Ambiente & Veleni

Chi inquina paga? Magari

Una cosa in comune di gran parte delle aziende italiane è la frequente sottovalutazione dei rischi ambientali, non tanto quelli che l’azienda subisce in caso di eventi naturali, quanto i danni che la stessa può arrecare all’ambiente in caso di evento inquinante.

Ogni giorno nel nostro paese si verificano eventi di inquinamento di piccola e grande entità: sversamenti di sostanze pericolose, rotture di condotte interrate, percolamenti da aree di deposito, incendi che sono tra le cause più frequenti di contaminazione del suolo, falda e corpi idrici superficiali oltre che di danni alle persone e alle cose.

Ci sono alcuni settori che più facilmente vengono associati a varie forme di inquinamento come quello petrolifero o chimico; certamente il rischio intrinseco di queste attività è molto alto, ma anche settori considerati più innocui possono fare danni di grave entità.

Ecco qualche esempio dalla cronaca italiana di queste settimane: 

Ma cosa prevede la normativa italiana? È efficace? La normativa sulle bonifiche ha introdotto in Italia il principio chi inquina paga già nel 1997, prima di altri paesi europei.

Molte aziende si trovano fortemente impreparate quando sono responsabili di eventi inquinanti, scoprono troppo tardi che oltre alla Responsabilità civile hanno anche una Responsabilità ambientale e che i costi da sostenere in caso di contaminazione delle matrici ambientali possono essere davvero alti, oltre al fatto che gli interventi di bonifica possono durare anche molti anni.

Ma tante sono le aziende che impreparate di fronte a questa evenienza non avendo valutato né tanto meno gestito tale rischio si trovano in gravi difficoltà a sostenere le spese di bonifica, i danni alle persone, alle cose, ecc.
Chi finisce quindi con il sostenere tali spese?

Nel caso in cui l’azienda risulti insolvente sono gli enti pubblici che finiscono con il pagare per le bonifiche (sempre che abbiano fondi a sufficienza). Quindi attraverso le tasse siamo anche noi a contribuire.

Questo rischio non solo è ampiamente sottovalutato dalle imprese ma anche dalle banche che non considerano i rischi ambientali tra i fattori che possono determinare il fallimento dell’impresa insieme ai parametri economici.

Per ovviare al problema dell’insolvenza delle imprese alcuni enti pubblici già da diversi anni hanno cominciato a richiedere alle aziende, unitamente alla concessione dell’autorizzazione all’esercizio e ad una fidejussione di stipulare una polizza dedicata per i danni da inquinamento. La Regione Veneto ad esempio l’ha introdotta nel 1999 per tutte le aziende che stoccano o trattano rifiuti (D.G.R. 2528/1999). In maniera autonoma hanno seguito l’esempio del Veneto anche la Provincia di Genova e quella di Bari anche se in modo meno strutturato e sistematico. Il trasferimento assicurativo del rischio è una delle possibili soluzioni per proteggere il patrimonio aziendale ma anche come garanzia per gli enti così come per la comunità che i danni vengano risarciti e che le matrici ambientali vengano bonificate e ripristinate. Naturalmente sarebbe auspicabile una maggiore armonizzazione di tali obblighi sul territorio nazionale oltre che all’interno dell’Unione Europea per evitare disparità di obblighi.

In Italia meno dell’1% delle imprese potenzialmente inquinanti ha una polizza dedicata per i danni da inquinamento, c’è ancora molto da fare per sensibilizzare le imprese a gestire meglio questo rischio e a non farsi trovare impreparate.