Politica

Pd, Castagnetti: “Mia generazione ha fallito, ora rinnovamento”

Per il deputato del Partito Democratico "in vista della nuova fase dobbiamo avere il coraggio di passare la mano". Secondo Rosy Bindi "è giusto dopo tre mandati andare a casa ma il rinnovamento va legato a delle deroghe. Non bisogna usare l'accetta ma scegliere bravi, onesti e confrontarsi sulle idee"

”Al di là della radicalità e dell’impertinenza di Renzi ammettiamolo: chi ha attraversato l’intera storia della Seconda Repubblica porta su di sé la responsabilità oggettiva di appartenere a una generazione che ha contribuito ad una stagione politica conclusa con una sconfitta clamorosa”. Lo ha affermato, primo ex Dc a dirlo e attualmente deputato del Pd, Pierluigi Castagnetti, che in una intervista a La Stampa ha sottolineato come “in vista della nuova fase dobbiamo avere il coraggio di passare la mano”. Per Castagnetti alle primarie “ci saranno due vincitori. Vince Bersani perché prevarrà sul piano numerico, ma vincerà anche Renzi perché costringerà il Pd ad accettare la sfida di un rinnovamento molto forte”.

Per stabilire una regola è ancora presto e in effetti le candidature per le politiche si decideranno solo alla vigilia delle elezioni, ma il tema della rottamazione o della conferma di alcuni  pezzi da novanta del Parlamento continua a tenere banco tra i piddini. Matteo Renzi è stato chiaro: chi ha troppe legislature sulle spalle deve restare a casa. E non ha fatto mancare nomi e cognomi, da Massimo D’Alema a Rosy Bindi. Pier Luigi Bersani non condivide i toni e invoca “rispetto”, ma certo non intende mantenere immutato lo stesso gruppo dirigente di cinque anni fa, tanto che per le primarie si è circondato di un gruppo di giovani e sul palco della Festa nazionale dell’Unità non ha fatto salire nessun dirigente del partito. Ma da qui a ‘rottamare’ tutti i veterani ne passa. Dalla segreteria fanno sapere che dipende innanzitutto dalla legge elettorale: in caso di sistema proporzionale, a cui il Pd però è contrario, come si fa a privarsi di nomi di spicco, si chiedono al partito.

I diretti interessati per ora ufficialmente tacciono. Certo non gli ha fatto piacere essere considerati ‘roba vecchia’ ma, chi più chi meno, alcuni di loro hanno già fatto sapere che sarebbero pronti a fare un passo indietro. A determinate condizioni però. Massimo D’Alema, ad esempio, avrebbe spiegato di non voler affrontare l’argomento in termini personalistici, perché il problema non è ‘trovare un posto’ all’ex presidente del Consiglio. E come lui molti altri della vecchia guardia, da Anna Finocchiaro a Rosy Bindi. E’ giusto porsi il tema del ricambio generazionale, dunque, ma si deve affrontare anche il tema delle competenze. Non necessariamente, cioè, un giovane è più bravo di un anziano. E dunque avrebbe sottolineato che l’argomento ricambio dovrebbe, a suo avviso, essere affrontato in base a competenze, storia e professionalità.

Alla fine, sondando gli umori della maggioranza del partito, si ha la netta impressione che la via d’uscita potrebbe essere un numero, limitato, di eccezioni al limite dei mandati. Ieri Rosy Bindi è stata chiara: “E’ giustissimo dire che dopo tre mandati si va a casa – ha spiegato – ma questo è scritto anche nel nostro statuto, che però più saggiamente lega il concetto di rinnovamento a delle deroghe, perché non c’è rinnovamento politico che non parta dalle idee. Non bisogna usare l’accetta, ma scegliere bravi, onesti e confrontarsi sulle idee. Approvate le regole, cominciamo a parlare delle idee”. C’è poi chi in questa bagarre proprio non vuole entrare, come Pierluigi Castagnetti e come Arturo Parisi, decisi a chiudere con il Parlamento.