In una nota congiunta, Confindustria, Abi, Alleanza delle Cooperative Italiane e Ania hanno criticato quanto deciso nel vertice di maggioranza di ieri: "Inaccettabili la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va configurandosi per i contratti a termine, specie per quelli aventi carattere stagionale"
“Siamo molto preoccupati per le notizie che stanno trapelando in merito alla riforma del mercato del lavoro” hanno fatto sapere banchieri e industriali, secondo cui, se queste notizie dovessero trovare conferma, non può che ribadirsi che “al Paese serve una buona riforma e che, piuttosto che una cattiva riforma, è meglio non fare alcuna riforma”. Più che una nota polemica, quindi, un vero e proprio altolà per mettere in guardia il governo.
“L’impianto complessivo della riforma già irrigidisce il mercato del lavoro riducendo la flessibilità in entrata e abolendo, seppur gradualmente, l’indennità di mobilità, strumento importante per le ristrutturazioni aziendali – hanno sottolineato banche e imprese – Queste maggiori rigidità trovavano un logico bilanciamento nella nuova disciplina delle flessibilità in uscita”. A fronte di questo equilibrio, Confindustria, Abi, Ania, Alleanza delle Cooperative e le altre organizzazioni imprenditoriali “si erano risolte a sottoscrivere il verbale, proposto dal presidente del Consiglio, che concludeva il confronto tra le parti”. Ma – ed è l’attacco principale delle associazioni di categoria – “le modifiche che oggi vengono prospettate sulla stampa vanificano il difficile equilibrio raggiunto e rischiano di determinare, nel loro complesso, un arretramento piuttosto che un miglioramento del nostro mercato del lavoro e delle condizioni di competitività delle imprese, rendendo più difficili le assunzioni”. Scendendo nello specifico, “tra queste modifiche risultano inaccettabili, in particolare, la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va complessivamente configurandosi per i contratti a termine, specie per quelli aventi carattere stagionale”.
“Rabbia e delusione”, quindi, per i ritocchi che saranno annunciati dal premier Mario Monti e dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero nel pomeriggio di oggi. Modifiche che, come emerso dopo il vertice di maggioranza di ieri, andranno a toccare sia i licenziamenti per motivi economici, prevedendo la possibilità che il giudice, in presenza di una atto illegittimo grave, possa prevedere il reintegro del lavoratore, sia il capitolo dei contratti a termine relativamente agli stagionali, categoria che le imprese erano riuscite a tirare fuori dal piano di aumenti contributivi previsti dalla riforma. “Non è il verbale che abbiamo firmato a palazzo Chigi”, hanno ripetuto in ambienti industriali, sottolineando il ‘passo indietro’ fatto su capitoli importanti e che comportano aumento di costi, per cercare di arrivare ad una mediazione sulla riforma. “Che senso ha dunque avuto la firma di un verbale?”, si sono chiesti. Ed è proprio questo a scatenare la reazione industriale: il fatto che le modifiche siano state apportate dopo un vertice politico e non già in Parlamento “la cui sovranità nessuno avrebbe messo in discussione”. Come a dire: se il testo fosse stato corretto in aula a Montecitorio o al Senato nessuna obiezione sarebbe stata mossa se non le normali critiche che si rivolgono ad atti non condivisi.