Politica

Province, il decreto sul riordino non sarà convertito in legge

La decisione in Commissione Affari costituzionali. Nella giornata di domani verrà convocata una riunione dei capigruppo presso il Senato per esaminare le possibili vie di uscita. Sono poche però le possibilità di convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti pari in tutto a 140, presentati in gran parte dal Pdl

Il decreto sul riordino delle Province non sarà convertito in legge. La decisione definitiva è stata presa all’unanimità dai partecipanti ai lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato, conclusasi pochi minuti fa, alla presenza tra gli altri dei ministri della Pubblica amministrazione e per i Rapporti con il parlamento, Filippo Patroni Griffi e Piero Giarda. Nella giornata di domani verrà in ogni caso convocata una riunione dei capigruppo presso il Senato per esaminare le possibili vie di uscita, ma secondo i senatori che questa sera hanno preso parte alla riunione in Commissione Affari Costituzionali, sono poche le possibilità di poter convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti pari in tutto a 140. Le conseguenze secondo uno studio pubblicato ieri dallo stesso Governo vanno dalla gestione delle strade, scuole e rifiuti, fino alla devoluzione delle funzioni alle Regioni, con conseguente lievitazione dei costi per il personale e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l’esercizio delle funzioni.

Il ministro Filippo Patroni Griffi, al termine della riunione della Commissione Affari Costituzionali, ha sottolineato che ”il governo ha fatto ciò che doveva fare, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione. Il governo ha fatto insieme al Parlamento un buon lavoro fino alla spending review – ha spiegato un deluso Patroni Griffi – ma poi si sono imposti alcuni ‘giochi’ in Parlamento”. A questo punto servirà probabilmente una norma che coordini le disposizioni sulle province già previste dal decreto Salva Italia e dalla spending review. Forse anche nel ddl stabilità? Patroni Griffi non si sbilancia: “Probabilmente ci sarà qualche intervento del governo ma ora non so rispondere”.

“Il destino di questi mesi è di perdere occasioni importanti – ha sostenuto il presidente della commissione Vizzini – è stato fatto uno sforzo per trovare le condizioni complessive per approvare questo provvedimento atteso ma non è andato a buon fine”. Per il senatore dell’Idv, Pancho Pardi, il decreto legge non si può convertire soprattutto “per l’enorme quantità di emendamenti presentati dal centrodestra” ma il capogruppo del Pdl in commissione, Gabriele Boscetto, replica: “C’erano tutta una serie di situazioni che andavano messe a posto e i nostri emendamenti tendevano a metterle a posto, non erano gratuiti”. Nel corso della seduta di stasera sia Boscetto sia il senatore della Lega Roberto Calderoli avevano sostenuto che non ci fosse più tempo a disposizione, da qui alla fine anticipata della legislatura, per convertire in legge il decreto. “Abbiamo fatto un giro di opinioni – ha raccontato il senatore del Pd Enzo Bianco – alla luce del mutato scenario politico. Nonostante lo sforzo di governo e relatori, si è deciso di non continuare e di attendere le valutazioni dei capigruppo domani. Noi non siamo in grado di andare avanti, abbiamo perso una grande opportunità”.