Diritti

Iniezioni di staminali adulte, giudice: “Celeste deve proseguire le terapie”

In attesa della decisione definitiva del tribunale che dovrebbe arrivare il 28 agosto, il giudice del lavoro di Venezia Margherita Bortolaso ha depositato un provvedimento per disporre l'effettuazione “di un’infusione immediata" per la bambina di due anni affetta da atrofia muscolare spinale

La piccola Celeste deve poter proseguire le cure con le cellule staminali, perché è in pericolo quotidiano di vita, in attesa della decisione definitiva del tribunale che dovrebbe arrivare il 28 agosto. E’ quanto ha stabilito il giudice del lavoro di Venezia Margherita Bortolaso nel provvedimento depositato in tarda mattinata.

Il giudice Bortolaso, come hanno reso noto i legali della famiglia della bambina, ha disposto in via d’urgenza, ordinandolo all’ospedale di Brescia, l’effettuazione “di un’infusione immediata delle cellule staminali con la metodica già applicata (prelevate dalla madre)”. Viene confermata la richiesta di documentazione agli Ospedali Civili di Brescia, in cui la bimba di due anni, affetta da atrofia muscolare spinale, stava svolgendo la cura compassionevole con cellule staminali adulte.

La vicenda che ruota intorno a Celeste è piuttosto complicata. Nel dicembre 2010 i genitori fanno ricorso al tribunale di Venezia per usufruire della terapia con cellule staminali. Nel gennaio 2011, dopo il via libera del giudice, per la bambina inizia la cura che, a settembre, porta alla certificazione di arresto della malattia. A ottobre 2011 Celeste inizia un’ulteriore terapia a Brescia: con tre trattamenti, riesce a muovere testa e gambe. E’ nel maggio 2012 che l’Aifa e il ministero della Salute intervengono per “bloccare prelievi, trasporti, manipolazioni, coltura, stoccaggio e somministrazione a pazienti di cellule umane” a seguito di un’inchiesta del pm di Torino Raffaele Guariniello sulla onlus Stamina Foundation. Secondo l’accusa, la fondazione guidata da Davide Vannoni, 42 anni, professore associato di scienze cognitive all’università di Udine, appoggiandosi all’ospedale di Brescia, a differenza di come si presentava al pubblico, aveva un vertice ”animato dall’intento di trarre guadagni da pazienti affetti da patologie senza speranza”. Alcune settimane fa la Procura di Torino ha chiuso le indagini preliminari a carico di tredici persone. Fra i reati contestati, l’associazione per delinquere, la somministrazione di farmaci pericolosi, la truffa. La figura centrale è, per l’appunto, considerata quella del presidente della Stamina, Davide Vannoni. La sua società – secondo i pm – chiedeva ai pazienti dai 30 ai 50 mila euro. Spiegando che, nel bonifico, dovevano precisare che il versamento era una ”donazione”, dal momento che certi trattamenti non erano permessi.

Un paziente, colto da malore dopo una puntura lombare, si fece ricoverare in ospedale a San Marino, dove raccontò ai medici che stava seguendo una terapia cellulare: fu invitato a ritrattare, a dire di essersi sbagliato perché in stato confusionale. Nonostante l’inchiesta, i genitori di Celeste si sono opposti al blocco delle terapie: ”Faccio appello – diceva ieri il papà – affinché le persone coinvolte nella vicenda di mia figlia comprendano la gravità di quello che stanno facendo. Qui si parla di vite umane”. Anche l’Asl bresciana ha presentato un ricorso al Tar. Lo stop è un provvedimento amministrativo, e non è stato disposto dalla Procura di Torino. Quello che la Procura di Torino ha fatto è stato indagare, per un paio d’anni, su un gruppo di specialisti che hanno lavorato anche nel capoluogo piemontese. E di informare passo dopo passo il ministero della Salute. Il ministro Renato Balduzzi, dopo il blocco deciso dall’Aifa, ha disposto nuovi accertamenti e ha trasmesso i risultati alla magistratura. 

Secondo l’ordinanza dell’Agenzia del Farmaco, pubblicata lo scorso maggio e basata sull’ispezione dei Nas e degli ispettori dell’Aifa stessa nell’ospedale bresciano, in laboratorio dove viene preparato il trattamento per la piccola Celeste risulta “assolutamente inadeguato”, non igienico, senza protocolli di lavorazione, senza accertamenti di alcun tipo sul materiale biologico prodotto, con medici inconsapevoli di cosa stanno iniettando, cartelle cliniche vaghe e irregolari, senza alcuna sperimentazione clinica ufficiale autorizzata. Un documento durissimo, in cui si definisce quel luogo come “assolutamente inadeguato sia dal punto di vista strutturale sia per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia, pertanto non garantisce la protezione del prodotto da contaminazioni ambientali”.

Questa mattina l’ennesimo rinvio del giudice per la decisione definitiva. Si tratta, precisa la Bortolaso, di un provvedimento assunto “in via provvisoria, nelle more dell’adozione della decisione” rimandata all’esito dell’udienza del 28 agosto. Soddisfatto della posizione del giudice è il papà di Celeste, Gianpaolo Carrer. “Speriamo che sia solo la prima apertura, la prima notizia positiva in questa vicenda – commenta -. Ne ero sicuro perché avevo già notato ieri in udienza l’attenzione con la quale siamo stati ascoltati”.

“La dottoressa Bortolaso ha dimostrato di essere non solo un ottimo professionista ma anche un essere umano – aggiunge il dottor Marino Andolina, il pediatra in pensione che ha seguito la piccola prima a Trieste e poi a Brescia -. Che Dio la benedica”. “Ho già parlato con l’ospedale di Brescia – aggiunge – e sono pronto a partire per andare lì”. Sui tempi necessari per riprendere il trattamento, Andolina non si sbilancia. “Ci vorranno due o tre giorni intanto – conclude – per valutare la vitalità e la sterilità delle cellule” prelevate alla madre e in attesa di essere trapiantate a Celeste.