Società

‘Generazione Perduta’, ecco cosa (e chi) c’è dietro la marcia indietro di Mario Monti

Tre settimane fa, in un’intervista a Sette, il premier ha dichiarato che i 30-40enni che oggi non trovano lavoro sono spacciati. Quindi meglio dedicarsi ai più giovani. Al Meeting di Cl a Rimini, però, il dietrofront. Il motivo? Il suo speech writer

Prima l’attacco frontale, poi la marcia indietro. A prima vista senza motivo. E invece un motivo c’è. Tre settimane fa Mario Monti, in un’intervista a Sette del Corriere, ha dichiarato che non c’è niente da fare: i 30-40enni che oggi non trovano lavoro sono spacciati. Quindi meglio limitare i danni della ‘generazione perduta’ e dedicarsi a quelle nuove. Al Meeting di Cl a Rimini, però, ecco il puntuale dietrofront: “Non so se pentirmi di aver usato quell’espressione. Non ho fatto altro che constatare con crudezza una realtà che è davanti agli occhi di tutti: lo ‘sperpero’ di una intera generazione di persone che oggi giovani non lo sono più, alcuni di loro hanno superato i 40 anni d’età, e che pagano le conseguenze gravissime della scarsa lungimiranza di chi, prima di me, non ha onorato il dovere di impegnarsi per loro. (…) Una perdita che danneggia tutti noi, non solo i diretti interessati, a cui non mancano né energie né competenze. Dobbiamo fare tutto quanto è possibile affinché il Paese non perda anche voi”.

Insomma, una mezza marcia indietro. Che non è farina del suo sacco. E che nasconde due notizie. La prima: a provocare il parziale ravvedimento è stato un 35enne che scrive i discorsi del Premier. Si chiama Gianluca Sgueo ed è approdato a quell’incarico dopo che, come tanti ricercatori italiani, non ha trovato collocazione in università. Quel discorso l’ha scritto di suo pugno e Monti lo ha ripercorso a braccio davanti alla plaudente platea ciellina. La seconda: allo stesso tempo, lo speech writer di Monti ha sottoscritto il Manifesto per la GenerazionePerduta, un documento che suona come una risposta al premier e come un atto d’accusa alla classe dirigente del Paese, così incollata alla poltrona da condannare gli under 40 a un futuro di incertezze e di nessun peso. Un manifesto – che per inciso Monti ha citato – con non pochi elementi di contrapposizione al governo attuale, ai precedenti e a tutti i partiti che oggi cinicamente strizzano l’occhio alla generazione che hanno contribuito a smarrire (ultimo, in ordine di tempo, è Gianfranco Fini, con l’idea dei “mille per l’Italia” una campagna d’autunno per fare incetta di idee buone raccolte da società civile e universo giovanile). 

LE STORIE E LE REGOLE, ECCO DA DOVE PARTIRE
Generazione Perduta, dunque. Di che si tratta? Di un movimento? Di un partito? “Niente di tutto questo – spiega Stefano Epifani, uno dei promotori – E’ una reazione pubblica, un gruppo attivo su Facebook di persone nate tra i tardi anni ’60 e i ’70, che hanno deciso di unirsi e organizzarsi, fare rete, costruire proposte e rispondere colpo su colpo a chi vorrebbe archiviare una generazione definendola irrecuperabile. Non chiediamo quote giovani ma che il tema torni al centro dell’agenda politica per consentire ai 30-40 di emergere e diventare protagonisti di una concreta opportunità di ricambio intergenerazionale”.

Un obiettivo che non sembra proprio a tiro. “E’ chiaro – dice con realismo Gianluca Sgueo – che questo governo non avrà il tempo di ricostruire quello che i precedenti hanno demolito, ma alcune cose vanno nella direzione giusta. Sulle start-up è vero che il provvedimento iniziale per le Srl agevolate era per under 35 e intercettava metà della generazione perduta, ma c’erano sostegni anche per gli over 35 e il pacchetto di misure che sta predisponendo Passera per settembre guarderà anche a questa area in grande sofferenza”. Sgueo ha il pallino della democrazia partecipata e sta lavorando a un progetto di legge che regolamenti le lobby che agiscono nell’ombra e riescono a condizionare sistematicamente le scelte economiche e politiche di governo e parlamento (ne ha descritto la fenomenologia in un libro Lobbiyng&lobbismi – Le regole del gioco in una democrazia reale, Egea, 263 pg). “Se ci fosse il tempo – e lo dico per esperienza personale – bisognerebbe riformare il sistema universitario mettendo fine alla piaga dei ricercatori a vita, ridiscutere il sistema dei concorsi pubblici che non seleziona necessariamente una classe di funzionari più capaci e soprattutto in grado di rinnovarsi”.

Insomma, ci sarebbe tanto da fare, ma il tempo stringe. L’obiettivo è dunque quello di costruire rapidamente un gruppo di pressione tale da imporre il tema anche a chi guiderà la XVII Legislatura. Il punto di partenza sembrava lontanissimo ma in 72 ore il Manifesto è stato sottoscritto da un migliaio di firme in pieno agosto. Contiene cinque punti che sono i principi (rispetto, merito, impegno, progetto e fiducia) dai quali partire per poi mettere in campo azioni concrete. Il gruppo, ad esempio, sta raccogliendo le storie di chi – nel lavoro, nella carriera e nell’impresa – ha incontrato sconfitte e vittorie.

“In poche ore – racconta Epifani – sul nostro gruppo Facebook sono arrivate testimonianze di carriere mai nate, di ricercatori afflitti in Italia e comprati a peso d’oro all’estero, di imprese nate dai giovani e morte contro il muro della burocrazia”, racconta. “Le prendiamo, le organizziamo e articoliamo per pubblicare un instant-book da diffondere in tutte le sedi istituzionali e politiche con il messaggio che la generazione non si è perduta, ma è stata dimenticata. E oggi paga il prezzo di questa scelta, che è politica e culturale, e del generale ritardo di tutto il sistema-paese”. Com’è accaduto alla pr di un’azienda del NordEst che si è dovuta fiondare negli Emirati Arabi “per sbloccare un ordine che era stato congelato in attesa di avere garanzie di solvenza, e questo solo per il fatto di operare in un Paese in cima alla black list del rischio default”.

DALL’AUTO BLU A CHI CI STA DENTRO
La prospettiva è anche quella di ribaltare il paradigma dello spreco. “Da anni – spiega Epifani – ci hanno convinto che il problema dell’Italia siano le auto blu o le province da abolire. Ma se ridurle è sacrosanto, è anche vero che questo non cambierà molto per la generazione perduta. Si punta il dito sull’auto blu e la poltrona e non su chi ci sta sopra, magari per 20 anni, togliendo spazio, accesso, ricambio a nuove generazioni. Questo è lo spreco di risorse che si sta consumando in Italia“. Per questo una delle prime proposte di legge di Generazione Perduta punterà alla riduzione dei mandati per chiunque abbia incarichi pubblici e politici. “Servono strumenti innovativi di blocco delle poltrone, dopo 10 anni a casa. Solo così si evita di avere in Parlamento e nei centri nevralgici della cosa pubblica dei settantenni che non hanno alcuna intenzione di cedere i privilegi raggiunti per far spazio a nuove generazioni; oppure i collezionisti di incarichi pubblici come Mastrapasqua, il presidente dell’Inps che ha collezionato 30 incarichi diventando uno degli italiani più ricchi e potenti”.

Altro obiettivo è dare profondità alla massa di persone perdute che finora ha fatto solo piatta e fredda statistica. “Sappiamo che i 30-40enni sono circa 10 milioni, conosciamo quali sono i problemi. Ma non si va molto oltre. Eppure in ambito accademico l’Italia può contare su un buon numero di studiosi dei problemi delle generazioni che potrebbero avere ancora molte cose da dire, da proporre, da spiegare e trasmettere. Esperti che non hanno voce, non vengono ascoltati. Ecco, noi li stiamo identificando e li vogliamo collegare al progetto perché il loro sapere sia a disposizione di chi sarà chiamato a fare scelte che ricadono sui cittadini e sulla società italiana”.