Diritti

Siria: la storia di Mazen e Yara. Uniti dall’amore, separati dal regime

Mazen Darwish, direttore del Centro siriano per l’informazione e la libertà d’espressione, è in procinto di essere giudicato da un tribunale militare segreto in Siria. Amnesty International, cito testualmente, “considera Mazen Darwish un prigioniero di coscienza, detenuto unicamente a causa del suo pacifico esercizio del diritto alla libertà di espressione e di associazione e per il suo lavoro presso la Scm”. Ho contattato sua moglie, Yara Badr, e le ho posto un paio di domande, convinto della necessità di sottolineare anche il lato umano della vicenda.

Chi è Mazen Darwish?

Mazen è un giornalista e si è laureato in legge a Damasco. Ha due figli, Innana (dea dell’amore nella cultura mesopotamica) e Adad. Ha fondato il Centro Siriano per i Media e la libertà d’espressione nel 2004. L’SCM, dalla sua fondazione, ha pubblicato rapporti importanti riguardo alla libertà d’informazione nel Paese. Uno dei rapporti annuali è incentrato sulla situazione dei media e la censura di Internet. Nel 2011 Mazen è stato anche insignito del premio “Roland Berger”, per la dignità umana. Il 16 febbraio 2012 uomini del governo hanno fatto irruzione nella sede del centro, mentre all’interno stavano lavorando diversi blogger e giornalisti. Durante il blitz sono state arrestate 16 persone, tra le quali Darwish. Il centro ora è chiuso. E’ la terza volta dalla sua fondazione che viene sigillato dalle autorità. Mazen, secondo quello che siamo riusciti a sapere, oltre a quello che è già noto, se ne sta in isolamento e sta male.

Yara, vorrei sapere chi è Mazen per te?

Vorrei essere sincera con te. Mi sembra che sia quasi impossibile rispondere a questa domanda. E’ una domanda molto speciale. Per me Mazen Darwish è il mio insegnante: da lui ho imparato tantissimo nel tempo. Quando la Siria viveva nel silenzio, prima di questa rivolta, Mazen è stato coraggioso. Ha rincorso i suoi desideri, i suoi sogni, senza conoscere la parola disperazione. Io mi fido nella sua capacità di rialzarsi, nuovamente, da questa tragedia. Mazen è un amico che con la sua felicità sembra un bambino. Lui è un amico, un compagno, che credo rimarrà affianco a me sempre. E’ l’uomo con cui sto bene anche nel silenzio. Lui e’ un uomo molto forte con se stesso, non smette mai di credere nelle capacità degli altri, nei loro diritti e nelle seconde opportunità. Oggi, sogno il giorno in cui avremo questa seconda opportunità. Non voglio che i nostri sogni, le nostre vite, finiscano. Continuo a sperare che Mazen un giorno ritorni. Mi auguro che tutto quello che abbiamo vissuto sia un capitolo nei capitoli della nostra storia e non, invece, tutta la storia. Mazen era molto consapevole di quanto sia fragile quello che vediamo: la realtà. Lui descriveva sempre la nostra vita adoperando una frase di una canzone che dice “ un po’ di illusione e follia”. Sogno il giorno in cui tutto finirà e che, in realtà, non sia una cosa vera quello che ho vissuto. Vorrei vivere normalmente, che la nostra vita continui per farci invecchiare insieme. Però, se succedesse quello di cui ho paura, per darmi forza provo a ripetere a me stessa quello che i siriani dicono ogni secondo “mamma, se muoio non piangere. Muoio per far vivere il mio paese”. Se dovesse succedere, Mazen andrà a aggiungersi alle stelle del firmamento e sarà in buona compagnia, perché ci saranno: Ghayath Mattar, Anas Tarcha ecc. Tutte le persone e i giornalisti uccisi per un paese che aspetta la libertà di espressione.

Amnesty International ha pubblicato un appello per chiederne la liberazione che potete trovare qui.