Scienza

A Roma primo centro europeo con tecnica “Exit” per bebè a rischio

La tecnica consiste nell’intubare il neonato quando è ancora all’inizio del parto, in modo da garantire sempre la sua corretta ossigenazione. A presentare l'inizitiva oggi a Roma il policlinico Gemelli e l’ospedale Bambino Gesù, che hanno realizzato il centro dove sono già stati effettuati con successo due interventi

Nascerà a Roma il primo centro d’Europa specializzato nella tecnica “Exit”, che consiste nell’intubare il neonato quando è ancora all’inizio del parto, in modo da garantire sempre la sua corretta ossigenazione. A presentarlo oggi a Roma il policlinico Gemelli e l’ospedale Bambino Gesù, che hanno realizzato il centro dove sono già stati effettuati con successo due interventi. La metodica, che coinvolge fino a 15 operatori, consiste nell’estrazione parziale del neonato durante il taglio cesareo senza che avvenga il distacco della placenta, che continua a ossigenarlo. Il feto viene quindi intubato, e solo dopo che si è assicurata la funzione delle vie aeree il parto viene completato. Questo permette di operare in sicurezza nei casi, soprattutto malformazioni delle vie aeree, in cui alla nascita il bambino non respira da solo, e ha bisogno di procedure d’urgenza che in questo caso vengono invece evitate: “Questa è la prova che si può fare innovazione anche senza gravare sui costi – ha sottolineato Maurizio Guizzardi, direttore del Gemelli – questa alleanza con il Gemelli è una buona notizia per Roma e per l’Italia”. I problemi fetali che possono essere aiutati dalla tecnica hanno un’incidenza di qualche decina l’anno nel nostro paese, ma quello del centro è solo il primo passo: “L’importante è essere i primi ad arrivare su questa frontiera – sottolinea Giuseppe Profiti, presidente del Bambino Gesù – questo ci consente di essere pronti per il futuro, che sarà fatto di interventi direttamente in utero”.

Exit è una tecnica che nasce negli Stati Uniti a fine anni ’90, accessibile negli Usa per le mamme e i papà preoccupati per l’individuazione di possibili patologie del bimbo da trattare chirurgicamente in utero. Pochissimi i casi, invece, in cui il metodo Exit trova spazio in Europa. Almeno fino ad oggi, anche se gli esperti stimano che questo approccio al feto che diventa neonato, permetta una riduzione della mortalità dal 56-60% all’ 8-10%. “Credo che il valore più profondo della procedura Exit applicata a questi casi di gravi patologie malformative congenite – sottolinea Leonardo Caforio, Dirigente medico Patologia ostetrica e ginecologica del Policlinico Gemelli e Responsabile ambulatorio di Fisiopatologia fetale del Bambino Gesu’ – risiede proprio nel fatto che è in grado di offrire una scelta e una concreta speranza a tante coppie di futuri genitori proiettati bruscamente in una dimensione di angoscia e di disperazione, in una fase della vita, la gravidanza, che dovrebbe essere solo motivo di felicità e serene aspettative”.