Lavoro & Precari

Nei Paesi Ocse disoccupazione stabile. Ma non in Italia: +0,1% in un mese

Invariato il tasso anche nell'Eurozona, mentre aumenta negli Stati Uniti dopo 8 mesi (ora è all'8,2%). Nel nostro Paese tra marzo e aprile i senza lavoro sono 37mila in più (dal 10,1 al 10,2%). La Corea del Sud la più virtuosa, la peggiore è la Spagna

Nell’area Ocse la disoccupazione resta invariata. In Italia aumenta, anche se di poco. Lo comunica la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico con una nota. Il tasso di disoccupazione, nei Paesi che aderiscono all’Ocse, ad aprile è rimasto stabile al 7,9%.

Nel nostro Paese il tasso di disoccupazione risulta invece cresciuto fino al 10,2%, in lieve progresso rispetto al 10,1% segnato a marzo. In assoluto in Italia il numero di disoccupati ad aprile è salito a due milioni e 615mila dai 2 milioni e 577mila di marzo. La disoccupazione giovanile, prendendo in considerazione la forza lavoro tra i 15 e i 24 anni, risulta scesa al 35,2% dal 35,9% di marzo.

Le differenze tra i tassi di disoccupazione nei diversi paesi, sottolinea l’Ocse, risultano sempre molto ampie. Se l’Eurozona registra una quota di disoccupati stabile all’11% della forza lavoro, negli Usa il dato di maggio, già disponibile, si attesta all’8,2% dall’8,1% di aprile, segnando il primo aumento dall’agosto 2011.

Ad aprile il paese Ocse con il maggior tasso di disoccupazione rimane la Spagna (24,3%, in crescita dello 0,2%), seguita da Portogallo (14,2%, lo 0,1% in più) e Irlanda (14,2%, in calo dello 0,2%). Il paese con il tasso di disoccupazione più basso è invece la Corea del Sud, dov’è stabile al 3,4%. Nel totale dell’area Ocse il numero di persone senza lavoro è a quota 47,3 milioni, in calo rispetto ai 47,4 di marzo, tra cui quasi 12 milioni di giovani.

Nell’ultimo “Economics Policy Paper” l’Ocse sottolineare che per ridurre la fragilità finanziaria servono politiche strutturali. “La struttura dei debiti esterni di un paese – spiega il rapporto – così come l’estensione e la natura della sua integrazione finanziaria internazionale sono fattori chiave della vulnerabilità alle crisi finanziarie”. Il rapporto, presentato in vista del summit G20 dei capi di stato in Messico, è basato su nuove analisi empiriche dei sistemi finanziari sia nell’area Ocse che nei paesi emergenti nei quattro decenni passati. Il rapporto rileva come l’integrazione bancaria internazionale sia stata una dei maggiori vettori del contagio. “La vulnerabilità al contagio – spiega il paper – è risultata minore in presenza di abbondante liquidità globale e questo evidenzia l’importanza del fatto che le maggiori banche centrali assicurino liquidità” al sistema. Secondo l’Ocse “le politiche strutturali possono aumentare la stabilità finanziaria” agendo in particolare “attraverso gli effetti sulla composizione del conto finanziario esterno o sulla vulnerabilità al contagio indotta dagli shock finanziari”. “Minori barriere sugli investimenti esteri diretti e minore regolamentazione nel mercato dei prodotti – sottolinea il rapporto – hanno aumentato la stabilità finanziaria”.