Emilia Romagna

Movimento 5 stelle: nato a Bologna, ha trovato la sua maturità a Parma (video)

In Emilia Romagna al ballottaggio in tre Comuni su quattro. Favia: "Il segreto del nostro successo? Sicuramente un ambiente culturale ricettivo. Ma soprattutto qui  la gente sa di che pasta è fatto il Pd, perché da anni lo vedono governare"

Bologna è stata la città del battesimo. Parma quella della maturità. All’indomani dei risultati delle ultime amministrative l’Emilia Romagna si conferma la patria del Movimento 5 stelle. Qui la realtà ispirata a Beppe Grillo ha sempre trovato il terreno fertile, e l’humus migliore per gettare le radici e cominciare a crescere. E qui oggi sta vivendo la sua affermazione politica. Perché se è vero che il primo sindaco a 5 stelle parla veneto, ieri in Emilia Romagna il Movimento è riuscito a guadagnarsi il ballottaggio in 3 comuni su 4: Budrio, Comacchio, e soprattutto Parma. Con la sola eccezione di Piacenza, dove la candidata Mirta Quagliaroli ha portato a casa il 10% dei voti, ovunque ha strappato percentuali che non vanno al di sotto del 20%.

Da Parma a Rimini, l’Emilia Romagna è la regione che fin dall’inizio gli ha dato più fiducia, e che più di ogni altra gli ha aperto le porte delle istituzioni. “C’è un ambiente culturale ricettivo – commenta il consigliere regionale Giovanni Favia, che a Bologna ha incontrato il successo politico – un terreno vivo, dovuto anche all’associazionismo e al volontariato diffusi. Ma anche al fatto che qui i cittadini sanno di che pasta è fatto il Pd, perché da anni lo vedono governare”.

Sì, perché in un Emilia sempre meno “rossa”, i partiti di centrosinistra non godono più di un consenso così massiccio. C’è chi non li identifica più come una valida alternativa alle forze di destra e di centro, e chi preferisce prenderne le distanze, magari dirottando verso la forza di Grillo. Del resto sono lontani i tempi in cui in Emilia i Ds vincevano a mani basse: ora, alla vigilia di ogni elezione, il Pd è costretto a lanciare appelli contro l’antipolitica e a evocare il “pericolo demagogia e populismo” per frenare l’emorragia di elettori. Proprio come fece Bersani nel comizio di chiusura della campagna elettorale per il candidato sindaco di Bologna Virginio Merola, nel 2011.

La piazza da cui parlò il segretario dei democratici è la stessa da cui parlò Grillo nel suo primo raduno politico, cinque anni fa. Per capire meglio bisogna entrare negli archivi, e tornare indietro fino all’8 settembre del 2007. Le fotografie di quel giorno mostrano la piazza Maggiore di Bologna stracolma, con più di 50mila persone accalcate sul crescentone per il V-Day, la manifestazione nazionale organizzata da Grillo attraverso un tam tam sul web. Un esercito di giovani e meno giovani, che sommerge il comico genovese con decine di applausi. Formalmente il Movimento 5 stelle non esiste ancora ma gli slogan e le parole d’ordine ci sono già tutti: ambiente, abolizione dei privilegi della classe politica, cittadini nelle istituzioni.

L’idea di partire con liste civiche prende corpo nelle settimane successive: il primo obiettivo è portare in tutt’Italia dei “Comuni a 5 stelle”: una stella per l’energia, una per la connettività, una per l’acqua, una per la raccolta rifiuti, e una per la mobilità sostenibile. “Da oggi il blog fa politica attiva con un sito dedicato alle liste civiche, al cittadino che prende in mano il proprio destino, il proprio Comune, la propria Regione”, scrive il comico sulla sua pagina personale.

Un’impresa che riuscirà meglio in alcune zone d’Italia rispetto ad altre. Alle elezioni comunali del 2008 le liste civiche di Beppe Grillo travolgono più che altro il centro Italia, anche se la sorpresa arriva da Bologna, dove il giovane candidato sindaco Giovanni Favia raccoglie da solo quasi 7.500 voti (il 3,3 %) portando a casa due seggi. Si replica l’anno dopo. Alle regionali 2010 il Movimento porta a casa quasi 400 mila voti in tutta Italia, che equivalgono a quattro seggi, due in Emilia Romagna (dove entrano Giovanni Favia, il cui mandato in Comune si era interrotto a seguito del commissariamento, e Andrea Defranceschi) e due in Piemonte (Davide Bono e Fabrizio Biolé).

Ma la distanza tra l’Emilia Romagna e le altre regioni è destinata a crescere. Con investimenti di poche migliaia di euro in campagna elettorale (il Movimento punta tutto sulla rete abbattendo i costi per le spedizione e per comprare spazi tv e radio) a Bologna la realtà di Grillo porta a casa quasi il 10% e tre poltrone in Comune.

Così l’Emilia Romagna diventa ben presto il laboratorio del Movimento, lo spazio per mettere in pratica il programma e per discutere delle dinamiche interne. Con gli eletti che si danno da fare dentro le istituzioni, studiando regolamenti e leggi, e portando sui tavoli dei consigli raffiche di emendamenti e nuove proposte. Mentre fuori dall’aula costruiscono rapporti, s’informano e fanno informazione. Sempre con pochi soldi e senza il sostegno di apparati.

Ieri la prima prova elettorale del post-Berlusconi ha sancito una volta per tutte il passaggio all’età adulta. Una nuova fase che, date le premesse, non potrà che mettere al centro ancora una volta l’Emilia Romagna. Il Movimento infatti ha guadagnato punti ovunque, ma è in Emilia che ha sfondato. È qui che è riuscito a intercettare maggiormente il malcontento e la disillusione verso la politica tradizionale, riuscendo a diventare la seconda forza in tre comuni di tre province diverse. Tra cui Parma, dove nonostante un Pdl in frantumi travolto dagli scandali giudiziari, il Pd non è riuscito a evitare il secondo turno.