Cronaca

Carlo Maria Martini, un profeta come Gioacchino da Fiore

In Verso Gerusalemme (Feltrinelli, 2002), il suo testamento spirituale, Carlo Maria Martini definì il mistico e teologo Gioacchino da Fiore “il più grande profeta del secondo millennio” insieme a Giorgio La Pira.

Nella sua tesi di laurea, Benedetto XVI trattò dell’abate florense Gioacchino, che credeva possibile la giustizia in questa vita e, idealmente vicino al vangelo di Tommaso e pure al Buddismo, anticipò il francescanesimo su un piano teorico e concreto. 

Gioacchino, la cui causa di beatificazione è ferma in Vaticano, fondò una piccola comunità in Calabria, basata sul lavoro, la pratica religiosa e la contemplazione. Una comunità solidale al suo interno: di individui responsabilizzati, uniti dalla fede e dalla profezia della salvezza; lontani dall’individualismo, dall’homohomini lupus di Hobbes, dall’imperialismo, dal capitalismo e dal dominio dell’altro. 

Le idee di Gioacchino, la sua concezione “politica” e l’utopia del futuro di giustizia trovarono attuazione nelle missioni in Messico dei francescani spiritualisti, i quali, spinti dalla potenza del suo messaggio, mitigarono l’azione del governo spagnolo nelle terre conquistate. Vi sono ampie prove nelle cronache dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo. 

Martini decise di lasciare Milano, dove fu vescovo nell’ultimo Novecento, per ritirarsi in preghiera a Gerusalemme. Questa scelta lo portò a raccontare il senso della sua missione nel volume Verso Gerusalemme, in cui il discorso è condotto come in viaggio. Per le vie di Milano, nelle cui case si vivevano le storie più nascoste e disperate, e lungo il ritorno alla città santa, premessa e meta del credente. 

Forse proprio la capacità di Gioacchino di interpretare e vivere profeticamente le scritture ispirò l’orizzonte del cardinale Martini, la cui ricerca spirituale procedeva con la pratica del sacerdozio, la riflessione interiore, la divulgazione degli studi e delle visioni del biblista, del pastore che era.

Martini è stato sì un profeta. Aveva, come Gioacchino da Fiore, la dote di entrare nella lettera della Bibbia e di leggere il mondo alla luce del senso dei testi, chiarificato, nel tempo suo, per la totale adesione a Dio. Tutt’altro percorso rispetto alla brama del potere, alla negazione dello spirito e all’anticristianesimo di vari potenti della Chiesa.