Economia & Lobby

Della Valle: “Fiat? Degli improvvisati” Marchionne: “Non rompa le scatole”

Secondo Mr Tod's a Torino gli uffici stampa lavorano più degli uffici progettazione. Il Wall Street Journal: "Il gruppo di Marchionne? Un player minore nei grandi mercati". Clini: "La Fiat negli ultimi 15 anni ha avuto importanti finanziamenti dal Ministero dell’Ambiente io mi aspetterei che sulla base di tutto il lavoro che è stato fatto con i fondi pubblici, Torino oggi rendesse questo al Paese in termini di ricerca e sviluppo"

Fiat? Degli improvvisati colti con le mani nella marmellata. Della Valle? Faccia borsette e la smetta di rompere le scatole. Continuano, con toni sempre più alti, gli affondi a distanza tra il proprietario della Tod’s e i vertici del Lingotto.

‘GLI IMPROVVISATI’. Ad attaccare è stato ancora una volta Della Valle, secondo il quale Torino è stata presa ”con le mani nella marmellata perchè se ne voleva andare, con gli uffici stampa che lavorano più degli uffici progettazione”. Non solo: “Se qualcuno viene dall’estero, tipo la Volkswagen, farà belle macchine. La crisi esiste per chi non ha nulla da vendere”, ha poi detto aggiungendo che non dobbiamo ”perdere tempo a sentire dei chiacchieroni che raccontano banalità che possono essere offensive”.

Secondo il patron della Tod’s, che negli ultimi giorni ha avuto scambi di opinioni molto polemici con i vertici della Fiat, in questo Paese “non è comodo fare delle critiche: poi c’è sempre il gruppo dei benpensanti, magari in malafede, che dicono che non è il modo di fare, ma chiederei agli operai che devono andare a casa” e che stanno ricevendo lettere che prefigurano la perdita del posto di lavoro “se trovano elegante questo modo di fare”. Della Valle ritiene inoltre che per evitare che il made in Italy si trovi in maggiori difficoltà rispetto all’attuale fase economica “dobbiamo sbrigarci, altrimenti andranno avanti solo alcune imprese toniche, magari come acquirenti di altri gruppi stranieri o come prede dall’estero”. L’eventualità che gruppi stranieri comprino in Italia “in un mercato aperto può succedere e comunque chi è venuto dall’estero sta valorizzando quello che ha comprato”.

Dopo l’incontro fra i vertici del Lingotto e il governo, poi, l’imprenditore marchigiano ha criticato “questi improvvisati” che “dicono a noi imprenditori seri che in un momento di crisi non si fanno investimenti per fare nuovi prodotti, mentre noi resistiamo solo perché  innoviamo”. Per l’imprenditore marchigiano si tratta “di cose di una banalità tale che l’indisponenza nasce dal fatto che si vuole prendere in giro con argomenti neanche troppo convincenti”. Inoltre, ha continuato, “qualcuno venerdì scorso in maniera molto elegante con un comunicato stampa ha detto che non avrebbe rispettato più nulla. Vorrei chiedere a loro se trovano elegante questo modo di fare”. Il presidente di Tod’s ha poi sottolineato che “noi siamo una tipologia di impreditori abituati a farcela da soli. Non è che tutte le mattine ci alziamo e andiamo dallo Stato a chiedere aiuti di sorta”.

‘NON ROMPA LE SCATOLE’. “Non parliamo di gente che fa borse, io faccio vetture. Con quanto lui investe in un anno in ricerca e sviluppo, noi non ci facciamo nemmeno una parte di un parafango. La smetta di rompere le scatole”, gli ha mandato a dire a stretto giro Sergio Marchionne che ha presenziato all’assemblea degli industriali torinesi.

Fastidio anche verso la vigilanza dei mercati finanziari. “Tra aprile 2010 e ottobre 2011,Fiat ha ricevuto una raffica di richieste dalla Consob, 19 lettere in cui si chiedevano i dettagli finanziari e tecnici su Fabbrica Italia, un vasto piano strategico, nuovo, coraggioso di lungo periodo che aveva l’obiettivo di aiutare il Paese”, ha sottolineato Marchionne. “Giunti all’esasperazione abbiamo emesso un comunicato, a ottobre dell’anno scorso, ritirando Fabbrica Italia e indicando chiaramente che non avremmo mai più usato quella dicitura nè fornito informazioni sull’entità degli investimenti o sui tempi”, ha aggiunto.

L’azienda nel suo complesso non è malata, è sana ed è in ottima forma”, ha poi detto durante il suo intervento, confermando i target 2012. La Fiat prevede di chiudere il 2012 con ricavi superiori a 77 miliardi di euro, un utile della gestione ordinaria compreso tra 3,8 e 4,5 miliardi – dato che secondo Marchionne “rappresenta il risultato più alto nei 113 anni di storia di una Fiat che includeva la Fiat Industrial”- un utile netto tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro, un indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi, liquidità superiore ai 20 miliardi”. “Smettiamola di credere ai falsi profeti, i super eroi non esistono”, ha aggiunto rilevando che invece “esiste il lavoro di tutti i giorni, l’impegno delle persone che non si rassegnano alla decadenza, l’orgoglio di una nazione che vuole dimostrare di essere all’altezza della propria storia. Unici valori reali su cui ripartire e far ripartire il Paese”. 

“Ho cercato costantemente di coinvolgere in questi 8 anni un partner straniero per la Fiat e non ci sono riuscito”, ha poi aggiunto ammettendo che “in questo ho fallito“. Quanto a un eventuale ingresso dei tedeschi in Italia: “Ben venga la Volkswagen nel nostro Paese, farò di tutto per facilitare il suo ingresso in Italia. Ma, a quelli tra voi che sono sul libro paga di Wolfsburg, chiedo gentilmente di ribadire ai vostri proprietari tedeschi un concetto semplice e chiaro l’Alfa Romeo non è in vendita”.

Anche se “il fatto di attaccarsi allo straniero come salvatore dell’Italia è la più grande pirlata che abbia mai sentito in vita mia. Uno può fare scelte di mercato molto chiare, può comprare macchine che non sono nostre, ma non cerchiamo di ammirare troppo gli altri”, ha detto dopo aver confermato “l’impegno verso questo Paese come la più grande impresa privata italiana faremo tutto il possibile per contribuire alla risoluzione dei temi in agenda”. Quanto all’incontro col governo di sabato 22, “Il passo in avanti è che i fatti sono condivisi: Fiat ha la disponibilità di fare quello che vuole e quando vuole. Non ha bisogno di nessuno, faremo gli investimenti ma non mi chiedete i tempi”.

In fondo, poi, la stoccata a Palazzo Chigi: “Il governo deve fare la sua parteper rimuovere quelle zavorre che stanno ancorando il nostro Paese al passato”, ha detto aggiungendo che ”dobbiamo ricordarci che abbiamo davanti  un’Italia che è ancora tutta da ricostruire. Non ci sono ricette segrete se vogliamo lasciare ai nostri figli un futuro che sia all’altezza delle nostre aspettative di crescita industriale, sociale e civile. Niente che si chiami volontà, impegno e lavoro”. E infine “la nostra non è competizione politica, non siamo a caccia di voti, non organizziamo nè partecipiamo a raduni elettorali o feste in maschera, non siamo un movimento populista con baci, abbracci, foto di gruppo da Vasto. Non abbiamo nessuna coalizione di minoranza a garantirci la poltrona. Ma soprattutto non esprimiamo opinioni su argomenti che non conosciamo e che non sono di nostra competenza. Siamo soltanto noi nei mercati”. 

LA CONTRORISPOSTA. ”Marchionne deve dare le risposte non a Della Valle, ma agli operai che aspettano un posto di lavoro e al governo con cui la Fiat ha preso degli impegni”. E’ stata la replica a distanza dell’imprenditore marchigiano secondo il quale la famiglia Agnelli “ha deciso di abbandonare questo Paese” ma gli italiani “questa volta non sono disposti a far finta di nulla”. 

Fiat, secondo Della Valle, deve pensare ai modelli da produrre e a come far lavorare i dipendenti: “Le colpe le hanno i manager e la famiglia Agnelli che a suo tempo ha deciso di abbandonare questo Paese nonostante la crisi che c’e’ ora, senza minimamente pensare alle conseguenze per gli operai, i fornitori e i concessionari”. Sono cose, conclude, “che trovo veramente scandalose. Credo che gli italiani abbiano chiaro in mente il comportamento che gli Agnelli stanno portando avanti e credo che questa volta non siano disposti a far finta di nulla”.

”Tra imprenditori ci si misura sulla qualità dei prodotti e i suoi fanno veramente riflettere su come intende produrre le auto in futuro”. L’ad del Lingotto per Della Valle, “farebbe meglio a sprecare il suo tempo a far vedere i modelli che vuole vendere, la mia azienda e altre aziende invece non sono in crisi perché continuano ad innovare i loro prodotti”. Quanto all’affermazione di Marchionne che è meglio non presentare nuovi prodotti in tempi di crisi, secondo il presidente della Tod’s “è un’offesa per tutti gli imprenditori seri” e per questo “bisogna prendere atto che sono state dette cose sbagliate e invece di perdere tempo in polemiche inutili sarebbe il caso di pensare a quali macchine vendere e a come far lavorare i dipendenti delle aziende, che non hanno nessuna colpa del fatto che tra un pò si dovranno fermare gli impianti”.

LE REAZIONI DI MONTI, CLINI E PASSERA. Intanto il governo torna a smentire la concessione di nuovi aiuti. “Contribuzioni finanziarie non sono state chieste e se fossero state chieste non sarebbero state concesse”, ha detto il presidente del Consiglio, Mario Monti. “Il governo – ha insistito il premier- è impegnato non a dare aiuti finanziari ma a creare condizioni di contesto che consentano di salvaguardare la produzione industriale”. Mentre da Palermo il ministro dell’Ambiente ha iniziato a battere cassa. “La Fiat negli ultimi quindici anni ha avuto importanti finanziamenti dal Ministero dell’Ambiente per realizzare i prototipi delle auto ibride, elettriche e a idrogeno, per motori che ottengono grandi performance con il gas naturale, io mi aspetterei che sulla base di tutto il lavoro che è stato fatto con i fondi pubblici, Fiat oggi rendesse questo al Paese in termini di ricerca e sviluppo”, ha detto Corrado Clini secondo il quale la posizione del Lingotto in tema di auto ibride ed elettriche è “molto più timida” della concorrenza europea. 

Nel dibattito a distanza si è inserito anche il ministro dello Sviluppo economico. ”C’è una cosa su cui il governo ha detto di non essere d’accordo con la Fiat: si tratta della riduzione degli investimenti in attesa di tempi migliori”, ha detto Corrado Passera spiegando che “c’è poi il problema della ripresa” per un’azienda che non ha investito al momento giusto. ”Lavoreremo nelle prossime settimane per trovare tutte le possibili soluzioni nel rispetto delle regole per facilitare le esportazioni di Fiat e delle imprese italiane”, ha aggiunto. E dopo aver definito ”un successo ilfatto che all’incontro con Fiat non siano stati richiesti incentivi nè siano state annunciate chiusure o esuberi”, ha spiegato che “forse ci possono essere meccanismi per aumentare e rendere più facili le esportazioni. Ci siamo detti vediamo se c’è la possibilità di trovare questi meccanismi per tutte le aziende italiane”. Quanto ai nuovi modelli: “gli stabilimenti italiani si riempiranno solo in funzione di prodotti adeguati e di successo, ci auguriamo in tempi brevi”.

NIENTE ALFA NEGLI USA. Intanto dagli Stati Uniti arriva la notizia che il rilancio dell’Alfa Romeo negli Usa è stato nuovamente rinviato. Questa volta al 2014, mentre l’ultimo termine era stato fissato nella seconda metà 2012. Colpa, secondo il manager, delle difficoltà del settore in Europa. Secondo il Wall Street Journal online che cita concessionari che hanno assistito all’ultimo briefing dell’ad a Las Vegas, però, la Fiat conta di iniziare l’operazione rilancio con un’auto sportiva a due posti e poi una berlina d’alta gamma, la Giulia. Il primo modello sarà costruito in Italia, il secondo a Belvidere, Illinois, in una fabbrica Chrysler.

Marchionne, scrive ancora il quotidiano, sta cercando di gestire Fiat e Chrysler come un unico produttore globale, condividendo parti, disegni e sviluppo, con l’obiettivo di tagliare i costi ed incrementare le economie di scala. “Rendere Alfa Romeo globale, in ogni caso, è un azzardo”, prosegue il Wsj. Usa e Cina sono ipercompetitive e dominati da marchi radicati sul mercato da Volkswagen a General Motors e Toyota. Secondo il giornale, non sarà nemmeno semplice per Alfa imporsi sui leali clienti dei marchi del lusso come Bmw, Mercedes e Lexus. Honda con la Acura e Nissan con l’Infiniti “ci hanno provato per due decenni e stanno ancora lottando”.

Circa la metà delle vendite Fiat provengono dall’Europa e il 35% dal Brasile. Negli altri mercati, prosegue il Wall Street Journal, il Lingotto “è un player minore”. Nella prima metà del 2012, il mercato dell’auto negli Stati Uniti e in Cina ha raggiunto in totale i 14 milioni di pezzi venduti. “In questi mercati, i due più grandi al mondo – conclude il Wsj – Fiat ha venduto appena 43.800 veicoli”.

LE STIME SUL MERCATO. Il mercato mondiale dell’auto nel 2013 crescerà del 4%, così come nel 2012, mentre in Europa il prossimo anno ci sarà ancora un calo del 2-3 per cento, dopo il -6% stimato per il 2012. La crescita globale è legata al dinamismo dei Paesi emergenti ed alla ripresa del mercato americano. Uno scenario che, già da anni, ha determinato una taglio della produzione in Europa e Giappone. In particolare, la produzione tra il 2007 ed il 2011 è scesa del 38,5% in Italia (0,8 milioni), del 27,6% in Giappone (8,4 milioni) e del 24% in Francia (2,3 milioni).

Le stime sono della società di assicurazione dei crediti Euler Hermes che vede nel 2013 la produzione mondiale di auto e veicoli commerciali leggeri in crescita del 4%, lo stesso incremento previsto per il 2012. Così da arrivare il prossimo anno a 87  milioni di unità. La crescita globale sarà conseguenza del buon andamento delle vendite di auto in Cina (+6%), in India (+5%) e in Brasile (+7% nel 2012 e +4% nel 2013 se verranno mantenuti gli incentivi), con tassi ancora più interessanti in Russia (+11% nel 2012, +5% nel 2013). L’analisi fa notare come la crescita delle vendite nei Paesi emergenti abbia fatto spostare la produzione in queste aree: tra il 2007 e il 2011 la delocalizzazione è aumentata del 107% in Cina (18,4 milioni di auto), del 75% in India (3,9 milioni) e del 28% in Messico (2,7 milioni).

Soltanto i costruttori tedeschi, fa notare Euler Hermes, avranno i mezzi per compensare le difficoltà in Europa, grazie ad una forte presenza complessiva di Bmw, Mercedes e gruppo Volkswagen in Cina (2,7 milioni di unità vendute in totale lo scorso anno) e negli Stati Uniti, dove complessivamente i diversi brand tedeschi hanno immatricolato 1 milione di auto.

L’ESPOSTO DI POMIGLIANO.  Le mogli degli operai cassaintegrati della Fiat di Pomigliano saranno le prime firmatarie di una denuncia per chiedere la restituzione al pubblico dell’Alfa Romeo. E’ quanto è stato annunciato nel corso dell’assemblea pubblica organizzata dallo Slai Cobas, nella sede di Pomigliano. “Entro quindici giorni presenteremo l’esposto – ha affermato Vittorio Granillo, del coordinamento nazionale del sindacato di base – e le prime a firmare saranno le donne, le mogli degli operai in cassaintegrazione, pronte a scendere in piazza in difesa del lavoro dei loro mariti. Nell’esposto chiederemo anche la restituzione dei finanziamenti di centinaia di miliardi di euro percepiti indebitamente da Fiat in questi anni. Queste donne, molto coraggiose, stanno ricostruendo un movimento operaio che in Italia era ormai scomparso”.

Granillo, inoltre, ha sostenuto che nelle prossime settimane partirà anche il percorso “per una mobilitazione in vista della scadenza della Cig di luglio prossimo. Non possiamo attendere che arrivi la data prefissata prima di muoverci – ha concluso – e dobbiamo attivarci per una mobilitazione di tutti gli operai in modo da scongiurare i licenziamenti che saranno conseguenti alla fine della cassa integrazione. Purtroppo questo è lo scenario che si prefigura per tutti, in quanto la crisi non accenna a terminare, checchè ne dicano Monti e Marchionne. L’ad Fiat negli ultimi anni ha continuato a fare previsioni sempre sbagliate, ed ora Monti dice che vede una luce, uno spiraglio aprirsi per il nostro futuro. Che dire, forse tra poco avrà anche visioni mistiche”.