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Gangnam Style, elezioni Usa e democrazie supreme

Bob Shieffer è il giornalista che ha moderato l’ultimo incontro-scontro tra Barack Obush e Mitt Romney-Bush.

Dev’essere un fan del web, perché ha posto ai candidati due domande sul tema.

La prima delle quali è stata questa: “in un mondo superconnesso, dominato dai social media, quale spazio può ancora avere la tradizionale diplomazia statunitense?”

Era lo spirito di Julian Assange a parlare, evidentemente, dall’Equador. Sarà forse per questo che né l’uno, né l’altro candidato hanno risposto. Inutile è stata la petulanza di Schieffer, che ha rincarato la dose: “Non potremmo concludere che Google o Twitter sono più importanti delle dimensioni della Marina?” (intendendosi Marina Militare, si presume, ndr). Ma nemmeno dopo questa insistenza è arrivata la risposta.

Allora Bob ha giocato l’asso. Voleva sapere cosa ne pensassero i due candidati a diventare gli uomini più potenti della Terra (dopo il Presidente cinese) del fatto che il video rap di un giovanotto sud coreano – nome d’arte Spy – intitolato Gangnam Style , era stato visto  oltre 500 milioni  di volte.

Siccome la cifra era scritta così: 500.000.000, leggendola, mi sono detto: ecco, una volta tanto l’International Herald Tribune ha fatto un errore di stampa. Pensavo avessero aggiunto per sbaglio tre zeri, o due zeri.

No, erano proprio 500 milioni di visite. Pari al 7% della popolazione del Pianeta.  Per la cronaca: a quanto pare Gangnam è un quartiere malfamato di Seul.

Allora ho avuto un tuffo al cuore. Ho pensato che l’evasione da Matrix è ormai impossibile. Ho pensato che Gianroberto Casaleggio si è sbagliato, e l’avvento di Google, Youtube, Facebook è  già avvenuto nel 2012, non, come lui sperava, verso la metà del secolo XXI.

Democrazia suprema. Il pianeta voterà così, eleggendo re travicelli a colpi di rap. E ciascuno, come disse Andy Warhol, sarà una star per quindici  minuti.

Inutile dire che i due candidati non hanno risposto nemmeno alla seconda domanda.