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Hollande Presidente (non solo dei bobo)

L’appuntamento ieri sera era all’ultimo piano di una palazzina, nel cuore dell’11° arrondissement, uno dei covi dei bobo. E’ la sigla di una delle tribu’ metropolitane parigine, i bourgeois-bohème, nella fattispecie un ceto abbiente fra i 30 e i 50 anni, con il portafogli ben fornito, ma idee progressiste. Elettori di François Hollande…

 Sull’invito di Anne e Marc si leggeva: «Casse-toi pov’con!». Dove pov’con è pauvre con. E si riferisce a Nicolas Sarkozy. Insomma: « Vattene via povero imbecille», se non di peggio… Per farsi aprire al portone, bisognava pronunciare al citofono la formula magica: «la force tranquille». Fu lo slogan coniato nel 1981 da un furbone della comunicazione come Jacques Séguéla, che in realtà recuperò quell’espressione da un discorso del lontano 1936, pronunciato da un socialista francese, Léon Blum, ai tempi del Fronte popolare. Nei manifesti elettorali della sua prima elezione vittoriosa, Mitterrand appariva con un sorriso mesto e un villaggio della Francia profonda sullo sfondo (chiesetta compresa, ma Séguéla aveva tolto la croce che svettava sul campanile: il candidato socialista doveva apparire rassicurante agli occhi della Francia più tradizionalista, ma non bisognava urtare il laicismo della sinistra francese…). Sotto c’era scritto, appunto: «la forza tranquilla».

Per entrare nell’appartamento di Anne e Marc erano necessari: una rosa (simbolo dei socialisti), la scheda elettorale di Sarkozy strappata (in Francia te ne danno una per ogni candidato e si immette quella del politico prescelto nell’urna: le altre vanno gettate) e una propria foto del 1981. Ma dove ero io nel 1981? Ho un ricordo preciso di quell’inizio di maggio. Avevo 16 anni e andavo al liceo, in una cittadina toscana. Come al solito il treno, quel maledetto Torino-Roma Termini, era in ritardo. A me e a un amico quel ritardo lasciò il tempo di leggere sulla Repubblica cosa era successo a Parigi. Poi, stanchi dell’attesa, facemmo l’autostop, come al solito, per tornare a casa. Mi ricordo una giornata di sole. Di quelle ottimiste di primo maggio. Dopo tanto tempo ho scoperto che a Parigi, invece, pioveva a dirotto.

La serata è andata avanti da Anne e Marc con le inevitabili danze su alcuni hit degli anni Ottanta. Ma solo dopo mezzanotte è arrivato il bello. Alla tv hanno detto che François Hollande era atterrato a Parigi. E che in poco tempo sarebbe arrivato alla Bastiglia, proprio li’ nell’11° arrondissement. Siamo corsi alla piazza, confusi nella marea di gente che popolava le strade la notte passata. Alla Bastiglia Hollande ha pronunciato un bel discorso: giusto, commosso, ma non melenzo, semplicemente pieno di speranza. E soprattutto rivolto ai giovani, che erano il suo pubblico lì davanti, a parte noi e poche eccezioni…

Alla Bastiglia c’erano i figli dei bobo, gli studenti universitari, tanti ragazzi un po’ persi della periferia, figli di immigrati. Una serata iniziata all’insegna della nostalgia è finita in maniera diversa, nel modo migliore. «Sono il Presidente della gioventù di Francia», ha gridato Hollande dal palco. Nella notte quei ragazzi ci credevano tutti.