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Lazio, Polverini: “A dicembre non si vota”. L’opposizione: “Il governo agisca”

La presidente uscente è sicura: "Ci sono troppi aspetti organizzativi ed economici da valutare. Non ce la faremo". Ma il Viminale aveva caldeggiato il limite dei 90 giorni. Pd e Idv: "La Regione non può essere ostaggio del centrodestra"

E’ scontro politico sulla data per andare alle urne nel Lazio. Anticipo di una campagna elettorale che sarà durissima. Oggi, per voce del suo braccio destro e fidatissimo assessore al Bilancio Stefano Cetica, Renata Polverini ha fatto sapere che “il voto a dicembre è tecnicamente impossibile ed economicamente insensato”. Gianni Alemanno, in corsa per Roma, concorda. “Non ce la si fa a fare le elezioni entro dicembre, bisogna puntare all’election day”, ha detto a margine di un convegno a Bari. E la replica di quello che allo stato è l’unico sfidante alla Regione, Nicola Zingaretti, non si è fatta attendere. “E’ grave il tentativo di rinviare il voto al 2013, la frattura tra cittadini e istituzioni si aggraverebbe di più”, ha detto. Dunque il Pdl vedrebbe di buon occhio le elezioni in primavera, ad aprile per coordinare la tornata delle regionali con quella delle comunali.

La Polverini sul Messaggero di oggi aveva parlato di “approfondimenti con il ministero dell’Interno” e di “un incontro con il prefetto Giuseppe Pecoraro“, ma di molti “aspetti organizzativi ed economici da valutare” e, insomma, il Lazio non è mica “una piccola Regione in cui si può organizzare tutto tanto rapidamente. No, non saremmo in grado di votare a dicembre”. 

Uno slittamento che tuttavia non avrebbe il gradimento tecnico del Viminale. Le indicazioni del ministro Annamaria Cancellieri, subito dopo le dimissioni della Polverini, erano stato chiare: andare alle urne entro 90 giorni dalla caduta del Consiglio regionale. Ovvero elezioni proprio in questo lasso di tempo e non più tardi. Ma le preoccupazioni della Regione Lazio sembrano non essere solo politiche anche se, da uno slittamento delle urne, il Pdl dall’identità incerta, sull’orlo di un rinnovamento e con lo scandalo fondi regionali che ha terremotato tutto il partito del Lazio, ne trarrebbe solo che giovamento. A snocciolare gli impedimenti tecnici oggi è stato proprio l’assessore al Bilancio Cetica. “Sui collegi elettorali potrebbero incidere anche la decisione che dovrà prendere il Governo sulle nuove Province e, non ultimo, va sciolto il rebus sul numero dei Consiglieri assegnati al Lazio che, secondo la legge, dovrebbero scendere da settanta a cinquanta”.

Insomma la Regione attende che venga definita la nuova mappa delle province del Lazio e cerca lumi su come interpretare il decreto taglia consiglieri che però per le Regioni interessate da tornate elettorali andrebbe applicato dalla prossima legislatura. Eccezione questa che vede già serpeggiare malumori politici nel Pdl: “Ma come si fanno rigore e tagli per il caso Lazio e poi si lascia proprio la Pisana a quota 70 consiglieri?”, avrebbe sussurrato più di un consigliere della maggioranza uscente. Non solo. Ci sarebbero anche, e questo Cetica lo ha sottolineato, opportunità economiche che una Regione come il Lazio, con un bilancio precario e ora con l’onta-Fiorito, deve proprio considerare. Le Prefetture avrebbero chiesto alla Regione in vista delle imminenti elezioni l’anticipo di circa 23-27 milioni di euro per approntare il voto. Soldi che al momento la Regione da anticipare non ha e sarebbe necessario fare una variazione di bilancio che richiede appunto tempo. E così tra questioni tecniche ed economiche Polverini prende tempo ora anche col placet di Alemanno.

Il Pd non ci sta, scalpita e chiede “Voto subito” perché “la Regione non può essere ostaggio del duo Alemanno-Polverini”. E l’Idv chiede l’intervento di “Governo e Presidente della Repubblica affinché si vada al voto entro il 2012”.

I tempi, dunque. La legge parla di tre mesi per indire le elezioni dalla data dello scioglimento del Consiglio regionale. Minimo 45 giorni tra il decreto e il giorno delle urne vero e proprio. Così la legge fissa il cronoprogramma in caso di caduta dell’amministrazione regionale. Ma sulla doppia interpretazione di quei 90 giorni si gioca la partita Lazio: per la Polverini è il lasso di tempo entro il quale indire le elezioni ma il ministro Cancellieri come detto ha proposto, sulla scorta di “approfondimenti tecnici”, che la data del voto stesso ricada nei 90 giorni.

Il testo di riferimento è l’articolo 5 della legge regionale 2/2005, che a sua volta sostituisce due articoli della legge 108/1968. “Nei casi di scioglimento del Consiglio regionale (…) – si legge ai commi 1 e 2 – si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione entro tre mesi. Le elezioni sono indette con decreto del Presidente della Regione”. E poi c’è l’art. 3 comma 6 della 108/1968, dove si legge: “I sindaci dei comuni della regione ne danno notizia agli elettori con apposito manifesto che deve essere affisso quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni”.

Ora: il Consiglio regionale del Lazio è stato sciolto per decreto del presidente Mario Abbruzzese lo scorso 28 settembre. E’ questa la data da cui contare i 90 giorni entro i quali Polverini dovrà emettere il decreto di indizione delle elezioni. Il decreto però, stando all’interpretazione corrente della norma, può proiettare in avanti la data delle urne a discrezione del governatore uscente, ovviamente fatti salvi opportunità e prassi. E’ proprio su questa base che Polverini non ha mai nascosto la sua predilezione per l’election day, che sarebbe ragionevolmente in primavera. Del resto, c’è il precedente di Piero Marrazzo: si dimise il 27 ottobre 2009, ma si votò il 28-29 marzo 2010. Ma il ministro dell’Interno ha proposto una interpretazione diversa della norma: anche la data delle elezioni dovrebbe ricadere in quei 90 giorni.

I tre mesi scadono il 28 dicembre. Ma dato che Polverini deve far passare per forza almeno 45 giorni tra il decreto e la data del voto, ecco che la governatrice dimissionaria ha poco, pochissimo tempo rimasto per stabilire il giorno delle urne. Anche perché, per via delle festività, gli ultimi giorni dei tre mesi sono poco praticabili.