Politica

Il complotto del Pirellone

Un complotto dei poteri forti. Una macchina del fango per far fuori un ottimo governante. Una cospirazione per liquidare un presidente di Regione che ha ben amministrato e ha reso la sanità lombarda la migliore d’Italia. Così una parte di Cl difende Roberto Formigoni.

Sentite che cosa scrive Luigi Amicone, direttore del settimanale “Tempi”: “L’estate scorsa, durante una puntata di Omnibus, tra una lama incrociata in chiaro e reciproci sfottò nel fuori onda, con Gianni Barbacetto avevamo giocato alle previsioni: con chi se la sarebbero presa e di cosa avrebbero parlato i giornali ossessionati dalla sua figura il giorno dopo l’uscita di scena di Silvio Berlusconi? ‘E che problema c’è?’, ci aveva confortato il collega del Fatto Quotidiano, ‘dopo Berlusconi verrà il turno di Formigoni’. Detto fatto”. Seguono citazioni di Gad Lerner, Francesco Merlo, Alberto Statera e altri.

Per arrivare alla conclusione che quello in corso contro Formigoni è una macchinazione. Per far fuori “l’Untermensch” – scrive Amicone – “il sottouomo che, caduto il Capo, rischia di dare una mano alla rinascita di un centrodestra decente, portando in dote il successo di 17 anni di buona e moderna amministrazione in Lombardia”. Rassicuriamo Amicone e i suoi amici. La previsione fatta l’estate scorsa non era l’anticipazione di un piano segreto contro Formigoni, di un progetto scritto nei Protocolli di nuovi Savi di Sion per far fuori gli odiati nemici. Era semplicemente il facile pronostico che in Italia, dopo Berlusconi, non saremmo restati orfani: purtroppo di commistioni tra affari e politica ce ne sono tante e quella di Formigoni è una delle più macroscopiche.

Per eccitare Amicone, azzardo una nuova previsione: anche dopo la caduta di Formigoni, il giornalismo italiano non resterà disoccupato. Il fiorato presidente della Regione Lombardia, comunque, non è vittima di un complotto mediatico-giudiziario, ma della voracità dei suoi amici e collaboratori e compagni di vacanze. Pierangelo Daccò ha ammesso di aver portato a casa negli ultimi anni almeno un’ottantina di milioni provenienti dalla Fondazioni Maugeri: soldi pubblici, cioè nostri, che invece di essere impiegati per curare gli ammalati sono stati bruciati in biglietti per Parigi, vacanze ai Caraibi, cene alla Cassinetta di Lugagnano e via sprecando.

Almeno una trentina di milioni (pubblici, cioè sempre nostri) Daccò li ha intascati, in contanti, provenienti dal San Raffaele di quel sant’uomo di don Verzé. Per queste ruberie è stato arrestato, oltre che Daccò, anche Antonio Simone, che di Formigoni è uno degli amici più cari. Ora, tutti questi soldi (“consulenze”, le chiamano) sono arrivati a Daccò e Simone non in virtù di loro mirabolanti competenze professionali, ma in quanto vicini al presidente della Regione, che eroga i fondi per la sanità: a dirlo sono gli stessi pagatori della Fondazione Maugeri. E allora: non pare ad Amicone che la scomparsa di oltre 100 milioni di euro, soldi dei cittadini lombardi, finiti nelle tasche (ovvero conti esteri) di due cari amici del Celeste presidente sia un motivo sufficiente per occuparsi di Formigoni (e magari per chiederne le dimissioni)? Quanto all’efficienza del meraviglioso sistema sanitario lombardo: chi fa la coda di oltre un anno per una risonanza magnetica si chiede se quei 100 milioni non sarebbero stati più utili alla sanità, invece che ai conti segreti degli amici di Formigoni.

Il Fatto Quotidiano, 3 Maggio 2012