Giustizia & Impunità

Presunta estorsione di Tarantini, la Procura vuole sentire Berlusconi

Ai magistrati non basta la memoria consegnata dall'ex presidente del Consiglio. Gli indagati sono l'imprenditore pugliese, sua moglie, due suoi collaboratori e Lavitola. Al centro dell'inchiesta mezzo milione pagato dal Cavaliere a "Gianpi"

Invito a presentarsi per l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sulla presunta estorsione subita da parte dell’imprenditore barese Gianpaolo Tarantini. I magistrati sono intenzionati, infatti, ad ascoltare la versione di Berlusconi come persona informata sui fatti poiché non ritengono sufficienti le giustificazioni scritte dal Cavaliere in un memoriale già consegnato nei mesi scorsi agli inquirenti. 

L’ipotesi di una convocazione di Berlusconi in qualità di teste davanti ai pm romani erano già stata oggetto di un incontro a settembre tra gli inquirenti della capitale e gli avvocati dell’ex premier. Il procuratore aggiunto Francesco Caporale ed il sostituto Simona Marazza stanno procedendo per fatti che sarebbero avvenuti nel periodo marzo-luglio dello scorso anno. Fatti che vedono indagato, oltre a Tarantini, anche la moglie di quest’ultimo Angela Devenuto, due collaboratori dell’imprenditore e l’ex direttore de l’Avanti Valter Lavitola. Il fascicolo al vaglio della procura di Roma è una tranche del caso scaturito dalle dazioni di danaro fatte dall’ex presidente del Consiglio a Tarantini. In particolare, i pm di piazzale Clodio si occupano di 500mila euro dati dall’ex premier, per il tramite di Lavitola, all’imprenditore barese. Soldi, ha dichiarato lo stesso Tarantini, a lui destinati per consentirgli di riprendere la sua attività di imprenditore e non per indurlo a rendere una falsa testimonianza sul caso escort. Su quest’ultima ipotesi sta procedendo la Procura di Bari.

Berlusconi, il quale ha parlato pubblicamente di denaro dato per generosità “ad un amico in difficoltà”, aveva presentato nei mesi scorsi, tramite il suo legale, Nicolò Ghedini, una memoria nella quale indicava la sua versione dei fatti.