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Euro 2012 – Stasera Portogallo-Spagna, il derby iberico che vale la finale

La sfida di stasera non è solo Cristiano Ronaldo contro il collettivo spagnolo: è anche Barcellona contro Real Madrid nonché il confronto tra due stili di gioco. La squadra di Del Bosque gioca come i catalani di Guardiola, i lusitani come il team di Mourinho

Comincia stasera a Donetsk, con la prima semifinale di Euro 2012 tra Portogallo e Spagna, l’assalto dei porcellini alla locomotiva tedesca. Fuori il primo Piigs, l’Irlanda, nelle eliminatorie, e fuori il secondo, la Grecia, eliminato 4-2 nei quarti di finale proprio dalla strega cattiva che terrorizza l’Europa, sono rimasti in tre porcellini. In finale ne andrà sicuramente uno, quello che uscirà vincente dalla sfida di stasera, anche se molti in tutto il continente tifano Italia perché ne vadano due: ma questo lo sapremo solo domani sera. Oggi intanto Euro 2012 presenta un derby iberico che si preannuncia spettacolare, da godersi nel nome delle affinità e delle divergenze che accomunano e separano Spagna e Portogallo.

Le affinità le ha raccontate magistralmente Saramago (scrittore portoghese Nobel per la letteratura che scelse di vivere in Spagna) nel suo La zattera di pietra, dove immaginava che la penisola iberica si staccasse continente e vagasse alla deriva nell’oceano: ripudiati dall’Europa, i due popoli riscoprirono la fratellanza e il patrimonio comune di riti e culture. Le divergenze sono invece prettamente calcistiche, e servono ad aumentare i motivi d’interesse nei confronti della partita. Presentata dai più come una sfida tra il singolo (Cristiano Ronaldo, fin qui il miglior giocatore di Euro 2012) e il collettivo (le furie rosse spagnole), questa lettura rischia di sottovalutare la forza e la compattezza d’insieme della squadra lusitana, che rimane una seria candidata alla vittoria finale.

Piuttosto è lampante la sfida nella sfida, con l’ennesima riedizione del clasico tra Barcellona e Real Madrid. Nei giocatori: da una parte Piqué, Xavi, Busquetes, Iniesta, Fabregas e Pedro; dall’altra Pepe, Coentrao e Ronaldo. E nel modo di giocare: da una parte il possesso palla prolungato e la rinuncia al centravanti (con Fabregas finto numero 9) deciso dal tecnico Del Bosque sulla falsariga del modulo di Guardiola; dall’altra le accelerazioni improvvise sulle fasce e il centravanti di fatica che (come Benzema nel Real) rientra per aprire gli spazi a Ronaldo, e qui è chiaro il debito del giovane tecnico Bento nei confronti di Mourinho, tra l’altro sempre presente in tribuna.

A differenza del Barcellona però, la Spagna quando il gioco si fa duro non subisce gol, ma segna pochissimo. Nelle 8 partite a eliminazione diretta degli ultimi tre tornei, due dei quali vinti, non ha mai subito una rete. Ma ben 5 partite le ha vinte 1-0, e un’altra l’ha pareggiata 0-0 per poi vincerla ai rigori, contro l’Italia a Euro 2008. E a differenza del Real il Portogallo, dato che in nazionale non si possono acquistare galacticos, continua a soffrire l’atavica maledizione del centravanti: dopo il grande Eusebio (mezzo secolo fa) nessun attaccante è mai stato in grado di capitalizzare in rete l’enorme mole di occasioni create dai lusitani, che hanno infatti vinto molto meno di quanto meritato.

In caso di vittoria, per il Portogallo abbonato alle semifinali (Mondiali 1966 e 2006, Europei 1984 e 2000) sarebbe infatti la seconda finale della storia in un torneo internazionale, dopo la sconfitta contro la Grecia nell’europeo del 2004 giocato in casa. Mentre per la Spagna si tratterebbe addirittura della terza finale consecutiva (la quarta in assoluto, contando la vittoria all’Europeo del 1964) dopo Euro 2008 e Mondiale 2010. Numeri che rimangono comunque ben lontani da quelli che saranno in campo domani a Varsavia nella sfida tra Italia (4 mondiali e 1 Europeo) e Germania (3 Mondiali e 3 Europei), ma che non per questo diminuiscono il fascino della partita. La zattera di pietra è pronta a salpare nuovamente, questa volta verso la finalissima di Kiev.