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Cina, le polemiche interne rischiano di far slittare il congresso del Partito Comunista

L'ipotetico rinvio potrebbe aver come prima conseguenza l'aumento delle speculazioni e delle indiscrezioni sulle lotte interne. Inoltre potrebbe avere ripercussioni sulla percezione che i mercati finanziari hanno della macchina amministrativa cinese

Rinviare, seppur soltanto di poco, il congresso del Partito comunista cinese. Tra le stanze di Zhongnanhai, il Cremlino pechinese, non si esclude neppure quest’ipotesi per far fronte alla tempesta che ha investito la politica cinese quando mancano pochi mesi all’appuntamento che sancirà la nuova leadership della Repubblica popolare. Il 18esimo congresso del Pcc è stato fissato a settembre. Secondo quanto riferito dalla Reuters, che cita fonti anonime, ci potrebbe però essere uno slittamento a ottobre, forse addirittura gennaio. Serve più tempo per decidere chi entrerà nel Comitato permanente del Politburo del Pcc, l’organismo a nove che di fatto costituisce il vero centro di potere del Paese. I due posti al vertice sono già occupati. Sopra tutti siederà Xi Jiping, con ogni probabilità successore di Hu Jintao alla guida del Partito e della Repubblica popolare. Subito sotto Li Keqiang, indicato come futuro premier al posto di Wen Jiabao.

La partita è aperta per i restanti sette seggi. Tanto più dopo la caduta di Bo Xilai, tra i principali candidati alla promozione, poi destituito da tutte le cariche del Partito. Tra i papabili: l’economista Zhang Dejiang, chiamato a sostituire Bo Xilai nella magalopoli di Chongqing; Wang Yang capo del Pcc nella ricca provincia del Guangdong e considerato un liberale; Liu Yunshan, ora a capo della Propaganda, Liu Yandong, prima donna ad aspirare a entrare nel gotha politico cinese.

Il 18esimo congresso era atteso come la prima transizione “normale” in un Paese comunista. In passato i cambi di leadership in Cina furono dovuti a stravolgimenti storici e crisi gravi – come per l’ascesa di Jiang Zemin dopo in fatti di Tiananmen – o per decisioni di figure carismatiche che difficilmente potevano essere messe in discussione. Lo stesso Hu Jintao, scelto dal Deng Xiaoping, salì al comando nel 2002, cinque anni dopo la morte del Piccolo Timoniere.

Dalle scelte dipenderà il consenso attorno alla nuova leadership e le politiche che guideranno la seconda economia al mondo nei prossimi dieci anni. Dietro ogni leader, ricordano sinologi ed esperti, c’è infatti una maggioranza, espressione delle correnti interne al Partito, spesso considerato, sbagliando, un monolite politico. Maggioranza che l’attuale capo di Stato Hu Jintao vorrebbe continuare a garantirsi anche dopo l’uscita di scena cui lo costringono i sopraggiunti limiti di età.

L’ipotetico rinvio potrebbe aver come prima conseguenza l’aumento delle speculazioni e delle indiscrezioni sulle lotte interne. Inoltre potrebbe avere ripercussioni sulla percezione che i mercati finanziari hanno della macchina amministrativa cinese, già messa in crisi negli scorsi mesi dal caso Bo Xilai. Il “principino rosso“, ex astro nascente della politica cinese, sta pagando la sua spregiudicatezza nel gestire Cho ngqing. Oltre che la fuga nel consolato statunitense a Chengdu del suo braccio destro ed ex capo della polizia a Chongqing, Wang Lijun, e il suo coinvolgimento nel tentativo di fermare le indagini contro la moglie, accusata dell’omicidio del britannico Neil Heywood.

Secondo il politologo Liu Junning, proprio la fine politica di Bo potrebbe essere alla base del rinvio: “Bisogna ancora decidere cosa fare con Bo”, ha spiegato all’agenzia britannica. “E’ come se a una cena il cuoco si sia dovuto assentare per altri impegni. Ora il cuoco è tornato” ha aggiunto.

Lo slittamento del congresso porterebbe anche a una transizione più breve tra la quarta e la quinta generazione di leader. Quest’ultima non entrerà in carica prima di marzo 2013, in occasione dell’annuale seduta plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo. Il passaggio di consegne avverrà dopo due, massimo quattro mesi, contro i soliti sei cui si era abituati. In questo lasso di tempo il premier, Wen Jiabao, potrebbe tentare di portare a termine riforme considerate urgenti. Il primo ministro si è imposto come il paladino dell’ala riformista del Partito. Secondo fonti della banca centrale ci sono margini di manovra soprattutto in campo economico per cambiamenti nel sistema di accesso ai capitali e per quanto riguarda l’entrata e l’uscita di valuta estera. Tuttavia gli scettici sottolineano come sia improbabile che Wen riesca a concludere in pochi mesi ciò che non è riuscito a fare in nove anni di mandato. Il prossimo appuntamento importante sarà comunque questa estate a Beidahe, località marina dove giovani e vecchi leader si incontrano annualmente per discutere del futuro del Paese.

di Andrea Pira