Società

Lo sguardo di Borsellino è il nostro sguardo

Ho deciso di guardare con calma lo speciale Tg1 dedicato a Paolo Borsellino andato in onda domenica notte. Perché volevo essere in grado di coglierne ogni aspetto anche e soprattutto linguistico: e una visione notturna stanco e stravaccato sul divano non è il massimo per compiere un’operazione del genere.

Dopo la visione mi sento di dire che quell’ora di televisione (ricordiamoci sempre che stiamo parlando di Rai1 e dello spazio che ha onorato, tra l’altro, in modo indecente Bettino Craxi e il craxismo un annetto fa) rappresenta a tutt’oggi, tanto per cominciare, l’antidoto alla prima serata celebrativa su Padre Pio con tanto di chilometrica chiacchierata con Donna Assunta Almirante e spezzoni di un vecchio “Mixer” in cui a parlare del contestato frate era l’Almirante medesimo.

Va da sè che non è una questione di parte: anche Paolo Borsellino non faceva mistero di essere un uomo di destra, di quella stessa destra di cui l’ex repubblichino di Salò era capofila. Il fatto è che nella indecente (ripetizione voluta) serata su Padre Pio l’intento era catechistico, a voler essere morbidi col termine: si trattava (oltre che altri ed eventuali motivi, di lobbyng e di pecunia) di far incrociare lo sguardo dell’eventuale telespettatore con quello che mi dicono non essere stato sempre amorevole e talvolta inquietante del cappuccino di San Giovanni Rotondo.

Nel caso de “L’uomo che sapeva di morire“, grazie ad un sapiente montaggio, lo sguardo di Borsellino che osservava il suo assassinio, il tramare di larghe fette dello Stato contro di lui e a favore della “Trattativa” con la mafia, era il nostro sguardo. E non era (lui che era uomo di fede profonda) uno sguardo catechistico: era lo sguardo di un uomo libero, angosciato e segnato che vedeva compiersi il suo destino. Era lo sguardo di tutti quelli che pensano a chiare lettere che bene e male esistano: e che Borsellino, Falcone, Ninni Cassarà, il giudice Livatino, i ragazzi delle scorte di Via d’Amelio e Capaci e di tutti i morti di mafia siano il bene; e coloro che con quegli assassini hanno trattato e tramato siano il male. E che una “narrazione” del genere con espliciti riferimenti a quelle trame sia andata in onda su Rai1 è probabilmente un miracolo, per restare nella metafora religiosa, di Paolo Borsellino.