Scienza

Supercomputer insegnerà ai medici e imparerà da loro per aiutare i pazienti

Watson, il cervellone ideato dall’Ibm e diventato famoso in un popolare quiz televisivo statunitense, approda ora alla Cleveland Clinic in Ohio (Usa) non solo per aiutare dottori e studenti ad analizzare e affrontare casi medici ma anche per diventare sempre più sapiente in campo medico

Dal telequiz alle diagnosi in corsia: Watson, il supercomputer ideato dall’Ibm e diventato famoso in un popolare quiz televisivo statunitense, approda ora alla Cleveland Clinic in Ohio (Usa) non solo per aiutare dottori e studenti ad analizzare e affrontare casi medici ma anche per diventare sempre più sapiente in campo medico.

Watson, che ha una potenza di elaborazione complessiva pari a quella di seimila personal computer, è stato infatti concepito per “capire” le domande poste in linguaggio naturale e dare le migliori risposte possibili accedendo a un database non strutturato che contiene vastissime quantità di dati. Lo scorso anno ha sbancato ‘Jeopardy’, il più popolare dei quiz show americani, sconfiggendo due supercampioni umani, dopo aver letto migliaia di libri e enciclopedie. Ma Ibm punta su altri settori – salute e finanza in primis – per impiegare il suo gioiello. In ambito medico in particolare Watson è in grado di formulare risposte sulla base dei dati del paziente e di una sconfinata letteratura medica. Capacità che verranno sfruttate per ora dagli studenti del Cleveland Clinic Lerner College of Medicine per analizzare i propri casi studio e trovare riscontri che supportino le proprie ipotesi di diagnosi.

Ma per Watson, come annunciato dalla stessa azienda, sarà un vero e proprio “do ut des”. Interagendo con i dottori e futuri tali di Cleveland, il cervellone riuscirà a sua volta diventare più intelligente e a gestire sempre meglio il linguaggio medico. “Lavorare con la Facoltà di medicina e gli studenti di un’organizzazione come quella di Cleveland – spiega David Ferrucci, tra i responsabili del progetto Watson – ci permetterà di imparare come riuscire ad insegnare a Watson e ad adattarlo in modo efficiente a settori nuovi”. Watson quindi arricchirà notevolmente la sua banca dati medica e imparerà a collegare le informazioni sfruttando le capacità di analisi dei medici in carne e ossa. Per la cronaca, al sistema originale di “domande e risposte” di Watson aveva collaborato anche l’Università di Trento, insieme ad altre sette università Usa.

Quella di Cleveland non è però l’unica collaborazione nel campo della medicina all’attivo per Watson. Ibm è al lavoro con il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York per sviluppare un’applicazione che aiuti a trovare il miglior trattamento per i pazienti affetti da cancro al polmone, seno o prostata. L’obiettivo è quello di avere una ‘app’ pilota da testare con un ampio gruppo di oncologi già entro la fine del 2013. Progetto molto ambizioso perché il sistema centrale del supercomputer si basa su dieci file di server Ibm e anche se la maggior parte dell’elaborazione dei dati avviene nel data center un’applicazione Watson consuma ancora troppa energia per essere pratica su un comune smartphone. Ma i ricercatori sono ottimisti e già nel 2015, Watson potrebbe diventare una specie di Super Siri, sul modello dell’assistente virtuale degli iPhone, per medici e finanzieri.