Società

Michael Sandel e le cose che il denaro non dovrebbe comprare

Michael Sandel ha più seguaci dei Rolling Stones, almeno a Tokyo. Qualche mese fa, i biglietti per un evento a cui partecipava (gratuiti e assegnati per sorteggio) venivano venduti dai bagarini on line per 400 euro. Fuori dell’auditorium la fila dei giovani che speravano in qualche modo di entrare si estendeva per parecchi isolati. Ciò che è sorprendente, nell’età dell’ignoranza in cui viviamo, è che Sandel non suona, non canta, non è un mago delle diete, non ha vinto il reality show American Idol, non è fidanzato con Charlize Theron e non è reduce da una missione nello spazio.

Michael Sandel è un filosofo. Da 30 anni insegna ad Harvard un corso che si intitola “Giustizia”.

La televisione giapponese ha tradotto una serie di lezioni televisive prodotte dalla Pbs di Boston nel 2009 e in Cina sono stati dei volontari a sottotitolare il programma e a metterlo a disposizione su Internet. Le università cinesi lo invitano e creano dei corsi per studiare il suo pensiero.

Cosa dice Sandel di così interessante da attrarre le folle? Il suo ultimo libro, What money can’t buy, inizia con una serie di domande: è giusto permettere ai carcerati di pagare per una cella migliore? (prezzo: 82 dollari per notte). È giusto permettere a chi investe $500.000 di poter avere una residenza permanente negli Stati Uniti? E pagare 150.000 dollari per poter sparare a un rinoceronte nero, una specie a rischio di estinzione? Ottenere il numero di cellulare del vostro medico, e la garanzia di una visita in giornata? (negli Stati Uniti, $1.500). Affittare una parte del vostro corpo come spazio pubblicitario realizzato attraverso tatuaggi? ($777). Fare il mercenario in Somalia o in Afghanistan? (da 250 dollari al mese fino a 1.000 dollari al giorno secondo il contratto e la pericolosità della zona di operazioni). Comprare la polizza di assicurazione di una vecchietta e pagare i premi fino alla morte, per poi incassare? (costo variabile secondo la polizza).

Sandel sfida i suoi interlocutori a tracciare un confine tra pratiche commerciali che ci sembrano di routine in una società di mercato e la mercificazione di relazioni sociali che fino a ieri ci sembravano intoccabili, quando non sacre. “Viviamo in un’epoca in cui quasi ogni cosa può essere comprata e venduta. Negli ultimi tre decenni i mercati – e i valori di mercato – sono arrivati a governare le nostre vite come non era mai accaduto prima. Non siamo arrivati a questa situazione per scelta deliberata, è quasi come se ci fosse arrivata addosso”.

Sandel sottolinea che molti, in particolare dopo lo scoppio della crisi economica nel 2008, hanno messo sotto accusa “l’avidità” dei banchieri e hanno chiesto maggiori integrità nei comportamenti e regole più severe per garantire che la finanza resti entro i limiti dovuti. Il docente di Harvard è scettico su questa spiegazione: ciò che è accaduto, dice, è stata “l’espansione dei valori di mercato in sfere della vita dove non dovrebbero entrare. (…) Dobbiamo chiederci se ci sono alcune cose che il denaro non dovrebbe poter comprare”.

Sandel fa l’esempio dell’amicizia: non si possono comprare o affittare degli “amici” perché la fiducia e l’intimità che un’amicizia porta con sé sono irrealizzabili all’interno di una relazione mercenaria. Si possono invece comprare privilegi grandi e piccoli, dal diritto di entrare per primi in cabina se pagate 6 euro a Ryan Air fino alla possibilità di affittare l’utero di una donna indiana per portare a termine una gravidanza che una coppia occidentale non potrebbe concludere con successo (circa 6.000 dollari). Dobbiamo quindi distinguere fra cose che letteralmente il denaro non può comprare e cose che si possono comprare ma non dovrebbero essere in vendita.

La mercificazione della vita attuale è dovuta alla rinuncia a riflettere, con il metodo socratico, su dove vogliamo porre limiti al mercato, su quali valori (l’equaglianza, l’equità, la coesione sociale) vengono distrutti dalla commercializzazione. Decretando il successo di massa di Sandel, le società asiatiche ossessionate dallo sviluppo economico sono state più pronte a riconoscere la necessità di un antidoto di quanto non siamo stati noi (che per un po’ di crescita “alla cinese” venderemmo non solo l’anima ma anche tutti i parenti e i concittadini a Mefistofele).