Giustizia & Impunità

Caso Rostagno, ex carabiniere: ‘Pisapia sapeva’. Lui: ‘Nessun fondamento’

Nella 31esima udienza del processo per l'assassinio del giornalista, torna il rapporto segreto dell'ex colonnello Dell'Anna che metteva in collegamento il fatto di sangue con l'azione di Lotta Continua e l'omicidio Calabresi per via di un interrogatorio richiesto dall'attuale sindaco di Milano che allora era avvocato di Rostagno

Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, si è dato una regola: non commentare fatti che riguardino il suo passato professionale di avvocato. Ma oggi ha dovuto fare un’eccezione, perché all’altro capo del Paese, a Trapani, un ex colonnello dei carabinieri, Elio Dell’Anna, l’ha tirato in ballo durante un’udienza (la trentunesima) del processo per l’omicidio di Mauro Rostagno – il sociologo giornalista ucciso in un agguato 24 anni fa – nel quale sono alla sbarra due mafiosi, Vincenzo Virga e Vito Mazzara.

Dell’Anna, oggi poco meno che sessantenne, è tornato sul famoso rapporto riservato che scrisse nel novembre del 1992, dopo un incontro informale con Antonio Lombardi, il giudice che aveva steso il rinvio a giudizio di Adriano Sofri e compagni per l’omicidio del commissario Calabresi. In quel rapporto, Dell’Anna sosteneva che Lombardi gli aveva confidato la convinzione che l’omicidio di Rostagno fosse nato nel contesto di Lotta Continua. Convinzione rafforzata dal fatto che l’avvocato di Rostagno, Giuliano Pisapia appunto, aveva chiesto un incontro riservato con il giudice per vuotare il sacco, essendo Rostagno “al corrente di tutte le motivazioni compresi esecutori e mandanti concernenti l’omicidio Calabresi” come scrisse Dell’Anna nel suo rapporto.

“L’abboccamento con il giudice Lombardi non c’è mai stato, la ricostruzione di Dell’Anna è totalmente destituita di fondamento – ribadisce oggi al Fatto.it Giuliano Pisapia – All’epoca dell’arresto di Sofri, Rostagno aveva dato semplicemente la sua disponibilità a farsi interrogare”. Ma non certo a testimoniare contro i suoi compagni, come provano le registrazioni dei suoi interventi alla televisione privata di Trapani dove ribadiva la sua fiducia a Sofri e rivendicava la propria militanza in Lotta continua. In ogni caso, non ebbe il tempo di testimoniare, perché venne ammazzato prima.

E oggi che, dopo anni di depistaggi e indagini fuorvianti (dell’omicidio a un certo punto venne perfino accusata la compagna di Rostagno) sotto processo ci sono gli unici che veramente avevano interesse a eliminare l’uomo che dai teleschermi di RTC denunciava le malefatte delle cosche con la complicità di politici locali e nazionali, rispunta la pista politica, il collegamento Lotta continua-omicidio Calabresi–omicidio Rostagno.

Eppure, già lo stesso giudice Lombardi aveva provveduto a smentire l’allora capitano Dell’Anna in una sua deposizione del novembre 1996: “Non ho mai espresso opinioni sulla matrice dell’omicidio (Rostagno, ndr) e dalle mie indagini non è mai emerso alcunché che potesse collegare l’omicidio Rostagno a Lotta continua”. Quanto alla presunta informazione da lui raccolta e riferita da Dell’Anna nel suo rapporto (“Il Rostagno aveva rotto i ponti con i suoi ex compagni di lotta e aveva forse intenzione di dire la verità”), Lombardi la liquidava così: “E’ un’illazione tutta del capitano, che sulla base dei suoi ragionamenti giunge sempre a conclusioni affrettate”.

Messo alle strette dal pubblico ministero Gaetano Paci, Dell’Anna ha dovuto giocoforza ridefinire la sua posizione: “Può anche darsi che ho capito in un modo ed il giudice Lombardi si è espresso diversamente” ha concesso alla fine.

Piste interne e politiche che hanno sviato quella più logica, la mafia, che forse avrebbe permesso di celebrare il processo non dopo 24 anni dai fatti. Eppure la sola, incontrovertibile verità detta oggi da Dell’Anna è che a nessuno venne in mente di imboccarla, quella pista. “Non ho mai ricevuto dalla Procura deleghe specifiche di indagini che riguardassero collegamenti tra la mafia e l’omicidio di Mauro Rostagno” ha dichiarato oggi il carabiniere nello sconcerto generale. “Non c’è stata alcuna indagine di iniziativa che riguardasse la mafia?” lo ha incalzato il pm della Dda Francesco Del Bene. “No” ha risposto ancora Dell’Anna. “Avevamo già tante deleghe su delitti commessi in quel periodo, si figuri se avevamo il tempo di indagare anche d’iniziativa”.