Cronaca

“La ricerca di punta sui terremoti è senza fondi. E gli scienziati sono precari”

Il direttore generale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia lancia l'allarme: il governo Berlusconi ha tagliato i fondi che coprivano gli studi sui segnali sismici. L'esecutivo Monti non si è ancora espresso. E 270 degli ottocento ricercatori dell'ente lavorano senza certezze

“Il terremoto non lo si può prevedere, ma anche quel poco che si può fare per studiarne le fasi preparatorie rischia di rimanere al palo se non si erogano le risorse necessarie alla ricerca e si tiene precario il personale che si propone di eseguirla”. Mentre tutti gli esperti si affrettano a congedare la domanda, il direttore generale dell’lstituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Tullio Pepe risponde che il terremoto non è un evento del tutto insondabile. Anzi, si possono mettere in campo strumenti che possono fornire informazioni e analisi utili ai ricercatori. Ma i fondi per metterli in campo sono rimasti al palo, cancellati con un tratto di penna nel gran calderone dei tagli al fondo ordinario della ricerca deciso dall’ex ministro Gelmini. “Il taglio generalizzato è stato dell’ordine del 7% per tutti gli enti e sul nostro, per il 2010-2011, si è tradotto con un calo delle precedenti dotazioni ordinarie del 15% che porta il budget da 50 a 42,5 milioni. Taglio che è andato a colpire proprio la parte sensibile di studio, monitoraggio e previsione dei fenomeni sismici, mentre molti progetti attivati su questo fronte si scontrano ancora con il problema del precariato che nel nostro istituto tocca 270 ricercatori su 800. Senza fondi i contratti decadono, le ricerche pure”. 

Una denuncia non generica ma circostanziata e che ha molto a che fare con quanto accade in Emilia. Perché tra i progetti, congelati dalla riforma Gelmini e ora in attesa di sblocco da parte del governo, ce n’è uno che riguarda proprio lo studio dei cosiddetti “precursori” del terremoto. Il nome è già emblematico: “Studio multidisciplinare della fase preparatoria di un terremoto”. Di che si tratta lo spiega il coordinatore del progetto che a gennaio ha presentato la richiesta di finanziamento, budget sei milioni di euro, e che non ha più avuto notizie. Il termine per l’approvazione in commissione e il finanziamento era il 30 aprile. “Il Miur – spiega Salvatore Stramondo, 42 anni di cui 16 passati all’Istituto – nel 2010 ha annunciato il taglio generale e la possibilità di presentare progetti “premiali” da sottoporre a finanziamento. L’Ingv, soprattutto dopo il sisma de L’Aquila, ha deciso di concentrare tutte le richieste verso questo studio che impegna quattro unità di ricerca e punta a dotare il nostro Paese di strumenti di analisi e monitoraggio integrati e diffusi capillarmente sul territorio”.

In particolare si tratta di installare una rete di strumenti-bersaglio come radar a terra (corner reflector), misuratori geomagnetici e geochimici capaci di fornire immagini e dati sugli spostamenti minimi di superficie prima che l’evento in profondità si palesi, con le conseguenze devastanti che sono sotto gli occhi di tutti. “Oggi possiamo contare sui sismografi, ma rilevano attività quando sono già in corso. Possiamo contare anche su un sistema di satelliti radar (Cosmo-SkyMed, ndr) che è stato utilizzato in Italia per la prima volta in occasione del terremoto a L’Aquila e ora è puntato sull’Emilia. I quattro satelliti inviano immagini della terra ad altissima risoluzione che misurano variazioni della superficie fino a pochi millimetri. Ma anche questo sistema ha le sue falle. I satelliti devono essere puntati su una zona già individuata e le immagini che inviano ai centri di analisi hanno uno scarto di quattro giorni che rende imposibile il monitoraggio dei cambiamenti a terra. Lo si è visto proprio ieri in Emilia dove c’è stata una scossa di magnitudo 5.8 alle 9 e a distanza di poche ore altre scosse che non possono essere rilevate con questo sistema”.

La comunità scientifica mondiale da tempo si interroga su soluzioni alternative e complementari, ma non c’è bisogno di andare molto lontanto. “Il nostro progetto punta proprio a creare un sistema di osservazione multidisciplinare a terra che rilevi scarti e deformazioni superficiali del terreno di pochi millimetri in tempo reale. Un sistema capace di rivelare subito se in una data area sia in corso un’attività o una sequenza sismica significativa che si possa correlare a un probabile terremoto. Prima che arrivi la scossa, ovviamente. Si tratta di passare dal modello probabilistico di oggi, che tante incertezze e buchi lascia, a un modello che monitora il tutto e fornisce dati predittivi sulla base di indicatori di attività anche minima”.

In pratica un campanello d’allarme che potrebbe suonare l’allarme generale prima della catastrofe, salvando vite umane. “E’ importante perché nessuno può prevedere i terremoti fino a quando non se ne riconosce il meccanismo d’innesco, a partire dai segnali precursori”. Che fine ha fatto il progetto? “Per ora è nel cassetto, temo. Siamo in attesa di notizie dal Miur ma i tempi stringono perché il via libera per mandarlo in porto è già scaduto e il finanziamento deve essere utilizzato entro quest’anno. Il rischio è che finita l’emergenza, sia rinviato ancora ed entri in concorrenza con altri”. Il punto è che il via libera passa anche attraverso la conferma dei contratti ai precari e qui la faccenda, come sempre, si fa complicata.

articolo aggiornato il 31 maggio da redazioneweb 

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA PRECISAZIONE DEL DIRETTORE INGV TULLIO PEPE
In relazione all’articolo ” Il terremoto si può prevedere, ma siamo precari e senza fondi per la ricerca”, pubblicato su Il Fatto quotidiano – Emilia Romagna – On line di ieri 31/5/2012 a firma Thomas Mackinson, dichiaro che nel corso della cordiale conversazione telefonica con il cronista, tutta centrata sul problema dei finanziamenti statali all’INGV,non ho mai pronunciato la frase “Il terremoto? certo che si può prevedere”. Nel corso della conversazione stessa, inoltre, non ho fatto alcuna valutazione scientifica, dal momento che non sono un ricercatore, e non ho mai fatto il nome del Ministro Passera, anche perché non è il Ministro competente per la ricerca.

Abbiamo pubblicato la puntualizzazione come richiesto dal dott. Pepe, ma precisiamo che abbiamo provveduto a modificare il titolo e gli elementi dell’articolo non appena ricevuta la segnalazione dall’ufficio stampa Ingv, in data 31 maggio. Per questo i lettori non troveranno nell’articolo gli elementi segnalati dal direttore dell’Istituto.