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Solo uno studente su cento va a “Oxbridge” Clegg solleva la questione in Parlamento

In Gran Bretagna le università Oxford e Cambridge sono quasi irraggiungibili. Il vice primo ministro liberaldemocratico ha presentato un report governativo sull'ineguaglianza fra le generazioni. Solo il 7% dei ragazzi frequenta gli istituti privati che però forniscono il 70% dei giudici dell’Alta Corte e il 54% dei dirigenti delle aziende quotate alla Borsa 

Uno studente su cinque, nel Regno Unito, ha diritto a pasti gratuiti nelle scuole. Ma solo uno su cento dei giovani che riescono a entrare nelle università di Oxford o Cambridge rientra in questa categoria. Riesplode, in Gran Bretagna, il tema del classismo e dell’immobilità sociale, da sempre strisciante nel dibattito pubblico. E succede grazie al vice primo ministro, il liberaldemocratico Nick Clegg, che ha presentato in parlamento un report governativo sull’ineguaglianza fra le giovani generazioni. Così, nel paese dove la Camera dei Lord ancora annovera “senatori” ereditari e dove chi dirige ha spesso avuto accesso alle migliori scuole – e lo stesso Clegg ha studiato in un college prestigioso di Westminster e poi all’Università di Cambridge -, solo il 7% dei giovanissimi frequenta gli istituti privati, ma questi forniscono il 70% dei giudici dell’Alta Corte britannica e il 54% dei dirigenti delle aziende quotate alla Borsa di Londra.

“Il governo di coalizione non può permettersi di lasciare questa eredità sociale ai cittadini britannici”, ha detto Clegg intervenendo in parlamento. Ma rimane il dubbio su quali possano essere le misure per ridurre il classismo British e per rilanciare la mobilità sociale. Ora, il governo di conservatori e liberaldemocratici ha preso l’impegno di pubblicare, ogni anno, dati e numeri sul progresso – eventuale – dei giovani sudditi della regina. Ma, intanto, pupilli e figli di “Oxbridge” – così viene chiamato il sistema educativo di alto livello, dall’unione dei nomi delle due università più prestigiose del paese – continuano a comandare a Londra e dintorni, mentre, più su, nel nord dell’Inghilterra, le cose sembrano andare peggio.

Proprio mentre Clegg illustrava risultati e numeri dello studio, infatti, sempre a Londra veniva presentato il rapporto di Capital Economics, un influente istituto di ricerca, che certificava, ancora una volta, come il nord-ovest dell’Inghilterra sia sempre la zona più povera del Regno Unito. E, dall’inizio della crisi, ogni famiglia britannica ha perso in valore circa 18mila sterline, fra prezzi delle case che sono scesi, prezzi dei beni di prima necessità che sono aumentati, tariffe schizzate alle stelle e perdite finanziarie. Nel 2011, secondo Capital Economics, gli “asset” britannici sono scesi in termini reali del 5,5%, pari a un valore di circa 470 miliardi di sterline. Londra ancora se la cava, ma è la zona industriale fra Birmingham, Liverpool e Manchester a soffrire maggiormente. Niente di dickensiano, chiaramente, lo stato sociale, nonostante tagli e controtagli del governo Cameron pare funzionare ancora, dicono gli esperti dell’istituto di ricerca. Ma, a causa della crisi, qualcosa si è incrinato, se è vero che ormai sono già passati due trimestri di ufficiale recessione e anche il terzo, che si avvia verso la conclusione, non promette bene.

Poi, appunto, l’immobilità sociale, che si unisce alla crisi economica. Clegg, parlando alla House of Commons, ha aggiunto: «Il Regno Unito è ancora lontano da un ideale di uguaglianza. Il reddito delle famiglie e il background sociale hanno ancora una grandissima influenza sul futuro dei bambini. E, negli anni passati, pochissimo è stato fatto per migliorare la situazione». La stessa capitale è interessata al momento da due tendenze contrastanti. Una City che pare resistere, nonostante le speculazioni finanziarie e il crollo dei mercati, un West End – il vero centro di Londra – dove si continuano a vedere sceicchi arabi e oligarchi russi che portano tanti soldi e una Londra est, invece, dove la disoccupazione in certi quartieri arriva al 16%. Zone come Tower Hamlets hanno il più alto indice di “deprivazione”, come viene chiamata nel Regno Unito. E uno studio di non molto tempo fa aveva dimostrato come figli e nipoti degli immigrati di lungo corso ancora fatichino ad avere più di un pasto caldo al giorno. Le Olimpiadi hanno in parte trasformato quest’area, è vero. Ma, a Londra, è proprio qui – mette in luce lo studio, nelle sue conclusioni – che si annidano le tensioni che hanno portato ai riot della scorsa estate e dove e il classismo britannico si esprime in tutta la sua forza.