Politica

I “lodini” nascosti del governo Monti Sanatorie per manager, banche e società

Tutti gli "aiuti" dell'esecutivo. Per esempio alla Unicredit o a Dolce e Gabbana depenalizzando l'elusione fiscale. Ma anche a Caltagirone e Cimbri che avrebbero dovuto lasciare Generali e Cimbri perché condannati. Passando per le pensioni dei superburocrati e per la ridefinizione della concussione (che si infila nel processo Ruby)

Sono diventati un po’, motivo per cui serve un riepilogo: si tratta dei “lodini” del governo, quei provvedimenti ad personas o ad aziendas infilati da burocrati e professori nelle loro “riforme di struttura”.

Banche e D&G. “Ci sono decine di posizioni aperte per pratiche di elusione fiscale, alcune anche molto grosse: non vorrei che da questa delega venisse fuori una sanatoria per il pregresso”. Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze con Prodi, l’uomo delle tasse su cui il Pdl ha fatto un paio di campagne elettorali, è parecchio preoccupato dall’articolo 9 della delega fiscale approvata dal governo: i bocconiani, infatti, promettono di depenalizzare l’elusione fiscale, recentemente inclusa tra le fattispecie penali da una sentenza della Cassazione. A quel punto – per impedire cortocircuiti tra vecchie e nuove norme, tra legge e giurisprudenza – cosa c’è di meglio di una bella sanatoria per il passato? Anche se così non fosse, comunque, il decreto attuativo del governo, quando sarà varato, finirà per influire su processi e indagini in corso.

Sono le “posizioni aperte, anche molto grosse” di cui parla Visco: gli stilisti Dolce e Gabbana, intanto, che la Suprema Corte ha rinviato in appello proprio considerando reati alcune pratiche elusive, Unicredit, i cui vertici sono indagati a Milano per aver sottratto all’erario 750 milioni di profitti, e buona parte delle principali banche italiane, già finite nel mirino del fisco per le stesse pratiche (Intesa, Mps, Popolare di Milano, etc).

Caltagirone & Co. Tra i “lodini” del governo tecnico va citato anche il nuovo regolamento sui requisiti di onorabilità per i manager delle assicurazioni: un testo partorito dal ministro berlusconiano Paolo Romani, ma “vistato” e pubblicato dall’attuale titolare della Giustizia. Vi si prevede che l’amministratore o alto dirigente di assicurazioni condannato per reati finanziari (e, sopra una certa soglia, anche d’altro genere ) venga sospeso dal suo incarico. Bene, si dirà. Peccato che la norma, entrata in vigore il 24 gennaio, non sia retroattiva e così Francesco Gaetano Caltagirone (già cliente dell’allora avvocato Severino), condannato ad ottobre per la scalata dei “furbetti” a Bnl, è potuto restare al suo posto di vicepresidente di Generali, così come ha potuto tenersi la poltrona l’ad di Unipol Carlo Cimbri, condannato nello stesso processo. Non solo: visto che le nuove regole non si applicano ai processi in corso, i due – se non finiscono di nuovo alla sbarra – possono stare tranquilli per sempre.

Superburocrati. In un decretino del 24 marzo, quello che “restituisce” alle banche le commissioni sui fidi, c’è un altro piccolo comma, notato ieri dall’Unità. È un emendamento al tetto agli stipendi per i manager di Stato: in sostanza prevede, per quelli che avrebbero potuto andare in pensione a dicembre ma sono ancora al loro posto, che la decurtazione dello stipendio non si rifletta sulla pensione. Quante persone riguarda? “Non lo so, massimo 5 o 10 – spiega il sottosegretario Gianfranco Polillo – Prendiamo il caso del ragioniere generale Mario Canzio: stipendio dimezzato, pensione pure, magari decideva di ritirarsi subito visto che poteva e noi non volevamo trovarci in difficoltà in quella o altre posizioni delicate”.

Berlusconi. Ai più maliziosi, l’emendamento del Guardasigilli al ddl anti-corruzione può ricordare i fasti dell’epoca del Cavaliere. Il testo della Severino, infatti, potrebbe incidere non poco sul processo Ruby: la norma riscritta, spiega la relazione tecnica, non solo provvede infatti a “circoscrivere la concussione”, ma anche ad una “netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione” con relativa diversità di pena e tempi di prescrizione. L’ex premier costrinse o indusse la Questura ad affidare Ruby a Nicole Minetti? È il crinale sottile su cui si giocherà la partita.

Bertolaso & co. Un altro souvenir d’antan è un piccolo articolo contenuto nel ddl di riforma della Protezione civile, approvato per ora solo in via preliminare: prima che il testo sia definitivo serve il via libera delle Regioni (e per ora non c’è), ma ad oggi all’articolo 10 si legge che “in considerazione dell’incertezza dei fenomeni e della speciale difficoltà tecnica connessa alla valutazione dei rischi (…) il soggetto incaricato dell’attività di previsione e prevenzione è responsabile solo in caso di dolo o colpa grave”. Si tratta di una specie di norma interpretativa che potrebbe avere effetti “sterilizzatori” sul processo alla commissione Grandi Rischi per la mancata evacuazione de L’Aquila prima del terremoto del 2009, a margine del quale è indagato anche Guido Bertolaso.

Corallo. Trattasi di Francesco, imprenditore del gioco d’azzardo con ottime entrature nella fu Alleanza nazionale, e figlio di Gaetano, in stretti rapporti con Nitto Santapaola e già condannato per associazione a delinquere semplice. Al povero Corallo jr era successo che la legge sulle nuove concessioni per le slot machine lo escludesse dalla spartizione della torta: prevedeva infatti il divieto per indagati e condannati di mafia, inclusi i coniugi e i parenti fino al terzo grado. Fortuna che un emendamento (parlamentare, ma col parere favorevole del governo) al dl liberalizzazioni abbia fatto sparire quella previsione: no a condannati e indagati e ai loro coniugi, via libera per tutti gli altri.