Diritti

Gay nell’Arma? “Eccomi”

Che non vi sia alcun legame tra l’essere gay e l’essere (anche) delle brave persone, credo non possa essere messo seriamente in dubbio. Che si possa essere dei bravi militari, poliziotti o funzionari pubblici, essendo contemporaneamente gay, neppure.

Ma allora perché ci si ostina a sostenere che vi è un problema quando i gay si mostrano in pubblico? E non parlo solo del Gay Pride – sacrosanta manifestazione di libertà garantita dalla Costituzione, come molti spesso dimenticano – ma anche del semplice fatto di parlare liberamente di sé coi colleghi di lavoro o di baciarsi o tenersi per mano per strada, esattamente come fanno le coppie eterosessuali.

Perché, dicevo, la giunta comunale di Bassano del Grappa ha vietato una marcia per l’orgoglio omosessuale sul Ponte di Bassano, adducendo il fatto che così si violerebbe un luogo sacro per gli Alpini? Forse non ci sono gay tra gli Alpini. E se per caso ve ne fossero? Gli Alpini sono forse omofobi? Non si può forse essere un Alpino e contemporaneamente essere gay? La divisa è incompatibile con un determinato orientamento sessuale?

Le domande che si susseguono nella mia testa conducono alla notizia più recente. Quella della lettera inviata da un appuntato scelto della Guardia di Finanza, che ha reagito alle parole del Generale Gasparri (sì, il fratello…) secondo il quale – riporta il Corriere della Sera – “ammettere di essere gay, magari facendolo su un social network, come un graduato della Guardia di Finanza, non è pertinente allo status di Carabiniere“.

In verità le parole sono state ben più pesanti, come riporta il sito Vogliosposaretizianoferro: “L’Arma è come un treno in corsa, i passeggeri sono vincolati, prima di scendere, alla responsabilità di lasciare pulito il posto occupato. Gli ufficiali del Ruolo Speciale che fanno il ricorso, i giovani ufficiali dell`applicativo che fanno istanze per avvicinarsi alla famiglia, gli omosessuali che ostentano la loro condizione, sono in sintesi tutti passeggeri sciagurati dell’antico treno, potenzialmente responsabili della sporcizia o del deragliamento.”

Essere gay è dunque una macchia difficilmente cancellabile. O la causa di un disastro ferroviario.

Queste parole, dice il coraggioso appuntato, “pesano come un macigno che cade in testa a quei militari che, magari dopo tanta fatica e sofferenza interiore, avevano deciso di uscire alla luce del sole. Sperando di essere giudicati non per chi si portano a letto o per chi amano, ma solo in quanto buoni militari”.

Di più. Il fatto che un simile pregiudizio sia espresso in modo tanto brutale da una persona in posizioni di comando e in pubblico la dice lunga sulla strada che il nostro Paese deve ancora fare sulla via del riconoscimento del valore reale della persona a prescindere dal suo orientamento sessuale. Spesso si richiama il Don’t Ask Don’t Tell, la normativa americana con la quale il Generale Gasparri andrebbe a nozze, abrogata da Obama nel 2010. Ma vorrei solo ricordare che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato la stessa normativa illegittima, con riguardo al Regno Unito, nel 1999, quando Obama ancora nessuno sapeva chi fosse!

Gli europei arrivano sempre prima degli americani.

E gli italiani in questa corsa arrivano sempre dopo.