Piacere quotidiano

Buongustai ai tempi della crisi: il ristorante, meglio a domicilio

Con il suo inconfondibile accento americano, il d.g. di Just-Eat Italy, Benvolio Panzarella, racconta a Puntarella Rossa il primo anno italiano della sua azienda. Che nonostante il difficile momento economico cerca di conciliare le esigenze di clienti e ristoratori

«Al diritto di una pizza a domicilio gli italiani non rinunciano». Curioso esordio, ma rende l’idea. Il direttore generale di Just-Eat Italy, Benvolio Panzarella, parla proprio di una irrinunciabile pretesa: quella di godersi ogni tanto una margherita fumante, sul divano di casa, magari accompagnata da una bella birra ghiacciata e dalla partita in tv. Difficile dargli torto. Meno semplice, invece, pensare che chiunque, con leggerezza, si metta a ordinare sushi due volte a settimana invece di risparmiare saggiamente qualche euro.

I numeri, in effetti, confermano questa teoria. Just-Eat – nato in Danimarca nel 2001 aggregando in un sito web i ristoranti che facevano consegna a domicilio ai tempi in cui Internet era ancora una novità, e presente come numero uno del settore in India, Brasile, Canada e in Europa fatta eccezione per la Germania – è sbarcato nel Bel Paese un anno fa e in Italia ad oggi conta 600 ristoranti aggregati, dei quali 400 circa cucinano pizza. «Cresce la percentuale rappresentata dalla cucina asiatica: un sesto dei nostri locali, quindi un centinaio, fa parte di questa categoria. Gli italiani apprezzano sempre di più l’asian food e le sue diverse pietanze, che vanno oltre il classico sushi», spiega Panzarella.

Quali sono le carte vincenti del vostro successo nonostante la crisi?
Siamo riusciti a ottimizzare l’informazione bilaterale fra cliente e ristoratore. Coccoliamo la signora Bianchi che esce dall’ufficio, arriva a casa e dopo un quarto d’ora si trova la cena pronta senza dover consultare un volantino e attendere a lungo. Ma veniamo incontro anche alle esigenze dei ristoratori.

Per esempio quali?
A partire dal 2008 si è registrato un calo nel numero dei coperti nei ristoranti: mangiare fuori è un lusso. La gente si fa i conti in tasca e fra benzina, parcheggio, rischio multe, spesso preferisce starsene a casa. Se un ristoratore si affida alla consegna a domicilio ha la possibilità di abbattere almeno i costi fissi.

E il valore aggiunto?
È la Rete. Entrare in circuito virtuoso come quello di Just-Eat permette al gestore di un ristorante di conquistare nuovi clienti. Noi lo chiamiamo “fattore supermercato”, e ovviamente vale anche per il cliente, che comincia ordinando una pizza e poi si trova a provare la cucina etnica. La varietà stimola la domanda.

Il mercato italiano di Just-Eat come si presenta?
Come prevedibile, lo scorso ottobre ci siamo imbattuti in una Roma pizza-centrica e in una Milano affogata di sushi! Ogni città presenta un mercato diverso, noi cerchiamo di agire per assicurare ovunque un’offerta variegata. Al momento le cucine più sottorappresentate sono quella indiana e quella cinese: spesso andiamo direttamente da questi ristoratori a spiegare i vantaggi della consegna a domicilio.

Il settore gode di buona salute?
Il segmento, a partire dal 2010, è cresciuto del 25% di anno in anno, e crediamo che questo avverrà anche nel 2013. Il trend positivo è speculare alla crisi nella ristorazione tradizionale.

Le tendenze di comportamento degli italiani che ordinano la cena online?
La più evidente è la rinascita del cinese: ricordo che quando ho fatto l’Erasmus in Italia, nel lontano 1993, la cucina cinese aveva una cattiva reputazione. Adesso invece, insieme al resto dei piatti asiatici, è sempre più apprezzata. Altri trend che si sono sviluppati di recente sono quelli legati alle catene di fried chicken (come Chicken & Chicken o Kin’s Crunchy Chicken) e agli hamburger di fascia alta preparati ad esempio da Mama Burger.

di Irene Privitera

www.puntarellarossa.it