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Morosini come il Milite Ignoto

Si, avete capito bene. Piermario Morosini è come il Milite Ignoto, simbolo d’unità d’Italia. Stessi ritualismi e spazi sacri. Stessi sincretismi e richiami primordiali. Ieri, religione civile e culto dei caduti per la patria. Oggi, fideismo calcistico e venerazione dei caduti in campo. Secolarizzazione dell’immortalità, similitudine liturgica. Nel 1921 dalla Grande Guerra a Udine, in treno per Roma, tumulazione nell’Altare della Patria, superate le ali di folla a Treviso, Bologna e Firenze. Via crucis laica nel 2012, ultimo viaggio in auto da Pescara a Bergamo, con pellegrinaggio agnostica nello Stadio di Livorno, camera ardente con bandiere orobiche e intestazione di un settore dell’Azzurri d’Italia.

Una bara come luogo di memoria e pacificazione. Una bara come mistica dell’arcangelo moderno. Teocrazia di un calcio senza demiurghi né preti, dove le nuove preghiere sono striscioni, le fiaccole luminarie i fumogeni e le sciarpe ‘nemiche’ feticcio d’adorazione senza rivalità. Estetica, cerimonie, cori, gloria. Gli uni accanto agli altri, senza effetti collaterali. Pax et bonum. Pace e bene nella riviera adriatica, coi simboli dell’Onda d’Urto Sambenedettese e i Pescara Rangers uniti, cane e gatto che non mordono né graffiano. Pace e bene nella Toscana tirrenica, col ‘Che‘ livornese di fianco al viola fiorentino e al nerazzurro pisano, diavolo e acqua santa senza purgatorio. Dogmi magici, ethos, terapie esorcizzanti per contrastare il dolore, dove un Carabiniere se ne sta fiori in mano, davanti la curva labronica che – al tempo – intonò persino 10-100-1000 Nassirya.

Coincidentia oppositorum, istantanee di schieramenti inversi, in fila su più fronti. Un passo in avanti, uno in dietro. Succede così, inutile fingere moralismi. Il calcio non è mai stato per suore orsoline, alla faccia del pionierismo seminarista d’inizio secolo. Il primo morto (in tribuna) è a Viareggio nel 1920. Il primo (in campo, poi agonia) un brasi-laziale nel 1935. La prima sparatoria tra tifosi nel 1925, genoani e bolognesi alla stazione di Torino, spareggio scudetto sabaudo. Non c’erano moviole in pay per view né barbariche orde di ultrà, ma per calcio si moriva lo stesso, dentro e fuori gli stadi, senza tessera del tifoso. Oggi si cerca il Terzo Tempo come nel rugby, oltre bandiere, risse e barricate. Pedagogia vivificata. Ricordate il funerale di Gabriele Sandri? Gente di ogni città, sciarpe di ogni colore intrecciate, curve di Lazio e Roma coi gruppi di Milan, Inter, Juve e Napoli. E tanti altri ancora. Tracce di convergenze parallele, come in morte di Piermario Morosini. Zone pubbliche di metabolizzazione del lutto, cultura tribale nell’estremo saluto. Orgia taumaturgica per trasformare il male in bene, nell’universo simbolico di templi atei senza catechesi. Allo stadio come sul sagrato, in curva come a messa, nell’eucarestia misterica per figli del dio pallone. Nel 2004 i funerali dell’ultrà Emiliano De Rosso officiati al Castellani, lo stadio di Empoli. Nel 2008 l’estrema unzione di Andrea Vinti ‘Skrondo’ nel Renato Curi di Perugia e di Alessandro Papini nello stadio di Torre Annunziata, Savoia Football Club. E prima della tumulazione, la salma del capo popolo Fabrizio Carroccia (2011) fuori la Curva Sud dell’Olimpico capitolino. Martirologia oltre scorribandismo e faziosismo, per giustizia a Celestino Colombi (1993), Matteo Bagnaresi (Boys Parma, 2008) e Eugenio Bortolon (vicentino, 2009). (4)

Storie diverse per cuori tifosi uguali. Vite spezzate ma intatte nell’inconscio e nell’armonico collettivo, tra curve e società civile. Un vincolo d’unione con l’oltre tomba nato dal basso, prodotto da giovani in cerca di vie d’uscita da un mondo arido e stretto, dove non si può mai dar nulla per scontato. Perché dalla giostra del calcio si esce facilmente e si scende alla prima fermata, dove la vita umana – a volte – vale meno di zero. Niente sacello se prevalgono business, lobby e cani sciolti. Non sempre, cambiando gli addendi, la somma fa ugualmente il totale. Sciacalli e arpie s’annidano proprio lì dove, prima, era Caronte. In passato non ci si fermò per le 39 vittime dell’Heysel e a Genova, quest’anno, la Lega di Serie B ha vietato il minuto di raccoglimento per il trapasso di due amatissimi tifosi Samp (ricordati in Assemblea Bwin per correggere il tiro). Ancora oggi, poi, si profana il riposo eterno di Facchetti, Paparelli, dei caduti di Superga, Spagnolo e De Falchi, ignobilmente vilipesi e strumentalizzati dall’altra faccia della stessa medaglia. Interpreti da stadio a parti mutate. Senza santi in paradiso, dove – convertita e scomunicata – non arde nemmeno la luce del Milite Ignoto.