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E se ora la sinistra italiana facesse come quella francese?

Le ultime amministrative italiane, da certi punti di vista, ricordano le cantonali francesi del marzo 2011. Si’, poco più di un anno prima del trionfo di François Hollande, si tennero (nella metà del Paese) quelle elezioni locali (servono a eleggere i consiglieri provinciali). Che rappresentarono la prima sonora sconfitta della destra di Nicolas Sarkozy e una prima decisa vittoria per la sinistra e i socialisti in particolare, ancora fortemente divisi al loro interno, quasi sorpresi-imbarazzati da quel successo (che andava poi gestito), dopo anni e anni di opposizione. Il raffronto con la Francia di allora puo’ essere utile. Da qui a un anno anche in Italia si dovrà andare al voto.

Ritorniamo a quelle «famose» cantonali. Sia al primo che al secondo turno votò appena il 45% degli aventi diritto: molti gli astensionisti, come alle ultime amministrative italiane. E la prima sorpresa di quella consultazione fu il successo del Front National (15%), che raccolse intorno a sé un voto anti-sistema, di protesta. Da un certo punto di vista paragonabile all’exploit dei grillini… Per la destra fu la peggiore performance, a elezioni cantonali, della Quinta Repubblica. I francesi erano già stufi di Sarkozy. Votarono la sinistra spesso con scarsa convinzione. Ma pur di bocciare il «nano» di turno.

Cosa successe dopo? I socialisti, la maggiore forza di opposizione, erano già allora capitanati (come oggi) da Martine Aubry, l’anima della sinistra del partito: persona seria, per carità, ma il volto della nomenclatura… Difficile per lei vincere le presidenziali previste nella primavera 2012, anche contro un Sarkozy in profonda crisi. Tanto più che la Aubry era stata eletta segretario del Ps nel novembre 2008, mediante una consultazione interna, su cui pesa ancora oggi il sospetto di brogli diffusi. In tanti ritengono che si fece vincere la candidata del partito contro la sua avversaria, Ségolène Royal, più indipendente, una «scheggia impazzita». Tutto questo pesava ancora, con la sua cappa di sospetti, sul Ps, dopo le vittoriose cantonali del marzo 2011.

Si cominciò, in ogni caso, a pensare al candidato delle presidenziali. Doveva riunire la sinistra. E riuscire a convincere anche i moderati a votare a sinistra in un Paese, la Francia, con un’endemica maggioranza conservatrice. Dominique Strauss-Kahn, ecco l’uomo giusto . Peccato che una domenica di maggio, al Sofitel di New York, avvenne quello che avvenne. Che fare? Arrivarono le primarie socialiste, con un’iniziale confusione: troppi candidati, anche la Aubry, perfino la solita Royal. Hollande partì in sordina, non era il candidato ufficiale del partito. Ma nell’ottobre dell’anno scorso (neanche sette mesi fa), riuscì a imporsi. I socialisti a quel punto decisero di mettersi tutti dietro (compatti) al loro uomo. Perfino la Aubry, che Hollande non l’ha mai sopportato. Quella fu la prima mossa vincente: basta con le manfrine, i battibecchi, le lotte di potere. Almeno agli occhi degli elettori.

Poi, anche il candidato ci ha messo del suo. Hollande, un moderato da sempre, ha avuto l’accortezza, in una fase di tensioni sociali e di nuovi consensi per l’estrema sinistra, di occhieggiare furbescamente in quella direzione (anche con promesse elettorali chiaramente irrealizzabili). Sapeva che senza i comunisti e il Front de gauche di Jean-Luc Mélenchon non avrebbe mai vinto al secondo turno. Non ha, invece, corteggiato apertamente i centristi, intuendo che la loro rabbia contro Sarkozy, per le promesse non mantenute dal Presidente, li avrebbe spinti naturalmente fra le sue braccia. I centristi, d’altra parte, sapevano che votando Hollande non avrebbero scelto un bolscevico…

Il giochino è riuscito. In pochi mesi i socialisti, da forza politica all’apparenza in crisi cronica, allo sbando, divisi e senza un leader carismatico, hanno vinto. E si sono ritrovati, quasi senza rendersene conto, al potere. E’ accaduto tutto molto in fretta. Chissà cosa succederà alla sinistra italiana da qui a un anno…