incassano oltre 450mila) prolunga di un anno, in alcuni casi due, ingenti sgravi fiscali per i colossi bancari di Wall Street, le multinazionali e i grandi gruppi economici. E il conto, miliardario, lo pagheranno come al solito i contribuenti.

Per mesi frotte di amministratori delegati sono entrati ed usciti in processione dalla Casa Bianca: dovevano assicurarsi che gli aiuti fiscali a nove zeri di cui le loro aziende avevano goduto per anni non finissero all’improvviso. Negli Usa li chiamano “tax extenders“: sono 205 miliardi di dollari in agevolazioni che l’amministrazione Obama concederà anche nel 2013 alle corporation. La fetta più grossa, scrive il Washington Post, è quella che resterà nelle casse delle banche. L’articolo 322 del testo approvato il 2 gennaio prolunga di un altro anno gli sgravi concessi nel 1997 sulle operazioni finanziarie condotte all’estero. A beneficiarne saranno le banche d’affari come Morgan Stanley (che per il Center for Responsive Politics ha speso 2,6 milioni in attività di lobbying solo nei primi 9 mesi del 2012 e ora potrà contare su uno sgravio del 35% delle tasse sugli interessi incassati nelle operazioni off-shore), ma anche multinazionali come Ford Motor Co. o General Electrics. Un totale di 11,2 miliardi, si legge nella relazione del Joint Committee Taxation, la commissione bicamerale sulle tasse, che ricadranno sulle spalle dei contribuenti.

Morgan Stanley però non è l’unico colosso del credito a fregarsi le mani. Grazie all’accordo, Goldman Sachs potrà proseguire i lavori della sua nuova sede a New York continuando a beneficiare di forti sconti fiscali. L’articolo 328, infatti, prolunga di un altro anno gli sgravi per 8 miliardi concessi nel 2002 dal Liberty Bond Program a chi volesse costruire uffici e servizi a Manhattan South, nell’area attorno a Ground Zero, per favorire la riqualificazione dell’area dopo l’11 settembre. In questi anni gli aiuti sono finiti in gran parte nelle tasche di un esercito di speculatori che li hanno utilizzati per costruire e rivendere appartamenti di lusso, in tutto 3.396 secondo il New York City Housing Development Corp. Tra i beneficiari anche Goldman Sachs che – scrive il sito The Fine Print – per ultimare i suoi nuovi uffici risparmierà qualcosa come 1,6 miliardi di tasse.

E la lista degli amici è lunga. L’industria del cinema ringrazia sentitamente: l’articolo 317 prevede che gli studios di Hollywood, tra le più grandi e potenti industrie del paese, potranno detrarre fino a 15 milioni per ogni film girato per tre quarti sul suolo degli Stati Uniti: sgravi già costati, secondo la commissione tributaria, 150 milioni tra il 2010 e il 2011. L’articolo 312, invece, garantirà per un altro anno a chiunque voglia costruire una pista per le gara automobilistiche di formula Nascar di ricevere benefici fiscali attraverso ammortamenti anticipati. Agevolazioni che costeranno circa 46 milioni dollari nel 2013 e altri 95 fino al 2017. Non è un caso se l‘International Speedway Corporation, che possiede e gestisce circuiti Nascar, ha speso più di 1,1 milioni dollari in attività di lobbying al Congresso sono negli ultimi 4 anni.

Centosessantacinque milioni (articolo 306) andranno poi alle compagnie riunite nella American Short Line & Regional Railroad Association che gestiscono le ferrovie per finanziare la manutenzione: “Non si comprende per quale motivo – scrive su nakedcapitalism.com Matt Stoller, ricercatore del Roosevelt Institute – le imprese private debbano vedere i loro costi d’impresa finanziati dallo Stato”. Analogo interrogativo per gli sgravi previsti per le compagnie minerarie (articoli 307 e 316) per migliorare i dispositivi di sicurezza e fare formazione tra i dipendenti. Alla domanda ha risposto Phineas Baxandall, analista senior allo U.S. Public Interest Research Group: “Tutto ciò dimostra che i lobbisti sono in grado di ottenere ciò che vogliono anche quando la gente muore di fame – ha spiegato all’Huffington Post – e che raggiungono i loro obiettivi quando nessuno presta attenzione”. Quando cioè l’opinione pubblica è distratta da altro. Magari da un conto alla rovescia.