Politica

Luigi De Magistris: “E’ il momento della Lista arancione con i sindaci”

Il primo cittadino di Napoli lancia il nuovo movimento, ne anticipa possibile nome e composizione. Ma precisa: "Potrei essere tra i fondatori, non mi candido al 100% alle primarie e voglio continuare ad amministrare la mia città"

Sindaco De Magistris, cosa sta mettendo in piedi? Un movimento? Una lista civica?
Intanto un movimento. È qualcosa di più di una lista per la campagna elettorale.

Ma ci sarà anche quella.
L’ipotesi c’è tutta e oggi abbiamo le condizioni per farla.

Quali?
Vogliamo raccogliere le energie disperse dalla politica, c’è la necessità di metterle insieme.

Perché parla al plurale?
Bisogna superare i partiti personalistici. Vale anche per Grillo che, nonostante il movimento, ha fatto lo stesso. Serve un progetto più ambizioso, di governo.

Quindi si dà del lei.
Io non potrò essere l’unico riferimento, pur potendo essere il trascinatore, di questo movimento e della lista civica perché sono assorbito dalla mia attività di sindaco di Napoli.

Non sarà il candidato?
Va evitato il rischio che cresca l’aspettativa che il fondatore faccia un passo avanti.

Niente primarie per De Magistris.
No, al 100%. Ma l’autunno che ci aspetta è caldo, l’economia è a rischio, tutto può accadere.

Sta dicendo che la lista civica può andare direttamente alle elezioni?
Se la situazione s’infiammasse, non ci fossero i soldi nemmeno per pagare gli stipendi, di certo non hanno senso le primarie ma serve un comitato di liberazione nazionale.

Guidato da lei.
Potrei essere tra i fondatori.

E chi ci sarà?
La situazione è fluida. Di certo le energie migliori che i territori hanno prodotto.

Ci siamo: la lista dei sindaci.
Di sicuro una Rete di sindaci. Penso a Milano, Palermo, Bari, Genova, Cagliari. Ma anche altri amministratori, come il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza. O al presidente dell’Anci e sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio.

Loro lo sanno?
Con molti ho parlato, condividono l’esigenza di un protagonismo dei sindaci, Emiliano in primis. Ma ora facciamo il movimento, poi vediamo chi ci sta.

Ne ha parlato col segretario della Fiom, Landini, vero?
Non voglio fare nomi, per non bruciarli. Ma non c’è alternativa alle politiche liberiste senza pezzi di sindacato.

E’ per questo che ha portato in giunta a Napoli Enrico Panini, uno degli uomini-macchina della Cgil?
Credo sarà un buon assessore e potrebbe essere perfetto per organizzare un movimento Arancione.

C’è già il nome allora.
Ne stiamo discutendo. L’arancione ci deve essere nell’ossatura del nome e nei colori. E anche il riferimento alla liberazione. Dalla precarietà, dalla crisi.

Sicuro che non prenderà spunto dalla lista civica “Napoli è tua”?
“Italia è tua” sarebbe un riferimento importante. Abbiamo sempre avuto un’idea negativa dell’appartenenza: i padroni, i politici, la mafia. Invece bisogna riappropriarsi della cultura, dell’istruzione, dei beni comuni e anche del mare e delle montagne .

Simbolo una bandana?
Ma no, per carità, quella sera quando ho vinto ero ‘fuori dal comune’. Però il drappo arancione è sempre con me e ci sarà.

Che aspettative ha in termini di consenso ?
Non faccio previsioni. Quando leggo i sondaggi sui giornali vedo risultati molto buoni, oltre gli sbarramenti. Ma dipenderà molto anche dalla legge elettorale con cui si andrà a votare. C’è davvero una grande spinta.

Quella economica chi la darà?
Il vero plusvalore sarà il capitale umano.

Una bella frase, ma poi servono i soldi.
Come ha dimostrato la mia campagna elettorale a Napoli, si può vincere anche con pochi euro. Non abbiamo finanziatori alle spalle, se è quello che vi state chiedendo.

Il programma?
Il capitalismo è in fase terminale, ci sono profonde disuguaglianze nel Paese. Attraverso il concetto di bene comune dobbiamo stimolare la partecipazione di cittadini e la loro creatività. Poi combattere la precarietà e proseguire su diritti sociali e civili.

Vendola è l’alleato perfetto.
Ho un bel rapporto con Nichi, ma non ho capito il suo cambio di passo e l’ho scritto. Interlocutori naturali sono Idv, Sel, Federazione della Sinistra, Verdi.

E il Pd?
Possiamo dialogare. Con Bersani non ho difficoltà. Ma quando si va a cercare una sintesi di governo sul territorio è troppo difficile. Il sostegno alle politiche liberiste del governo Monti e ad alcune leggi che hanno approvato non sono condivisibili.

Non punterà ai moderati.
I moderati hanno voglia di radicalità e di un messaggio politico chiaro. In molti mi hanno votato a Napoli. Per conquistarli servono candidati credibili per la loro storia, non operazioni algebriche come quella di Vasto.

Da che parte sta nel dibattito interno all’Italia dei valori?
Io non ho confermato la mia iscrizione all’Idv. Faccio il sindaco e ritengo necessario mantenere un profilo istituzionale per essere il primo cittadino di tutti. Ma è il partito a cui affettivamente e politicamente sono più vicino. E credo che senza Di Pietro l’Idv non sarebbe la stessa cosa, come il centrosinistra.

Dal quale il movimento Arancione resterà fuori.
Bisogna andare oltre i partiti. È quello che ci chiede il Paese.

Come sono i rapporti con Napolitano?
Dal punto di vista istituzionali buoni, ci incontriamo e telefoniamo spesso, apprezzo la sua attenzione per Napoli.

E sulla vicenda Mancino?
Su Mancino e sulla trattativa Stato-mafia la mia posizione è chiara: il 19 luglio sono stato tutto il giorno in via D’Amelio e mi sono emozionato a parlare da quel palco.

Parlamento europeo, Napoli, Montecitorio. Non sta bruciando le tappe?
Mi sento quasi in colpa per non averlo fatto prima. Ho richieste continue d’impegno nazionale, farò un atto di generosità perché ho poco tempo, ma non posso restare alla finestra. Ribadisco, però, voglio restare sindaco.

Anche in quella veste ha avuto diversi problemi. Prima se n’è andato Rossi, poi Vecchioni, Narducci e ora Realfonzo. Nulla da rimproverarsi?
Sono quattro casi molto diversi. Rossi aveva poca esperienza politica, perfetto per un movimento Arancione, ma non per una città difficile come Napoli. Con Vecchioni ho ottimi rapporti, ma lui è un artista, non se la sentiva di fare il manager. Narducci l’avrei voluto in Parlamento a difendere la magistratura per il progetto Arancione, ma alla fine ha scelto di dimettersi. Realfonzo l’abbiamo mandato via perché nonostante avesse avuto carta bianca, si fosse scelto i funzionari che voleva, non ha trovato nessuna soluzione alle sfide che Napoli e questo momento storico richiedono.

Neanche un briciolo di autocritica.
Ci pensavo ieri sera andando a casa. Ho una personalità molto forte, stabilisco legami importanti con le persone che lavorano con me, non solo professionali. Quando si lacerano ci sono sempre ricadute, come in una famiglia. Ma errare è umano.

da Il Fatto Quotidiano del 3 agosto 2012