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Nord Irlanda, dopo 40 anni la polizia indaga sui fatti del Bloody Sunday

L'inchiesta, che si preannuncia molto lunga, cercherà di fare luce sulla "domenica di sangue" del 30 gennaio 1972, quando l'esercito britannico aprì il fuoco contro una manifestazione per i diritti civili a Derry provocando 14 vittime

La polizia nordirlandese ha annunciato ieri l’apertura di un’inchiesta per omicidio per i fatti del Bloody Sunday. La data di inizio non è ancora certa, al momento si sa soltanto che sarà lunga, tre forse quattro anni, e che potrebbe impegnare non meno di 30 investigatori esperti. Risorse tali però da bloccare un avvio immediato delle indagini che potrebbero inoltre avere ripercussioni sul governo locale formato dopo gli accordi di pace. Il primo ministro nordirlandese, Peter Robinson – esponente filounionista – ha infatti esortato gli agenti a fare chiarezza sul ruolo di Martin Guninnes, suo vice nel governo di coalizione, ma su posizioni repubblicane e all’epoca dei fatti al vertice dell’Irish Repubblican Army, l’Ira.

Il 30 gennaio 1972, passato alla storia come la domenica di sangue, fu uno degli episodi più bui dei cosiddetti troubles, il conflitto per l’indipendenza del Nord Irlanda dal Regno Unito che dal 1969 ha causato oltre 3.600 morti.

I soldati del primo battaglione del reggimento paracadutisti dell’esercito britannico aprirono il fuoco contro una manifestazione per i diritti civili a Derry. I morti di quel giorno furono 13, una quattordicesima vittima si spense quattro mesi dopo per le ferite riportate. Una strage che contribuì alla radicalizzazione del conflitto e negli anni successivi spinse molti giovani a unirsi alla guerriglia urbana dell’Ira.

“Riteniamo che un’inchiesta debba essere fatta e un’inchiesta si farà”, ha spiegato il capo della polizia nordirlandese, Matt Baggott. L’inchiesta è la diretta conseguenza di quanto emerso due anni fa dal rapporto della commissione di indagine presieduta dal Lord della Corte suprema di giustizia, Lord Saville di Newdigate, frutto di un lavoro durato 12 anni. Un documento che ristabilì la verità su quanto accaduto. Lord Saville, nominato nel 1998 dall’allora primo ministro Tony Blair, stabilì che nessuno tra i morti e i feriti di quel giorno ebbe responsabilità nella sparatoria e che tutti erano innocenti. Inoltre nessuno tra loro “rappresentava una minaccia in grado di provocare morte o gravi lesioni”, nessuno era armato e nessuno “lanciò o minaccio di lanciare bombe artigianali o bottiglie molotov contro i soldati”.

Molte delle testimonianze dei militari furono inoltre fabbricate e i soldati mentirono deliberatamente per giustificare il loro comportamento sostenendo di aver sparato contro uomini armati o in procinto di lanciare ordigni. Conclusioni che a giugno di due anni fa spinsero il premier britannico, David Cameron, a chiedere scusa per un atto “ingiustificato” e “ingiustificabile” e che screditarono la commissione d’inchiesta istituita 38 anni prima, subito dopo la domenica di sangue, presieduta da Lord Widgery e il suo incongruente rapporto finale che scagionava i soldati.

L’annuncio dell’inchiesta ha riportato al centro dell’attenzione Martin McGuinness, protagonista la scorsa settimana di una storica stretta di mano con la regina Elisabetta II in occasione della visita della sovrana a Belfast per le celebrazioni dei suoi 60 anni di regno. Secondo quanto emerso dal rapporto Saville, infatti, McGuinness, all’epoca comandante dell’Ira a Derry, era armato, ma non si rese responsabile di alcuna azione che avrebbe potuto spingere i militari a reagire. Il vice primo ministro ha comunque fatto sapere di essere pronto a chiarire la sua posizione, come chiesto da Robinson.

“L’apertura di un inchiesta è certamente una buona notizia, ma era qualcosa che aspettavamo in ogni caso”, ha commentato alle agenzie John Kelly, fratello di Michael, morto a diciassette anni nel massacro, “I soldati sarebbero dovuti essere arrestati e processati già allora per quello che si è appreso dal rapporto. Ma quanto detto oggi è un passo verso la giusta direzione. La mia famiglia e i familiari di molte altre vittime vogliono un processo”.

Tuttavia, ha messo le mani avanti il vice-capo della polizia nordirlandese, Drew Harris, la volontà di aprire un’inchiesta si scontra con la carenza di risorse, sia in uomini sia in finanziamenti, necessari per portare avanti un caso di questa portata, che rischiano di essere sottratti ad altre attività di sicurezza pubblica. Nonostante ciò, ha assicurato la polizia per fugare ogni dubbio, l’inchiesta si farà, sebbene gli scettici ritengano che sia più importante dedicarsi al consolidamento del processo di pace avviato con gli accordi del Venerdì Santo nell’aprile 1998.

di Andrea Pira