Politica

Quella pista che porta ad Arcore

Chi minaccia Mario Monti? Perché il premier uscente, che doveva federare lo schieramento che va da Casini a Montezemolo e ricostruire il suo sollecito ritorno a Palazzo Chigi, è stato colto da improvvisa incertezza? 

Come mai, ieri, il presidente Napolitano, nell’annunciare lo scontato scioglimento delle Camere, ha sentito il bisogno di lanciare una sorta di monito al Professore raccogliendo i timori che alcuni partiti, e segnatamente il Pdl, gli hanno espresso sul ruolo non super partes di Monti in campagna elettorale? E i veleni calunniosi che hanno preso a circolare sulla figura del prestigioso supertecnico chiamato a salvare dal fallimento l’Italia, cosa hanno a che fare con questi amletici dubbi?

Ma, anche se nessuno minacciasse nessuno, cosa ha frenato improvvisamente Mario Monti? Di che cosa ha paura? Abbiamo messo in fila alcune domande che ieri mattina sono rimbalzate sulle prime pagine dei giornali. E altre ne abbiamo aggiunte, perché nessuno può convincerci della normalità politica di comportamenti che normali non sono. 

Possiamo comprendere la contrarietà del capo dello Stato davanti alla discesa nell’arena elettorale dell’ex preside della Bocconi che il Quirinale, con la nomina a senatore a vita, aveva collocato nei piani alti delle istituzioni e dunque fuori dalla mischia. Anche Bersani non ha tutti i torti se prende le misure dal Monti elettorale dopo che il Pd non ha fatto altro che donare sangue alle misure altamente impopolari del Monti tecnico. 

Ma Berlusconi che gioco sta facendo? Attenti a non farsi ingannare dal solito teatrino televisivo condito di balle stratosferiche e di improbabili fidanzatine. I denti del Caimano sono come sempre affilati e come sempre pronti ad azzannare l’avversario di turno.

Che questa volta non è più la sinistra “comunista”, ma va collocato nello nello stesso centrodestra dove è tornato a cercare voti il moroso della Pascale. Invecchiato e bollito quanto si vuole, Berlusconi intravede la possibilità di riprendersi una parte dei consensi che Alfano ha dilapidato in poco tempo. Non per vincere le elezioni, ma almeno per non perderle. Prima ha cercato di annettersi Monti, che però lo ha disdegnato (“neanche una telefonata mi ha fatto”). Poi gli ha fatto balenare il Colle come, si fa per dire, premio di consolazione. E ora gli dichiara guerra, accusandolo di concorrenza sleale. Chissà che Monti non debba ricercare l’origine dei suoi problemi in quella villa di Arcore da un ventennio deposito di dossier e pugnali.

Il Fatto Quotidiano, 23 Dicembre 2012