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Usa 2012, quattro giorni dal voto. Ecco le ultime carte di Obama e Romney

A pochi giorni dalla consacrazione di quello che sarà il presidente degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni, i due candidati si affannano per toccare quanti più luoghi possibili in cerca degli ultimi consensi ancora in ballo. Finale tra gli universitari, per Obama, insieme a Springsteen e Jay Z

Negli Stati Uniti è l’ultimo week-end prima del voto. Le campagne di Barack Obama e Mitt Romney sono mobilitate per l’appello finale agli indecisi. Tra sabato e domenica il presidente affronta un tour che in poche ore lo porterà in sette Stati. Lunedì, prima di tornare a Chicago per la notte elettorale, Obama e Michelle voleranno ancora a Madison, Wisconsin, Columbus, Ohio e Des Moines, Iowa. Saranno con loro, Bruce Springsteen e Jay Z.

Il programma di Romney è molto simile. Stessi stati, nelle stesse ore. La battaglia presidenziale è del resto ormai concentrata in una parte esigua, limitata del Paese. Obama, al momento, può contare su 237 voti elettorali certi. Sono quelli degli Stati che sicuramente sceglieranno il candidato democratico il 6 novembre. I voti elettorali sicuri per Mitt Romney sono invece 206. Restano in palio 95 voti elettorali, negli otto Stati dove la battaglia è definita “tossup”, troppo incerta per fare previsioni attendibili: Nevada, Colorado, Iowa, Wisconsin, Ohio, New Hampshire, Virginia, Florida

Questa è, a quattro giorni dal voto, una mini-agenda delle cose da tenere d’occhio nella battaglia per la conquista della Casa Bianca.

OHIO – Con i suoi 18 voti elettorali, l’Ohio è la “preda” più ambita. Qui i candidati e i loro “surrogati” hanno continuato a viaggiare in questi mesi. Qui ritornano freneticamente nelle ultime ore. Un sondaggio Quinnipiac di due giorni fa dà Obama in vantaggio di cinque punti su Romney: 50 contro 45. Il buon risultato dipende da diversi fattori: una crisi economica meno forte che in altri Stati (il tasso di disoccupazione dell’Ohio è al 7%, inferiore alla media nazionale); il salvataggio dell’industria dell’auto da parte di questa amministrazione; un fuoco di fila di spot elettorali che i democratici hanno pagato sulle TV locali in questi mesi. Se Obama vince in Ohio, ha buone possibilità di essere rieletto. Gli basterebbe infatti aggiungere altri due Stati “tossup”, per esempio Wisconsin e Iowa, per tornare alla Casa Bianca. Romney, da parte sua, sa che l’Ohio è altrettanto essenziale. Nessun candidato repubblicano è mai diventato presidente senza conquistare l’Ohio.

PENNSYLVANIA, MICHIGAN, MINNESOTA – Nelle ultime ore la campagna di Romney e “Restore Our Future”, il super-PAC che appoggia il candidato repubblicano, hanno lanciato una campagna di nuovi spot televisivi in Pennsylvania e Minnesota. E ieri si è diffusa la notizia di un comizio di Romney nell’area di Philadelphia. La mossa ha lasciato interdetti molti. Questa infatti, sinora, era ampiamente considerata “Obamaland”. Secondo il team Romney i due Stati, insieme al Michigan, mostrano invece una forte ripresa del candidato repubblicano. L’affermazione è stata rigettata come “propaganda elettorale” da David Axelrod, (che ha anche detto di essere pronto “a tagliarsi i baffi”, nel caso i repubblicani vincessero uno di questi Stati). Difficile dire se l’apertura di nuovi fronti elettorali sia una mossa tattica o risponda a una realtà della mappa elettorale. Anche John McCain, nel 2008, partì negli ultimi giorni della campagna per la Pennsylvania. Ma allora, più che un segno di forza, fu un segnale di disperazione. McCain si era reso conto che la partita negli altri Stati era ormai chiusa, a suo sfavore. Può darsi che invece Romney veda alcuni segnali positivi, e ne voglia approfittare. La storia non gli dà molte speranze. Un candidato repubblicano non vince in Pennsylvania dal 1988. E in tutti i sondaggi Obama è avanti, nel Keystone State, con un vantaggio che oscilla tra i 3 e i 6 punti.

WISCONSIN – Qui Obama vinse, nel 2008, con 14 punti di scarto. Ma qui la battaglia fu particolarmente aspra nel 2000 e 2004. Repubblicani e democratici riconoscono che lo Stato rappresenta quest’anno un’incognita. Obama ci è tornato più volte, nelle settimane scorse, e così hanno fatto Bill Clinton, Michelle Obama, Joe Biden. Per cercare di rafforzare la presa sullo stato, Romney si è anche scelto un vice del Wisconsin, Paul Ryan. Il Wisconsin potrebbe rappresentare una plausibile alternativa all’Ohio, per i repubblicani. Romney potrebbe infatti arrivare ai 270 voti necessari per la Casa Bianca senza l’Ohio, ma con Wisconsin, Virginia, Florida, North Carolina, Iowa e Colorado.

NORTH CAROLINA, FLORIDA, VIRGINIA – Sono i tre Stati – con diverse sfumature – repubblicani, che Obama riuscì a conquistare nel 2008. Quest’anno dovrebbero probabilmente tornare a casa. Romney è ormai praticamente al sicuro in North Carolina, tanto da smobilitare parte della sua organizzazione nello Stato per concentrarla altrove. Anche la Florida con ogni probabilità tornerà ai repubblicani (RealClearPolitics dà Romney in vataggio di 1,2%). Nelle ultime settimane Joe Biden e Bill Clinton hanno moltiplicato le loro apparizioni nel Sud e nel corridoio dell’Interstate-4, ala ricerca del voto della classe operaia e piccola borghesia bianca. Lo sforzo non sembra aver pagato e la Florida dovrebbe tornare repubblicana. Più incerta la Virginia, uno Stato tradizionalmente conservatore dove però un nuovo blocco elettorale – borghesia bianca immigrata dalla costa orientale negli ultimi anni, ispanici, giovani – potrebbe dare, come già nel 2008, un dispiacere ai repubblicani.

INDIPENDENTI – E’ il blocco su cui la campagna repubblicana ha soffiato paure e frustrazioni per i cattivi risultati dell’economia, e che sinora ha dato un buon margine di vantaggio a Romney (12 punti, secondo un sondaggio NPR). Nelle ultime ore è però successo qualcosa. La gestione della crisi Sandy ha rafforzato l’immagine di Obama presso questi gruppi di elettori. Il giudizio entusiastico sulla Casa Bianca da parte del governatore repubblicano del New Jersey, Chris Christie, l’endorsement del sindaco di New York, Michael Bloomberg, potrebbero avere ulteriormente rilanciato l’immagine “presidenziale” di Obama. Nelle scorse settimane Obama aveva ricevuto altri due endorsement importanti. Quello di Susan Eisenhower, nipote del presidente repubblicano Dwight, e dell’ex-generale e Segretario di Stato Colin Powell. Un parterre di “testimonial” che potrebbero tranquillizzare, e riavvicinare, molti indipendenti delusi al Presidente. 

DONNE, GIOVANI, ISPANICI – Sono i tre gruppi su cui più conta Obama per la vittoria. Le donne americane appaiono ormai conquistate dalla politica del presidente (l’ultimo sondaggio ABC News/Washington Post dà 15 punti di vantaggio a Obama tra le donne). Gli ispanici sono essenziali per i demcratici soprattutto in Nevada (uno Stato duramente colpito dalla crisi economica), ma anche in Colorado e in Virginia. I giovani sono fondamentali ovunque, ed è per questo che nell’ultimo giorno di campagna Obama si fermerà in una città universitaria come Madison, e avrà al suo fianco Springsteen e Jay Z. Più giovani, e afro-americani, votano, più le possibilità di Obama crescono. Proprio per questo un primo termometro della situazione saranno, martedì sera, i numeri dell’affluenza al voto.