Scuola

Scuola, vera rivoluzione?

A Repubblica non commentano ma questo blog è in grado di rivelare che c’è stato un profondo avvicendamento nell’ufficio centrale del quotidiano: ora i titoli di prima pagina li fa Antonio Pioletti dell’università di Catania, presidente della Società Italiana di Filologia Romanza. Se Pioletti sta facendo esami, la consulenza viene assicurata dal vicepresidente Nicolò Pasero dell’università di Genova. Come lo abbiamo scoperto? Semplice: soltanto due docenti di Filologia romanza potevano avere l’idea di usare in prima pagina il termine “rivoluzione” non nel senso moderno di “rovesciamento del governo esistente” ma nel senso che aveva nel latino tardo, quando revolutio (dal verbo revolvere) stava a significare “rivolgimento, ritorno”.

Il titolo“Rivoluzione nella scuola” all’uomo della strada fa pensare a un trauma, a un cambiamento violento e improvviso, a un nuovo regime in cui nulla più sussiste del passato. L’articolo a pagina 3 del giornale di sabato 1 settembre, invece, spiega abilmente che il ministro Francesco Profumo (non precisamente un Che Guevara della Pubblica istruzione, essendo stato professore, rettore del Politecnico di Milano e presidente del Cnr) vuole tornare al passato, come dice lui stesso: “Ho riattivato un antico modo di reclutare personale che trovo modernissimo: il concorso. Ecco, vorrei lasciare in eredità ai giovani una nuova fiducia nei concorsi di Stato. Quelli che faremo noi saranno puliti e porteranno i vincitori a una cattedra”.

Tornare all’antico, ripassare dal punto di partenza, in questo caso segnato dall’articolo 97 della Costituzione: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”. I padri della Patria saranno contenti: dopo 64 anni in cui, apparentemente, il dettato costituzionale era stato ignorato dai governi della Repubblica l’orbita del Ministero torna al punto di partenza e si fanno i concorsi per gli insegnanti.

L’intervistatore, preso dall’entusiasmo per il Subcomandante Marcos di viale Trastevere, osa una domanda imbarazzante: “L’esecutivo taglia la funzione pubblica e riduce i dipendenti statali, lei nella stagione 2012-2013 porterà 55 mila nuovi insegnanti nelle scuole. Come riesce ad applicare politiche alla Hollande all’interno di un governo tutto rigore e liberismo? Risposta: ” Io non sto facendo miracoli, sono solo riuscito a ripristinare il turnover dopo anni di blocco: tanti insegnanti vanno in pensione e tanti ne entrano”. Proprio una rivoluzione.

Subito dopo, Profumo spiega che “Ventunomila nuovi docenti entrano in classe fra tredici giorni, presi dalle graduatorie storiche. Altri ventiquattromila saranno insediati a settembre 2013, metà dalle graduatorie, metà dal nuovo concorso che stiamo organizzando. Altri diecimila insegnanti in primavera: metà assunti dalle graduatorie, metà con un bando”.

Tradotto nel linguaggio dell’uomo della strada significa che dei 55.000 di cui si parla, 21.000 provengono dalle vecchie graduatorie, in base a un accordo tra i sindacati e il governo Berlusconi, definito da una legge. Metà dei 24.000 che entreranno in servizio fra un anno, cioè 12.000, verranno ugualmente dalle graduatorie. Infine, metà dei 10.000 che dovrebbero essere assunti nella primavera del 2013, saranno ancora pescati dalle liste che si sono create negli anni. Quindi 21.000+12.000+5.000=38.000: la “rivoluzione” di Profumo consiste nel fatto che il 69% dei reclutati (se la poco credibile promessa di 55.000 assunzioni sarà mantenuta) proverranno dalle famigerate graduatorie.

Profumo fa l’equilibrista e continua: “Abbiamo due necessità: svuotare una graduatoria dove sono iscritti in 163.000 e dare continuità ai concorsi, farli tornare un’abitudine di questo paese”.

Domanda, che traiamo dall’infografica di Repubblica a p. 3: ma i 163.000 iscritti nelle graduatorie non hanno già vinto un concorso? (In realtà no: in questo numero convivono realtà diversissime: dai vincitori del concorso del 1999, agli abilitati attraverso le SSIS, ai laureati in scienze della formazione e altri). Lo chiedevamo solo per curiosità, per essere certi che il pianeta scuola, nella sua lunga orbita attorniato da asteroidi (i circa 220.000 precari) sia tornato al punto di partenza. Rivoluzione, come insegnano i colleghi di Filologia romanza, non significa altro.