Sport

Andrea Agnelli e il sistema calcio italiano, cronaca di un amore mai sbocciato

L'attacco di ieri del presidente della Juve dopo la conferma della squalifica di Antonio Conte è solo l'ultimo capitolo di una guerra strisciante tra i vertici della Juventus e le istituzioni calcistiche. Una battaglia combattuta a suon di comunicati stampa incendiari

Ieri, a poche ore dalla conferma della squalifica di Antonio Conte per 10 mesi per omessa denuncia da parte della Corte di Giustizia Federale, è arrivata la reazione di Andrea Agnelli sul sito ufficiale della Juventus. Una lettera dai contenuti a dir poco incendiari, che vale la pena di riportare quasi integralmente.

“L’odierna sentenza della Corte di Giustizia Federale conferma i peggiori sospetti sulla vicenda che ha coinvolto Antonio Conte, per fatti asseritamente avvenuti quando egli era tesserato per altra società – ha scritto Andrea Agnelli –  Per molti mesi ho osservato questa situazione con incredulità, accompagnata da un crescente sconcerto, per una giustizia sportiva che somiglia sempre di più ad una caccia alle streghe. Oggi la misura è colma: in presenza di una vittoria giuridica lampante, cioè il proscioglimento per l’omessa denuncia di Novara-Siena che ha fatto emergere le contraddizioni e le ritrattazioni ad orologeria di un ‘pentito’ interessato solamente a sgravare la sua posizione personale, si è deciso di uccidere la logica e di applicare in modo arbitrario una sanzione addirittura raddoppiata. Per mesi ho dovuto sentire le lezioni, provenienti da membri delle istituzioni e illustri opinionisti, che invitavano alla fiducia in un sistema di giustizia sportiva che, in assenza di prove riscontrate, si accontenta di celebrare processi sommari con tempi asimmetrici, caso per caso, filone per filone, forse persona per persona o peggio società per società, e con modalità barbare che non trovano cittadinanza in democrazia. Non solo: questo sistema brandisce dapprima il patteggiamento come facile via d’uscita in spregio al sentimento di giustizia del singolo, salvo poi rifiutarlo immotivatamente. Il sistema deve essere riformato dalle sue fondamenta – è il parere del presidente bianconero – Confido che gli organi di giustizia del Coni, cui con urgenza si farà ricorso, sappiano porre rimedio a questa profonda ingiustizia”.

Ma quella di ieri è stata solo l’ultima frecciata di una lunga serie da parte del rampollo della famiglia Agnelli contro il sistema calcio ed in particolare contro la Federcalcio. Un uomo che s’è sentito derubato, prima da tifoso e poi da presidente bianconero, di due scudetti da parte della giustizia sportiva nel 2006, di una squadra che aveva fior fior di campioni e che ora rischia, Tnas permettendo, di dover fare a meno anche del tecnico che ha riportato alla vittoria (scudetto e Supercoppa Italiana) la sua Signora.

Della serie: c’eravamo tanto amati. Un sentimento mai sbocciato e che difficilmente mai germoglierà tra le due parti visti i molti capitoli che hanno riempito la cronaca degli ultimi anni, sin dai primi vagiti del neo-presidente juventino che a pochi mesi dalla sua elezione comincia la sua battaglia con gli organi sportivi presentando, il 10 maggio 2010, un esposto ai presidenti di CONI e FIGC, alla Procura Federale e al Procuratore Federale Capo, per chiedere la revisione della decisione di assegnare il titolo di Campione d’Italia 2005/’06 all’Inter e pertanto la revoca del titolo medesimo. In attesa della risposta da parte degli organi competenti, a dicembre dello stesso anno Agnelli non perde tempo e ricorda a tutti cos’è stato per lui Calciopoli: “Un procedimento ridicolo. I legali mi hanno detto che non sono riusciti nemmeno a leggere tutte le carte”.

Dopo un anno di silenzio, a maggio del 2011, un’altra bordata: “Se la Figc ci mette più di un anno per rispondere al nostro esposto, allora forse non ha la coscienza troppo pulita”. Il 6 luglio dello stesso anno, alla presentazione delle maglie per la stagione 2011/12, il patron bianconero rincara la dose ed ha un presentimento: “Vogliamo parità di trattamento, ma il nostro timore è che si decida di non decidere: sarebbe la cosa peggiore. Si avrebbe la sensazione che chi giudica non sa prendersi le proprie responsabilità. Ora dalle motivazioni di Palazzi qualcosa di poco limpido emerge. Voglio rispetto per la Juve visto che noi l’abbiamo avuto per le istituzioni e siamo stati l’unica squadra ad aver subito ingenti danni patrimoniali da questa inchiesta”.

Detto, fatto: la richiesta viene respinta il 18 luglio 2011. Motivazione? “Mancano i presupposti giuridici”. Un mese dopo, ad agosto, il numero uno di corso Galileo Ferraris convoca i giornalisti a Roma per una conferenza in cui entra ancora una volta a gamba tesa: “La cosa incredibile è che si è dichiarata incompetente la stessa istituzione che ha lapidato la Juventus nel 2006. Lo stesso sistema che oggi è diventato anche garantista. Lo scudetto del 2006, che il commissario Guido Rossi ha recapitato all’Inter con atto amministrativo, lo hanno chiamato lo scudetto degli onesti, ma a questo punto è lo scudetto dei prescritti”. E la battaglia continua a colpi di frecciate.

A metà novembre l’ennesima stoccata: “Si è svolto un maxiprocesso nel 2006, quello di Calciopoli, in soli quattro mesi arrivando a pesanti condanne, mentre ci sono voluti 14 mesi per rispondere ad un esposto di otto pagine. Un esposto che per 14 mesi è rimasta lettera morta”. Agnelli prova persino ad aprire le porte al dialogo: “Chiedo a Petrucci e al nuovo ministro dello Sport, Piero Gnudi, di fare un passo avanti, di aprire un tavolo politico conciliatorio”. Ma non si presenta nessuno e nel frattempo anche il Tnas si dichiara incompetente: “Voglio ricordare che ero l’unico presidente presente all’udienza per la conciliazione: la Figc e l’Inter hanno mandato solo i loro legali”.

Ovviamente non finisce qui. La battaglia personale tra Juve e Federazione prosegue con animosità. Nello stesso periodo la Juve sferra l’attacco più violento alla Figc chiedendone il commissariamento e presentando al Tar del Lazio la richiesta di risarcimento danni di 443 milioni di euro per i comportamenti illegittimi della stessa federazione sul caso Calciopoli dal 2006 al 2011. E gli strascichi sono arrivati fino ai giorni nostri. Il 13 maggio 2012 la Signora, in una stagione non avara di polemiche (dai rigori non assegnati al gol non visto di Muntari), conquista l’ennesimo scudetto della sua ultracentenaria storia. Secondo gli juventini sono 30, per la Figc e la giustizia sportiva sono 28. Dunque sulla maglia dovrebbe comparire la terza stella. Ma alla presentazione delle nuove divise Agnelli non perde occasione per affondare il colpo e stuzzicare: “Noi contiamo e arriviamo a 30 scudetti, la Lega arriva fino a 28. E quindi abbiamo preso le due stelle e le abbiamo tolte dalla maglia perché non riconosciamo più il conteggio della Federazione”.

Dunque stelle coperte da una toppa e una scritta sul colletto: “30 sul campo“. Ma il presidente chiede anche “la revisione del codice di giustizia sportiva che oggi è piuttosto obsoleto”. Fino alle recenti bordate sul caso scommessopoli che ha coinvolto Conte. Prima dell’ultima nota sul sito ufficiale risalente a ieri, ce n’era stata un’altra (2 agosto) susseguente alla richiesta della Commissione Disciplinare che aveva respinto la richiesta di patteggiamento del tecnico juventino infliggendogli 10 mesi di squalifica poi confermati proprio 24 ore fa dalla Corte di Giustizia Federale. Anche in quel caso Agnelli non è andato troppo per il sottile: “La decisione della Commissione Disciplinare Nazionale della FIGC, che ha opposto un non motivato rifiuto al patteggiamento già ponderato e sottoscritto dal Procuratore Federale, è la testimonianza della totale inadeguatezza del sistema giuridico sportivo, vetusto e contraddittorio, e della Federazione in seno a cui opera. Constato che la Figc e la sua giustizia sportiva continuano a operare fuori da ogni logica di diritto e di correttezza sostanziale. E’ un sistema dittatoriale“. Juve e Federazione Italiana Giuoco Calcio: un amore che non sboccerà mai. E le frecciate non finiranno qui. L’eterno scontro tra le due parti, durissimo, a volte persino rozzo nei toni e nei modi, non terminerà. La stessa Figc ha risposto più volte sdegnata, minacciando il deferimento del presidente Agnelli. Ma il “peccato originale” fu Calciopoli. Da quel giorno la società di corso Galileo Ferraris si sente accerchiata.